Divorziati risposati. Il comportamento della Chiesa e il comportamento di Gesù

Tutte belle parole, quelle di Papa Francesco nella prima udienza generale dopo la pausa estiva, belle parole nei riguardi dei divorziati risposati. E belle parole quelle contenute nella proposta emersa durante un seminario internazionale convocato dal Pontificio Consiglio per la Famiglia, in vista del prossimo Sinodo dei vescovi di ottobre. Leggete e vi sembrerà d’essere in pieno medioevo. Che cosa proporrebbe il Pontificio Consiglio per La Famiglia ai poveri divorziati risposati che chiedono di essere riammessi all’eucaristia? Un percorso penitenziale, chiamato “via discretionis”. Ogni diocesi dovrà dotarsi di un prete incaricato soltanto di seguire questi casi. Ma poiché il prete incaricato potrebbe non essere all’altezza, potrà essere affiancato niente di meno che da una équipe di esperti. E tutti assieme a tartassare i due malcapitati per verificare le intenzioni e le motivazioni che l’hanno portata a chiedere la riammissione all’eucaristia. Il prete e gli esperti valuteranno anzitutto la strada della nullità matrimoniale, inviando la coppia al tribunale ecclesiastico, giacché spesso, a monte delle separazioni, vi sono matrimoni di fatto nulli. Qualora la nullità non sia percorribile, si porterà la coppia a iniziare un percorso penitenziale. Questo non sarà breve e seguirà alcune tappe: “Capire i motivi che hanno portato al fallimento del matrimonio; prendere coscienza di aver tradito un comando del Signore; arrivare a riconciliarsi con il proprio passato”. Quanta grazia, quanta generosità! Ma le umiliazioni non bastano per la povera coppia: il percorso potrebbe richiedere il carattere pubblico della penitenza e la riammissione ai sacramenti “potrebbe essere piena o anche parziale”. Per alcuni, infatti, l’accesso all’eucaristia potrebbe essere limitato al precetto pasquale. Quanta grazia, quanta grazia, manca un’autoflagellazione nella pubblica piazza! Eppure non sembra proprio, leggendo il Vangelo, che Gesù facesse tante storie, prima di offrire il pane spezzato. Vediamo: “E ordinò alla folla di adagiarsi sull’erba, poi prese i cinque pani e i due pesci e, levati gli occhi al cielo, recitò la preghiera di benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli e questi alla folla. E tutti mangiarono a sazietà” (Mt 14, 19 – 20). Ma guarda un po’. Non disse agli apostoli di negare il pane ai peccatori, di fare distinzione tra giusti e ingiusti, tra buoni e cattivi. Vediamo ancora: «Questo è il mio corpo che è dato per voi. Fate questo in memoria di me» (cfr Luca 22,19). Strano davvero. Come mai non pose nessuna condizione alla distribuzione del pane spezzato? Eppure quella era l’occasione giusta. Ma non basta. Vediamo come si comporta il Signore, nell’episodio della lavanda dei piedi. “E durante una cena, quando il diavolo aveva già posto in animo a Giuda di Simone Iscariota di tradirlo, sapendo che il Padre aveva messo tutto nelle sue mani, e che da Dio era uscito e a Dio ritornava,  si alza da tavola e depone il mantello e, preso un panno, se ne cinse. Versa quindi dell’acqua nel catino e incominciò a lavare i piedi dei discepoli ed ad asciugarli col panno, del quale si era cinto” (Gv 13,2 – 5). A tutti i discepoli lavò i piedi? Anche all’apostolo traditore? Sì, il Signore lavò i piedi anche a Giuda. E’ evidente che la Chiesa si comporta in maniera diversa da Cristo. E’ evidente.

Renato Pierri – politicamentecorretto.com

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