Si licenziamento con ok sindacato. Costituzione negata

Roma, 5 set. (TMNews) – Sarà possibile licenziare senza giusta causa se il sindacato aziendale è d'accordo. E' quanto previsto da un emendamento alla manovra presentato dalla maggioranza e approvato in Commissione Bilancio del Senato. Le intese sottoscritte a livello aziendale o territoriale possono derogare a leggi sul lavoro, comprese quelle sul licenziamento, e alle relative norme contenute nei contratti nazionali. Resta salvo il rispetto della Costituzione, dei vincoli derivanti dalle normative comunitarie e dalle convenzioni internazionli sul lavoro.

"Fermo restando il rispetto della Costituzione, nonché i vincoli derivanti dalle normative comunitarie e dalle convenzioni internazionali sul lavoro, le specifiche intese" aziendali e territoriali "operano anche in deroga alle disposizioni di legge" e alle "relative regolamentazioni contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro", si legge nel testo approvato.

Nel testo tra l'altro si esplicita che le intese valide saranno non solo quelle "sottoscritte a livello aziendale o territoriale da associazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale" (come già prevedeva il testo della manovra) ma si aggiunge che anche le associazioni "territoriali" avranno la possibilità di realizzare specifiche intese "con efficacia nei confronti di tutti i lavoratori interessati" su temi come la "le mansioni del lavoratore, i contratti a termine, l'orario di lavoro, le modalità di assunzione, le conseguenze del recesso dal rapporto di lavoro, fatta eccezione per il licenziamento discriminatorio" e per le problematiche legate alle lavoratrici madri.

Le modifiche volute dalla maggioranza hanno determinato l'immediata reazione della Cgil. "Il governo sconfitto sulle pensioni vuole ora distruggere l'autonomia e l'autorevolezza del sindacato e, così come per le pensioni, i segretari di Cisl e Uil non si accorgono di quello che sta succedendo e parlano d'altro", ha affermato il segretario generale della Cgil Susanna Camusso.

Per il numero uno di Corso d'Italia "le modifiche volute dalla maggioranza di governo all'articolo 8 indicano la volontà di annullare il contratto collettivo nazionale di lavoro e di cancellare lo Statuto dei lavoratori, e non solo l'articolo 18, in violazione dell'articolo 39 della Costituzione e di tutti i principi di uguaglianza sul lavoro che la Costituzione stessa richiama. Infine – aggiunge – negano il principio di rappresentatività che non può che essere dato dall'iscrizione al sindacato e dal voto dei lavoratori che viene invece escluso dalle modalità previste dall'articolo 8".

Inoltre, prosegue Camusso, "nessuno ci racconti che quell'articolo è coerente con l'ipotesi di accordo del 28 giugno con Confindustria che aveva come cardini il ruolo del contratto collettivo nazionale di lavoro e la misura della rappresentatività connessa al voto dei lavoratori: tanto che in assenza del voto dei rappresenati sindacali si rendeva per la prima volta obbligatorio, in un accordo con le controparti, il voto dei lavoratori".

Il segretario generale della Cgil afferma inoltre: "Vogliamo ancora una volta sottolineare il comportamento autoritario del governo che interviene sull'autonomia contrattuale delle parti con una scelta senza precedenti nella sotria della nostra Repubblica. Tutto ciò, oltre a confermare le ragioni dello sciopero proclamato dalla Cgil per martedì 6 settembre, dice anche che la scelta esplicita di questo governo è quella di impedire che le parti sociali abbiano un ruolo positivo nel contribuire al superamento della crisi e per favorire la crescita. E' utile – conclude Camusso – che Confindustria, Cisl e Uil traggano le conseguenze di tutto ciò".

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