Enzo Bianchi riparte

(Alex Corlazzoli, Il Fatto Quotidiano) Intervista a Enzo Bianchi. L’8 dicembre del 1963 fondava la comunità ecumenica di Bose. Sessant’anni dopo, a ottant’anni compiuti, a luglio inaugurerà “Casa della Madia”: un centro di spiritualità e ospitalità creato ristrutturando un cascinale ad Albiano, in provincia di Torino. Enzo Bianchi, ripudiato dalla sua Bose, isolato da una parte del Vaticano con tanto di lettera ai Vescovi nel 2020, firmata dal Segretario di Stato Pietro Parolin, che invitava i pastori delle diocesi a non invitarlo più, ricomincia.
Lo spiega in un’esclusiva intervista al nostro giornale: “A Sant’Antonio, padre dei monaci, quando aveva cent’anni dicevano: ‘Cosa fai lì nel deserto alla tua età?’ Lui rispondeva: ‘Ricomincio’. Lo faccio anch’io alla mia età e lo voglio fare fin che campo”. Bianchi, che da oltre tre anni vive in una casa nei pressi di Torino con il suo orto e i suoi libri, andando a farsi la spesa da solo e ascoltando la Messa in parrocchia, non si è mai rassegnato. Ha continuato a seguire le vicende della Chiesa, della politica, dal suo speciale osservatorio, mentre realizzava un nuovo sogno.

A luglio inizierà un nuovo cammino: “Casa della Madia” (https://casadellamadia.org/). È finito l’esilio di cui parli nel tuo ultimo libro “Cosa c’è di là” (Il Mulino)?
No, l’esilio dalla propria carne, dal corpo di cui si faceva parte continua. Finisce l’isolamento. Vogliamo riprendere in mano la nostra vita e avere un luogo d’incontro per tutti quelli che cercano cammini di umanizzazione. Casa della Madia sarà un luogo di incontro e incrocio nella speranza di un domani migliore e una terra più abitabile come lo era anche Bose.
Un’altra comunità monastica, sorella di Bose?
Un figlio una volta fatto è unico. Non ci dev’essere alcuna concorrenza tra noi e ciò che ho creato prima anche se mi ha rigettato e rifiutato. Non ho rancore. Credo che faremo strade diverse e con il nuovo priore ci sarà anche possibilità di collaborazione.
Non hai mai chiesto nulla per Bose ma ora hai lanciato un appello: una donazione per portare a termine i lavori di ristrutturazione.
Bose è cresciuta poco a poco con gente giovane che lavorava. Di questo abbiamo vissuto e abbiamo dato molto agli altri in tanti progetti d’aiuto. Ora partiamo con un gruppo di anziani che non hanno nulla, quasi tutti sopra i 60 anni. La ristrutturazione ha avuto un prezzo, per questo abbiamo osato chiedere agli amici di aiutarci a portare a termine questi lavori. Anche perché questa casa sarà anche per loro: ci saranno luoghi comuni, stanze per l’ospitalità. La nostra vita sarà di lavoro, di accoglienza, di incontro, di servizio per i più poveri e quanti ne hanno bisogno in quella zona; non specificatamente di preghiera. Una vita semplice, non vogliamo fare nulla di maestoso. A luglio vi aspetto”.
 

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