Yara Gambirasio
La polizia ritiene chiarita la posizione dell'imprenditore modenese la cui targa era stata segnalata come sospetta in una lettera anonima recapitata lunedì a L'Eco di Bergamo. Gli agenti della squadra mobile hanno infatti appurato che l'uomo, socio di un'impresa edile con sede in Emilia, non ha mai lavorato nel cantiere ex Sobea a Mapello, quello finito sotto la lente degli inquirenti, né in altri cantieri della Bergamasca. L'uomo è stato raggiunto in Emilia dagli investigatori della squadra mobile della questura orobica, che lo hanno sentito per cercare di chiarire la sua posizione. L'imprenditore, stando all'esito degli accertamenti della polizia, è risultato del tutto estraneo alla vicenda di Yara. Stando a quanto si è potuto apprendere da fonti investigative, l'imprenditore – incensurato, così come pulita è risultata l'impresa di cui è socio – avrebbe accettato senza alcuna remora di sottoporsi al prelievo di campione biologico. La lettera anonima è ora giudicata del tutto inattendibile dalla polizia. Resta da chiarire chi l'abbia scritta e perché. L'ipotesi investigativa più accreditata è che a spedirla sia stato qualcuno che, per motivi di carattere privato o professionale, covava rancore nei confronti dell'imprenditore. Intanto ieri la trasmissione di approfondimento «Iceberg» su Tele Lombardia è tornata ad affrontare il caso Yara, intervistando l'avvocato Enrico Pelillo, recentemente incaricato di assistere la famiglia Gambirasio come parte offesa: «La mia nomina – ha precisato il legale – non è un atto di sfiducia della famiglia verso gli inquirenti. A me sono state chieste solo informazioni di carattere tecnico». Sulla stessa linea il pm Letizia Ruggeri, che coordina le indagini: «La nomina dell'avvocato da parte della famiglia fa parte della normale dialettica delle parti processuali. È un loro diritto. Un avvocato può seguire meglio le questioni tecniche».
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