La donna che accusa don Merola: “Ci incontravamo in albergo. Con lui ho avuto una lunga relazione”

l sacerdote: “E’ vero che la vedevo, ma senza fare nulla di male. L’ho vista anche molto spesso”

La donna che accusa don Merola: "Ci incontravamo in albergo. Con lui ho avuto una lunga relazione"

«CI VEDEVAMO in albergo». Una donna che si infatua di un prete molto in vista. E sostiene di aver intrecciato con lui una «lunga relazione». E lui che prima la denuncia per stalking, poi viene arpionato dalle accuse della donna. È una storia dolorosa, ma più di altre che mettono in gioco i sentimenti, quella che avvolge don Luigi Merola e una sua ex parrocchiana, che chiameremo solo Roberta. È la vicenda rivelata da Repubblica, e che si arricchisce ormai di nuovi, incredibili tasselli giudiziari. Un anno dopo, lei è una moglie e una madre devastata da quell’incontro in parrocchia, oltreché ovviamente dalle proprie scelte. E lui, per un decennio simbolo di un diffuso impegno civile, un uomo inquisito per calunnia. Costretto a difendersi, a spiegare. Per sei ore davanti a un pubblico ministero. «Io sono e resto un prete. Io non voglio il male di quella donna. Se potessi ritirerei quella denuncia».

Ora lui, don Merola, il prete che divenne simbolo di una stagione di riscatto di Forcella, il parroco che nel marzo del 2004 lanciò il suo grido contro gli assassini dell’innocente Annalisa Durante (uccisa per errore in una faida tra clan), abbassa la testa davanti al pubblico ministero Stella Castaldo. Sei ore di interrogatorio condotto ai piani alti della Procura a carico di un sacerdote ora indagato per calunnia. E trascinato in una storia dai contorni torbidi. Un’attività istruttoria che va avanti dalle 15 alle 21 di lunedì sera. Sotto il coordinamento del procuratore aggiunto Filippo Beatrice e del procuratore capo Giovanni Colangelo.

In quella stanza, l’uomo che risponde alle contestazioni non sembra più né il prete di frontiera, né l’amico dei bambini che fa realizzare per loro campi di calcio in cui giocare, alla Fondazione “’A voce d’ ‘e creature”; e neanche la voce controversa del provocatore che interviene ai convegni o si fa ascoltare nelle scuole, o incita i ragazzi «a studiare, a pensare con la vostra testa, e a non vedere la tv delle De Filippi o delle telenovelas ». C’è, invece, un indagato che oscilla tra la difesa del proprio onore e lo stordimento per quello che gli accade.
Un prete che racconta la propria verità. «Non c’è stata una relazione sessuale con quella donna. Un’amicizia sì. Lei veniva in chiesa a pulire, faceva la volontaria. Poi tutto è degenerato».

Ma le sue parole appaiono in netta contraddizione con quanto sostiene la sua controparte, la signora 36enne che chiameremo con un nome di fantasia, Roberta: sposata, due figli. Lei si racconta come l’altra metà di una coppia, a tutti gli effetti. La relazione sarebbe cominciata ai tempi in cui Merola era parroco nella chiesa di San Carlo Borromeo alle Brecce, a Gianturco. «Sono stata tradita, sono stata presa in giro», dice lei.

Don Merola, assistito dai due avvocati Cesare Amodio e Domenico Ciruzzi, appare quasi pentito della piega che ha assunto la vicenda. «Io non volevo rovinare questa donna. Non volevo e non voglio farle del male. L’ho denunciata per stalking soltanto per porre fine a una storia di molestie. Ma non immaginavo che sarebbe finita così, con conseguenze per tutti».
Il sacerdote offre un racconto che si può sintetizzare così: «È vero che incontravo questa donna, sì. Ma senza fare nulla di male. È vero che l’ho vista e che ci siamo sentiti: anche spesso, molto spesso. Sì, in effetti, anche dopo che avevo depositato la denuncia a suo carico, io ho continuato a vederla, ma lo facevo solo per tenerla buona, per calmarla». Un racconto sostenuto dagli avvocati. Che obiettano: «Non c’è stata alcuna relazione tra loro. Ma se bastasse questo a ipotizzare la calunnia, non si potrebbe procedere contro un ex marito o una ex moglie?».

Lei, Roberta, descrive invece uno scenario del tutto diverso. «Siamo stati insieme per molto tempo. Ci incontravamo anche negli alberghi, magari lui veniva a prendermi direttamente». Nonostante il prete avesse una scorta, riusciva evidentemente a superare sguardi indiscreti, o fondava sull’estrema segretezza degli uomini delle forze dell’ordine che lo tutelavano?
Ancora, Roberta parla di un legame duraturo e segreto, di tanti appuntamenti, di gesti e situazioni tipiche di una relazione clandestina. Addirittura di un piccolo intervento chirurgico, di natura estetica, cui si sarebbe sottoposta solo per far piacere a don Luigi. Dettagli su cui continuano gli accertamenti della magistratura. Mentre Roberta è ormai sotto terapia psicologica, intende “uscire da questo tunnel”.

E racconta: agli inizi del 2013, appena viene a sapere che il “suo” Luigi l’ha denunciata e dopo aver ricevuto una misura cautelare di “divieto di avvicinamento” al prete, decide di vuotare il sacco. Vistasi costretta nel ruolo della mo-lestatrice con la prospettiva di un processo che l’avrebbe relegata al ruolo «della matta invasata», comincia a rimettere insieme i pezzi di quella controversa avventura. E con l’aiuto del suo avvocato, Maurizio Capozzo, ripesca dalla memoria incontri e luoghi, traffico di telefonate e di messaggi. Avrebbe perfino registrato alcune conversazioni con il prete. L’avvocato Capozzo si limita a dire: «La signora è devastata da questa storia e ha potuto mostrare che quanto diceva aveva fondamento. Per il resto ci atterremo alle valutazioni della magistratura».

Così un’indagine che sembrava lineare — un prete in prima linea preso di mira da una donna invaghita — si è ripiegata su segreti e bugie. Grazie allo scrupolo e all’assoluto riserbo tenuto dal pm, sono stati raccolti riscontri, confrontati i tabulati, controllati i numeri da cui arrivavano o su cui finivano le telefonate. Scoprendo, ad esempio,

che oltre al cellulare che il prete aveva mostrato all’accusa, su cui erano custoditi decine e decine di messaggi effettivamente ossessivi ricevuti dalla stalker, c’erano almeno altri due telefonini mobili su cui i due si sentivano. Una storia dolorosa. Che lascerà segni.

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