“Un prete è il padre dei miei figli e non li riconosce”

Una donna ivoriana racconta la sua storia d’amore con un prete, storia comune a mezzo migliaio di persone in Svizzera

Quella portata alla luce dal Caffè della domenica e da Le Matin è certamente una storia che potrà far discutere, sia sul celibato dei preti che sulle relazioni di uomini di Chiesa nonostante la proibizione, ed anche sui motivi che possono spingere una persona a intraprendere il percorso clericale.

I protagonisti sono una donna ivoriana, fuggita dal proprio paese dopo essere rimasta sola al mondo e giunta in Svizzera nel 2005, e un prete che la accoglie, un uomo che, a detta della signora, ha indossato l’abito talare perchè in essa aveva trovato uno status sociale che gli permetteva di aiutare la sua famiglia, di origini modeste.

I due si innamorano, e lei dichiara che “non provavo sensi di colpa. In lui io non vedevo nè un prete nè l’uomo proibito, ma solo e semplicemente l’uomo”. Cominciano a convivere in una parrocchia losannese, con lui che la rassicura sulle sue intenzioni di muovere i passi per poterla sposare.

Ciò non avviene però mai, ed anzi nel 2005 la donna partorisce il loro primo figlio, mentre il prete è stato trasferito in un altro cantone e la loro relazione proseguiva. “Veniva da me di tanto in tanto per avere affetto e fare sesso”. La situazione precipita quando lei rimane incinta per la seconda volte e l’uomo, nonostante le posizioni della Chiesa in merito, le chiede di abortire. La donna la racconta come un’esperienza drammatica, che l’ha segnata profondamente, nonostante scelga di tenere il figlio, nato nel 2007. “Ancora oggi ricordo la scena e fa male” dice in merito alla richiesta di aborto. “È stata una ferita profonda che continua a sanguinare.”

Nel 2009, il prete scompare dalla sua vita, e lei non ha più notizie. “Ha tagliato i ponti senza darmi alcuna spiegazione”.

Seppur ferita e poco propensa a fidarsi di un altro uomo, l’ivoriana pensa soprattutto ai suoi figli e vuol dare loro un padre. Ha fatto effettuare il test del dna, che ha dato una compatibilità del 99%. L’uomo, nonostante ciò, nega. “I miei bambini hanno tutto il diritto di portare il cognome del loro padre. Sono frutto di un rapporto d’amore, io non faccio figli con chiunque, sia chiaro. Voglio che sui loro documenti, ci sia l’identità di chi li ha procreati. Ma lo faccio pure per il mio onore, per la dignità”.

Si è rivolta a Zöfra, l’associazione che dà aiuto alle donne che vivono una relazione con un prete.  26 donne italiane in una situazione simile hanno chiesto a Papa Francesco di abolire il celibato dei preti. “Se non esistesse, donne come me avrebbero la possibilità di vivere propria relazione d’amore alla luce del sole, senza doversi nascondere o vergognare”, concorda la donna, che ora lavora come ausiliaria di cura e insegna catechismo, sorretta da una fede che definisce infinita.

Una storia, la sua, come quella di circa un mezzo migliaio di donne in Svizzera, secondo i dati forniti da Zöfra. Che ha voluto raccontare, sperando che il tribunale dia ai suoi figli il cognome del padre, per aiutare chi è nella sua situazione, e perchè no, per riaprire i dibattiti di una Chiesa che il Pontefice sta provando a modernizzare.

ticinonews.ch

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