Si aspettava questo annuncio?
“La svolta era attesa e ha radici lontane. Ricordo l’impegno di Giovanni Paolo II più di venti anni fa. E anche quanto fatto da Benedetto XVI che un mese dopo l’elezione a Bari chiese nel lavoro ecumenico “non soltanto parole ma impegni concreti””.
Perché il risultato è arrivato solo oggi?
“Francesco, con la sua diplomazia all’insegna dell’amicizia, ha contribuito ad accelerare. E molto si deve alla drammatica situazione internazionale. Perché rimanere divisi quando i fratelli muoiono da innocenti per mano degli estremisti?”.
Quanto manca alla piena unità?
“Credo che la strada sia ancora lunga. Non dimentichiamo che lo scisma è avvenuto quasi mille anni fa. Anche se sul piano pratico la sintonia c’è: penso al campo dei valori etici, ai temi della giustizia sociali e dei diritti umani”.
Perché a Cuba?
“Mosca desiderava un territorio che fosse in qualche modo neutrale. E Cuba lo è. Incontrarsi in America Latina permette di mantenere una certa distanza da un continente, l’Europa, che rappresenta anche i conflitti fra le due chiese”.
La piena unità, quando arriverà, porterà una certa uniformità di espressione oppure no?
“La tradizione ortodossa e quella latina hanno sì la stessa fede ma questa è connotata da diverse espressioni. E questa diversità è una ricchezza”.
Un
punto che segna una differenza è il celibato sacerdotale.
“Il celibato, lo sanno tutti, non è un dogma. E dunque anche su questo punto si può essere insieme pur nella differenza reciproca”.