I preti? Sempre più vecchi, sempre di meno: ma ancora no ai preti sposati

Preti in calo ma ancora no vaticano ai preti sposati. La protesta dell'Associazione sacerdoti lavoratori sposati

Sempre meno numerosi. Sempre più anziani. Sempre più costretti a misurarsi con il tema-vecchiaia, con la prospettiva della salute che declina, con la necessità di trovare alloggi e strutture che li assistano.
Questi i dilemmi esistenziali del clero lombardo. Queste le prospettive del clero bresciano. A tracciarne una radiografia è uno studio promosso da Conferenza episcopale lombarda e Università Cattolica di Milano riassunto nel fascicolo «La vecchiaia che vorrei» presentato recentemente a Milano dall'assessore alla Solidarietà sociale Giulio Boscagli e dal cardinale Dionigi Tettamanzi.
L'INDAGINE, di tipo qualitativo, si basa su questionari a cui hanno risposto 2.430 sacerdoti della Lombardia su 5.286: un campione del 46% che rende particolarmente significativo l'esito della ricerca.
L'invecchiamento non è naturalmente prerogativa solo del clero: oggi – ha ricordato Boscagli – in Lombardia «ci sono 900mila persone con più di 75 anni, e ogni anno il loro numero aumenta di 30mila unità». Da qui al 2050 l'incidenza delle persone con più di 80 anni sul totale della popolazione raddoppierà.
E il clero? I dati (purtroppo fermi al 2008) dicono che a Brescia il 50,3% dei sacerdoti aveva più di 60 anni, l'11,9% più di 80 anni, il 15,3% meno di 40 anni; che l'età media dei sacerdoti bresciani è di 59,4 anni (la media regionale è di 59,3 anni), che l'anzianità media sacerdotale è di 33 anni, l'età media di ordinazione 26,4 anni. Brescia è poi la sesta diocesi lombarda (su dieci) per densità del clero: un prete ogni 1.351 abitanti. Quanto ai sacerdoti in strutture di ricovero, a Brescia ce ne sono 41.
Fin qui i dati quantitativi. E quelli qualitativi? Ovvero: come invecchiano i preti bresciani? Don Maurizio Funazzi, direttore dell'Ufficio diocesano della pastorale della salute, che ha collaborato all'indagine di Cel e Cattolica, chiarisce: «Dal questionario risulta che il clero bresciano affronta la vecchiaia con una preponderante serenità. L'uomo lavoratore che va in pensione si trova alle prese con il problema di ripensare la propria vita. Il clero va in pensione più avanti, a 75 anni, e tende a proseguire almeno in parte la propria attività»: Gli effetti si vedono nella… qualità della vecchiaia dei preti: «L'identificazione fra ruolo e identità personale è forte. Anche per questo, finchè la salute lo sorregge, il prete prosegue il ministero. È un'esigenza sua, prima ancora che una richiesta della Chiesa». Da qui deriva quella «serenità» che è, secondo don Funazzi, una delle caratteristiche salienti dei sacerdoti con i capelli grigi.
MA DALL'INDAGINE emergono numerosi altri aspetti. Ad esempio il desiderio dei sacerdoti circa la propria sistemazione una volta andati in pensione. «La richiesta prevalente è di un appartamento il più possibile autonomo, inserito in una realtà parrocchiale. La paura prevalente è trovarsi nella solitudine privi di autonomia: solo allora si manifesta la richiesta di avere una struttura. di accoglienza».
A BRESCIA, in questo momento, sono due le case di riposo in cui si concentrano (anche se in maniera non esclusiva) i sacerdoti non autosufficienti: c'è Villa Salute a Mompiano, che accoglie una ventina di preti per i quali vengono anche organizzate presenze ad hoc (confessore, messa quotidiana, visite dei seminaristi, ecc.) e Casa San Giuseppe a Gavardo. «Nel complesso – spiega don Funazzi – nella diocesi c'è la necessità di una trentina di posti. In genere i sacerdoti anziani, quando hanno bisogno della sistemazione in una struttura, prediligono case di riposo "normali", dove possono proseguire la propria attività pastorale».
Un problema delicato è poi rappresentato dal luogo in cui i sacerdoti trascorrono i loro ultimi anni: «Il sinodo diocesano del '79 – ricorda don Funazzi – proibiva "moralmente" la permanenza nell'ultima parrocchia di servizio pastorale, per evitare che il "vecchio" parroco resti punto di riferimento per la parrocchia. Va detto però che i sacerdoti preferiscono rimanere nella realtà in cui hanno costruito un contesto relazionale, anzichè tornare nel paese d'origine dove spesso non ci sono più legami e relazioni». L'ideale sarebbe tornare nella penultima sede di servizio. Ma raramente accade questo. Per ragioni umanissime. E comprensibilissime.

bresciaoggi – 16 Giugno 2011 ore 08:54

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