Un disabile mentale può prendere la comunione?

Pope Francis meets a disabled man © FILIPPO MONTEFORTE / AFP

Negata la comunione ad un bambino autistico che secondo il parroco non è in grado di capire il significato della prima Comunione. La famiglia, che vive in un comune del Miranese, in provincia di Venezia, ha quindi deciso di rivolgersi a un’altra parrocchia, che consentirà al bambino di ricevere il sacramento a fine aprile. La madre ha detto: «Dopo la prima confessione il parroco mi ha fatto capire che il mio bambino non era pronto e che, siccome è ancora immaturo, sarebbe stato meglio non fargli fare la comunione» (La Stampa, 12 marzo).

LE NORME DELLA CHIESA
Quale dei due parroci ha interpretato correttamente la dottrina? Quale ha fatto la scelta più giusta? «Lasciando sullo sfondo gli interventi più antichi del magistero, è sufficiente ricordare le norme attualmente in vigore nella Chiesa», premette ad Aleteia don Nicola Reali, docente di Teologia Pastorale dei Sacramenti al Pontificio Istituto Redemptor Hominis, presso la Pontificia Università Lateranense.

IL CANONE 
“Ogni battezzato, il quale non ne abbia la proibizione dal diritto, può e deve essere ammesso alla comunione” (can. 912); “Per poter amministrare la santissima Eucaristia ai fanciulli, si richiede che essi posseggano una sufficiente conoscenza e una accurata preparazione, così da percepire, secondo la loro capacità, il mistero di Cristo ed essere in grado di assumere con fede e devozione il Corpo del Signore” (can. 913 § 1).

L’ESORTAZIONE DI RATZINGER
A complemento di queste due norme giuridiche, si può aggiungere l’autorevole affermazione di papa Benedetto XVI nell’Esortazione Apostolica postsinodale Sacramentum Caritatis (2007): «Venga assicurata anche la comunione eucaristica, per quanto possibile, ai disabili mentali, battezzati e cresimati: essi ricevono l’eucaristia nella fede anche della famiglia o della comunità che li accompagna».

CAPACITA’ SOGGETTIVA
«Come si vede – afferma Reali – non ci sarebbe bisogno di ulteriori chiarimenti, per rendere evidente che non c’è nessuna motivazione teologico-giuridica per escludere i disabili mentali dall’eucaristia. La “capacità” – evocata dal can. 913 è una condizione inevitabilmente soggettiva, di conseguenza è lampante che un disabile mentale la possederà nella misura in cui la sua disabilità glielo consente».

NO AD INTERPRETAZIONI RESTRITTIVE
Tra l’altro, prosegue l’esperto di teologia sacramentale, essendo una norma che vale per tutti, «una sua interpretazione eccessivamente restrittiva allargherebbe a dismisura il numero di coloro (anche tra il clero) che non possono ricevere l’eucaristia. Mentre l’espressione “per quanto possibile” di papa Benedetto, si riferisce ad una “possibilità” fisica, non mentale» (ad es. un disabile che non riesce a deglutire o digerire). 

MALINTESO PASTORALE
I disabili mentali, pertanto, possiedono questa possibilità «e il pregiudizio che essi non possano accedere alla comunione sacramentale per una carenza di uso della ragione è un malinteso pastorale ancora troppo presente nella forma mentis di alcuni pastori». Sicuramente la semplicistica affermazione “tanto si salvano lo stesso” «non è una risposta adeguata alla richiesta, magari non verbale, di essere in comunione con Colui che ha dato la sua vita per noi. Certo – conclude Reali – ci vuole attenzione, tempo e pazienza, ma – soprattutto – un po’ di carità pastorale».

sources: ALETEIA

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