La spesa sanitaria in Italia cresce meno che negli altri Paesi della Ue. E a pagare sono soprattutto i più fragili

Uno dei passaggi maggiormente caratterizzanti la nostra splendida Costituzione è l’articolo 32, che i padri costituenti vollero per tutelare la salute dei più fragili e indifesi. Esso così testualmente recita: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti». Interpretandone compiutamente lo spirito, la nascita nel dicembre del 1978 del Servizio sanitario nazionale (Ssn) ha contribuito in maniera determinante a far sì che, poco più di 40 anni dopo, nel 2019, l’Italia potesse vantare il più marcato incremento dell’aspettativa di vita (da 73,8 a 83,6 anni) tra i Paesi ad alto reddito. Basterebbe questo dato per comprendere l’importanza di tutelare questo patrimonio unico e prezioso che abbiamo la fortuna di avere e la crucialità d’investire risorse per mantenerlo nel massimo della sua efficienza, al fine anche di garantirne il ruolo che gioca nella coesione sociale. Oggi, tuttavia, assistiamo a segnali preoccupanti che non possono e non devono essere sottovalutati per comprendere la necessità d’incrementare le risorse messe a disposizione del servizio sanitario pubblico.

In un rapporto recentemente inviato al Parlamento italiano, la Corte dei conti sottolinea che la spesa sanitaria in Italia cresce meno rispetto ai grandi Paesi europei, determinando un incremento della spesa privata che i più economicamente fragili non possono sostenere. Nel confronto internazionale, prendendo a riferimento il 2022, la spesa sanitaria pubblica italiana, pari a circa 131 miliardi di Euro, risulta ridotta rispetto ai 271 della Francia e ai 423 della Germania. E, sempre rispetto a quest’ultima nazione, a parità di potere d’acquisto, la spesa italiana pro capite risulta meno della metà di quella tedesca. Dobbiamo, quindi, tutti noi percepire la necessità di operare per garantire un piano straordinario di finanziamento del Ssn. Specifiche risorse devono essere destinate a rimuovere gli squilibri territoriali. Non possiamo, infatti dimenticare, quanto, di nuovo, ci ricorda la Corte dei conti, e cioè che la speranza di vita è inferiore nel Mezzogiorno e nelle Isole. E non può non ferire le nostre coscienze l’osservazione che la mortalità perinatale risulta essere più elevata nelle zone del Sud del Paese e fra i figli nati da coppie di genitori immigrati.

Certamente l’allocazione di risorse deve essere accompagnata da efficienza nel loro utilizzo e appropriatezza nell’uso a livello diagnostico e terapeutico, in quanto fondamentali per la sostenibilità dell’intero sistema. Tecnologie e farmaci poco efficaci o impiegati in modo inappropriato sottraggono risorse ad ambiti dove quelle risorse potrebbero produrre benefici molto più rilevanti. Per le stesse terapie più innovative servono nuovi modelli per stabilire rimborsi che siano fondati, oltre che su ragionevoli margini di profitto, sui reali costi di sviluppo, validazione e produzione. Anche il tema della ridotta disponibilità del personale sanitario merita, oggi più che mai, una riflessione basata sui dati concreti: l’Italia soffre di una marcatissima carenza di personale infermieristico. Il numero di infermieri per 1.000 abitanti in Italia è inferiore rispetto a Regno Unito, Francia, Germania e Spagna. Inoltre, negli ultimi tre anni disponibili – 2019, 2020 e 2021 – lavoravano all’estero più di 15.000 infermieri italiani o formatisi in Italia. A questi problemi si potrà ovviare se si renderà la professione infermieristica attrattiva, offrendo migliori sviluppi di carriera, opportunità di formazione avanzata e riconoscimento economico. E per quanto riguarda la componente medica deve essere chiaramente esplicitato che quanto difetta non è tanto il numero di medici o di futuri laureati (entrambi superiori alla media europea), ma la loro pianificata distribuzione in differenti specialità su tutte quelle dell’emergenza-urgenza, della microbiologia e dell’anatomia patologica. Senza interventi mirati, il rischio concreto, per esempio, potrebbe essere quello di ritrovarsi tra qualche anno in assenza di medici anatomopatologi in grado d’interpretare le biopsie dei tessuti, così cruciali per arrivare velocemente a diagnosi corrette. Tra poco più di 4 anni, celebreremo il 50° anniversario della nascita del nostro Ssn: mantenerlo efficiente e in buona salute è un dovere morale verso le prossime generazioni che tutti dobbiamo sentire.

Famiglia Cristiana

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