Sette ragioni per cui le donne possono e dovrebbero ricevere i Santi Ordini!

1 – Un unico sacerdozio in Cristo
Attraverso il battesimo, le donne e gli uomini partecipano in ugual misura del nuovo sacerdozio di Cristo.
Questo implica l’accesso ai Santi Ordini.

2 – Autorizzate a presiedere
Durante l’ultima cena Gesù ha conferito il potere sia alle donne che agli uomini. Tutti e due possono essere ordinati a presiedere l’Eucaristia.

 3 – Pregiudizio culturale
La prassi della Chiesa di non ordinare donne sacerdoti si è basata su un triplo pregiudizio nei confronti delle donne. Questo ha influenzato le decisioni dei capi della Chiesa.

4 – Le donne sono state diaconi
Almeno fino al nono secolo, la Chiesa ha conferito alle donne la piena ordinazione sacramentale del diaconato. Questo prova che le donne possono ricevere gli ordini sacerdotali.

5 – La possibilità per le donne di ricevere l’ordinazione sacerdotale è presente nella tradizione latente della Chiesa
Un esempio ne è la secolare devozione a Maria prete. Essa dimostra che, nel "sentimento del credente", in Maria l’esclusione nei confronti delle donne è già stata superata.

6 – La Chiesa in senso ampio accetta le donne sacerdote.
Dopo studi approfonditi e preghiera, altre Chiese cristiane oggi ordinano le donne al sacerdozio. Sebbene non tutto ciò che le altre Chiese fanno possa essere accettato dalla Chiesa Cattolica, questo convergere di consensi da parte dei credenti cristiani conferma che l’ordinazione delle donne è in accordo con il volere di Cristo.

7 – Anche le donne sono, di fatto, chiamate al sacerdozio
Il fatto che molte donne cattoliche responsabili discernano in sé stesse una vocazione al sacerdozio è un segno dello Spirito Santo che non possiamo ignorare.

Conclusione: non c’è nessun argomento valido contro le donne sacerdote, e ci sono molti argomenti autenticamente cattolici a favore! (fonte womenpriests)

6 Risposte a “Sette ragioni per cui le donne possono e dovrebbero ricevere i Santi Ordini!”

  1. per ardovig: è fondamentale liberarsi “dall’ortodossia linguistica” guardando, per cercare di migliorare la qualità della vita delle persone che soffrono in ogni forma.

    saluti

    Giuseppe Serrone

  2. Il problema di fondo non è la posizione della donna, che Gesù ha riscattato dalla posizione in cui era stata posta non dalle Sacre Scritture, parola del Signore, ma dall’interpretazione di comodo che alcuni rabbini ne fecere, ma quello del sacerdozio, che, nel senso di mediazione tra Dio e l’uomo nel Nuovo Testamento è stato assunto da Gesù (basta leggere con attenzione la lettera agli Ebrei o I.a Timoteo). Per il resto si parla di sacerdozio universale di tutti i credenti. I presbiteri o anziani non erano mediatori tra Dio e l’uomo, ma guide di ogni singola comunità. La Chiesa Cattolica, nel terzo/quarto secolo, ha riproposto una casta sacerdotale di mediazione, assieme ad altre usanze importate dal paganesimo, totalmente estranea al cristianesimo. Cordialmente, Ardovig

  3. Caro Giuseppe, mi è molto piaciuto quello che hai scritto.

    Penso che non bisogna essere necessariamente femministe, per dire che quanto ha dovuto sopportare la donna per secoli, e sotto alcuni aspetti fino a pochi anni fà anche all’interno della Chiesa, sia stato veramente vergognoso.

    Per il resto, riguardo al sacerdozio delle donne, penso che la Chiesa parta dal concetto che le donne prete proprio non le vuole, e le motivazioni vere, mi spiace dirlo, sono da cercare nel maschilismo; oggi meno marcato, ma pur sempre presente. Partendo da questo, ci costruisce attorno tutta una serie di giustificazioni “imbellettate” e fumose, farcite di belle parole sui lati positivi delle donne ecc ecc, schiva l’oliva e alla fine resta sempre della stessa idea: NO.

    Col fatto poi dell’infallibilità (cosa che io non condivido), mette praticamente tutti nella condizione di non poter dibattere in modo costruttivo e aperto a questo argomento.

    A volte mi chiedo, se i maschilisti si ricordano da chi sono nati… forse sotto i cavoli o portati dalla cicogna?

