a dovuto testimoniare in tribunale il sacerdote bresciano, che, all’inizio del 2020, è caduto nella trappola a luci rosse di una banda composta da 5 ragazzi nomadi, di cui tre ancora latitanti.
Il prete ha ricostruito così la vicenda. In canonica sarebbero arrivati in due, chiedendo dei soldi per necessità. A uno, il quale sarebbe stato in pessime condizione igieniche, avrebbe messo a disposizione il suo bagno: “Quando mi ha chiesto di controllargli un’irritazione nella zona dei genitali, mentre si stava facendo la doccia, ho pensato che stesse cercando di fregarmi, ma l’ho fatto. Non c’è stato alcun atto di natura sessuale però”: queste le sue parole riportate da Bresciaoggi.
La scena della doccia sarebbe stata ripresa dall’altro ragazzo e, già la sera stessa, sarebbero iniziate le richieste di denaro. A fronte del video, e della minaccia farlo vedere ai parrocchiani, il religioso avrebbe deciso di cedere, consegnando ai giovani (tutti di età compresa tra i 20 e i 25 anni) circa 150mila euro in più versamenti, prosciugando i propri risparmi e anche quelli dei suoi familiari.
Ma questo non sarebbe bastato: ulteriori ricatti avrebbero allora convinto il prete a denunciare quanto successo alla Polizia Locale. In poche settimane, gli agenti hanno individuato i malviventi, su cui era stato emesso un mandato di cattura: come detto, due di loro sono stati arrestati.
Solo parte dei soldi sarebbero stati intercettati e restituiti: degli altri, inviati in Romania, ormai non ci sarebbe più traccia. Il processo di primo grado, con rito abbreviato, ha portato alla condanna di 5 anni e 6 mesi e di 4 anni e 8 mesi per i due arrestati (poi fuggiti dalla comunità a cui erano stati assegnati). Per gli altri tre, come detto ancora latitanti, il processo è invece iniziato ieri, davanti alla seconda sezione penale del tribunale di Brescia.
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