Chi è John Magee, il segretario di tre Pontefici trasformato in “orco irlandese”

Chi è John Magee, il segretario di tre Pontefici trasformato in “orco irlandese”

Il “rapporto Cloyne” relativo agli abusi sessuali su minori commessi da preti nella piccola diocesi del sud dell’Irlanda (il quarto rapporto dopo quelli di Ferns del 2005, Ryan e Murphy entrambi del 2009), inchioda al muro colui che dal 1987 al 2010 è stato il vescovo di Cloyne, John Magee, il quale, secondo le 341 pagine scritte dal giudice Yvonne Murphy, non ha dato adeguate risposte alle 19 denunce di pedofilia arrivate in diocesi dal 1996 al 2008.

Oggi è lui, Magee, il capro espiatorio chiamato a pagare per tutti. Lui, il cui nome si lega inevitabilmente al Vaticano: Magee non è un monsignore qualunque.

E’ l’unico a poter vantare d’essere stato segretario personale di tre Papi, Paolo VI, Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II. Lui, l’“orco di Cloyne”, come già l’hanno battezzato alcuni giornali del Regno Unito, è stato uno del giro più stretto dei predecessori di Ratzinger.

Chi lo conosce bene racconta che la sua ascesa in curia romana si deve all’arcivescovo Sergio Pignedoli. Magee, negli anni Sessanta, era missionario in Africa. Pignedoli, segretario di Propaganda Fide, lo conobbe e quando Montini gli chiese il nome di un prete disposto a entrare nell’“appartamento” come suo segretario di lingua inglese, Pignedoli non ebbe esitazioni: “Ti mando Magee”, gli disse. “Sono stato chiamato a essere uno dei segretari privati di un grande Papa”, disse poi Magee. E ancora: “Un padre. Posso dire che Paolo VI mi accolse al suo fianco come un figlio prediletto. E io ho avuto il grandissimo privilegio di servirlo per gli ultimi quattro anni della sua vita, fino all’ultimo giorno della sua vita terrena, tenendo la sua mano nella mia fino al momento della sua morte”.

Poi arrivò Giovanni Paolo I. Magee gli fu segretario nei suoi 33 giorni di pontificato. Il Vaticano “lo usò”, in qualche modo, per diramare una versione non veritiera della morte di Luciani.

La Santa Sede fece sapere che Luciani era stato rinvenuto morto, a letto, da Magee, alle 5.30 del mattino. Il Papa era era stato colto dalla morte mentre leggeva. In mano aveva, aperto, un classico della spiritualità, “L’Imitazione di Cristo”.

La realtà era diversa. A scoprire il Papa morto non era stato il segretario, ma una suora, Vincenza, che era entrata in camera a portargli il caffè. Nella mente delle autorità vaticane questa realtà delle cose non era accettabile. Era sconveniente dire che una donna era entrata da sola nella camera da letto del Papa. Meglio aggiustare la realtà. E Magee si prestò, per un motivo: il carattere remissivo. Preferì adeguarsi piuttosto che mostrare carattere e ribellarsi. Così fece anche con Stanislao Dziwisz. Al potente segretario di Wojtyla, Magee non piaceva. Così, dopo cinque anni di difficile convivenza, Dziwisz chiese al Papa di spostarlo. Venne accontentato. E Magee cedette e andò a dirigere le cerimonie papali.

A Cloyne, Magee non ha gestito a dovere, secondo quanto dice il governo irlandese, le accuse di pedofilia: troppo remissivo. In realtà egli non ha fatto altro che adeguarsi alle disposizioni della Santa Sede che, legittimamente o meno, nel 1996 diede disposizione ai vescovi di non sottostare all’obbligo di denuncia dei sospetti pedofili: c’erano regole canoniche che venivano calpestate. Magee obbedì. Per questo è oggi il principale colpevole. E deve subire anche le accuse, pesanti, dell’attuale arcivescovo di Dublino. Diarmuid Martin recentemente ha chiamato in causa “i collaboratori del Papa”, rei di non aver fatto nulla per arginare i preti pedofili.

di Paolo Rodari Pubblicato sul Foglio sabato 16 luglio 2011

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