Enzo Bianchi fatto fuori con accuse di eresia. Tra rancori dei fondametalisti e voglie di autoritarismo

Padre Enzo Bianchi insieme a papa Francesco

quotidiano.net

Enzo Bianchi allontanato dal Papa, comunità di Bose nel caos
Troppe tensioni con il successore, il fondatore della comunità ecumenica sulle colline di Biella costretto a far le valigie. Sullo sfondo anche le accuse di eresia. Il rammarico del religioso su Twitter: l’amore resterà con le sue tracce indelebili

di GIOVANNI PANETTIERE
Bose (Biella), 27 maggio 2020 – “Anche quando le cose che abbiamo realizzato finiranno, l’amore resterà come loro traccia indelebile“. Trasuda amarezza l’ultimo tweet del settantasettenne padre Enzo Bianchi, una delle più autorevoli figure di riferimento di quella spiritualità cristiana cresciuta nel solco del rinnovamento pastorale del Vaticano II (1962-1965), monaco laico, al pari di San Benedetto e San Francesco, allontanato ieri dalla comunità di Bose che lui stesso ha fondato sulle colline biellesi nell’anno esatto di chiusura del Concilio. Lo ha deciso la Santa Sede, in definitiva lo ha voluto papa Francesco che l’ha sempre stimato al punto da nominarlo nel 2018 uditore al Sinodo dei vescovi sui giovani, ma che ora, approvando il decreto della Santa Sede con cui a Bianchi e a tre suoi stretti collaboratori (due uomini e una donna), ne decreta la definitiva e drammatica uscita di scena.

Troppe forti le tensioni fra l’ex priore e il suo successore dal 2017, padre Luciano Manicardi, in un passaggio di consegne turbolento “per quanto riguarda l’esercizio dell’autorità del fondatore e il clima fraterno“, come si legge in un comunicato diffuso dalla Comunità di Bose che ha cercato di preservare il più possibile la riservatezza del provvedimento d’Oltretevere fino a quando non si è trovata davanti alle resistenze di alcuni dei destinatari della misura vaticana.

La decisione della Santa Sede arriva all’indomani di una visita apostolica (una sorta d’ispezione), disposta dal Pontefice e svoltasi dal 6 dicemebre 2019 aal 6 gennaio 2020 nell’ottica di verificare il livello di tensione fra la vecchia e la nuova guardia della comunità monastica. Vero e proprio faro sul versante del dialogo ecumenico, non solo in quanto il ventiduenne Bianchi nel 1965, dopo la laurea in Economia, decise di ritirarsi in una cascina abbandonata di Bose insieme ad altri giovani, tra cui un protestante, ma anche perché oggi fra i 90 religiosi, di ambo i sessi (pochi i preti), che animano il monastero vi sono sia cattolici che riformati.

Sperimentano, sul modello di quanto avviene nella comunità ecumenica di Taizé (nata in Francia nel 1940), il sogno di una possibile convivenza fra i cristiani delle diverse confessioni. In una vita scandita fra silenzio. preghiera e lavoro, nel frutteto, nella casa editrice o in falegnameria. All’inizio per Bose i rapporti con l’istituzione cattolica sono stati assai complicati. Un paio di anni dopo la fondazione il vescovo di Biella Carlo Rossi dispose l’interdetto, la pena con la quale, a livello canonico, si proibisce la partecipazione a tutte o quasi le sacre funzioni tenute in un luogo preciso, nel caso la comunità di padre Bianchi. Il motivo andava ricercato proprio in quella sperimentale convivenza fra cattolici e protestanti sotto lo stesso tetto. La situazione si sbloccò grazie all’intercessione di un cardinale illuminato come l’allora arcivescovo di Torino, Michele Pellegrino. Nel 2000 arriverà l’acquisizione della personalità giuridica canonica, un riconoscimento pieno della bontà dell’esperienza monastica.
Per padre Bianchi, che ha sempre sostenuto un ritorno alla Chiesa delle origini con una valorizzazione piene del ruolo della donna (spendendosi anche a favore di un ritorno al diaconato femminile sulle orme delle comunità paoline), l’approdo sul soglio petrino di Bergoglio aveva rappresentato una situazione più favorevole a livello ideale rispetto al passato più recente. Non aveva fatto i conti con le resistenze curiali alla sua visione (non manca chi nella galassia fondamentalista bolla le sue posizioni come eretiche). Ma forse non aveva nemmeno fatto i conti con le tensioni interiori di chi, consapevole del proprio carisma, è chiamato a fare i conti con una buona, propria dose di autoritarismo.

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