    Una domanda a Stefano: qual’è la VERA motivazione che ti porta a rifiutare una possibile ordinazione sacerdotale delle donne?

    Un saluto

    Lisa

  4. per Stefano2005: Il sito citato è uno dei pochi che pubblica per intero tutti i documenti Vaticani che vietano l’ordinazione delle donne!

    Ti invitiamo a giudicare da te gli argomenti della Congregazione per la Dottrina della Fede.

    La Chiesa – e, nello specifico la Chiesa Cattolica – ha sempre bisogno di adottarsi ai cambiamenti della società. Non molti anni fa le donne contavano poco nella Chiesa, come succedeva del resto nella vita in generale. Alle donne non era permesso di ricevere la santa comunione durante il ciclo mestruale; dopo aver partorito dovevano purificarsi per poter essere riammesse in chiesa*. Alle donne era assolutamente proibito toccare oggetti sacri quali il calice, il ciborio o gli ornamenti dell’altare*. Senza dubbio non potevano distribuire la santa comunione*; in chiesa dovevano coprirsi il capo*.

    Alle donne non era concesso di:

    entrare nel santuario se non per pulirlo*;

    leggere la Sacra Scrittura dal pulpito*;

    predicare*;

    cantare nel coro della chiesa;

    essere i chierichetti (servire la Messa)*;

    divenire a pieno membri delle confraternite e delle organizzazioni laiche*.

    Ma la cosa più importante: le donne non erano ammessi agli Ordini Sacri*: al diaconato, sacerdozio, vescovato.

    Ai giorni nostri una nuova consapevolezza dei diritti umani si è sviluppata: dell‘uguaglianza tra uomo e donna e del bisogno di pari opportunità per entrambi. Grazie a ciò, l’atteggiamento della Chiesa verso le donne è cambiato. Esse ora sono accettate ‘temporaneamente’ come lettrici, chierichette (per servire la Messa), cantori, predicatrici, capi negli incontri di preghiera e ministri del battesimo e della santa comunione. Ma l’impossibilità dell’ordinazione remane ancora.Perchè è così?

    I teologi conservatori, guidati dalla Congregazione per la Dottrina Cattolica, sostengono che, mentre altre restrizioni date alle donne in passato erano dovute a pregiudizi sociali, l’interdizione sull’ordinazione delle donne al sacerdozio appartiene all’immodificabile dottrina cattolica. “Lo stesso Gesù cristo escluse le donne dal sacerdozio e la chiesa ha sempre seguito il suo esempio non ordinando le donne.”

    Questo è sicuramente un problema molto serio. Se le autorità nel Vaticano si sbagliano, gran danno è fatto alla Chiesa, negando uno sviluppo pastorale importante per i nostri tempi. Molti potrebbero pensare che il problema riguardi l’uguaglianza femminile, o è un problema delle femministe, ma non è così. Almeno non in prima istanza. Per noi cattolici è sempre stato cruciale determinare il vero pensiero di Cristo e il vero significato della tradizione. Non si può decidere se le donne debbano essere ordinate oppure no in base alla pressione sociale. Si deve decidere attraverso un’interpretazione accurata delle Scritture. Lo stesso Gesù voleva escludere realmente le donne? Perchè le donne non sono state ordinate in passato? Esistono valide motivazioni teologiche per bandire le donne dall’ordinazione? Queste sono le ragioni che dovrebbero determinare il risultato del dibattito.

    Dai vangeli risulta chiaro che, per Cristo, uomini e donne erano uguali. Entrambi “entrano nel regno di Dio” attraverso il battesimo, mentre nel Antico Testamento solo gli uomini erano circoncisi. Perchè Gesù scelse solo uomini tra i suoi dodici apostoli? Probabilmente per ragioni pratiche, proprio come egli scelse solo Ebrei. Sarebbe completamente errato sostenere che Gesù avesse fissato una norma per tutto il tempo a venire. Come sotto molti altri aspetti, Gesù lasciò lo sviluppo dei sacramenti alla Chiesa dei posteri.

    Alcune espressioni nelle lettere Paoline, riguardanti l’uso per le donne di coprirsi il capo, di essere assoggettate al marito e di non parlare in chiesa, possono non essere interpretate come implicazioni dell‘esclusione dall‘ordinazione.Durante i primi secoli dopo Cristo, le donne detennero importanti ministeri nella Chiesa, incluso il diaconato. Fonti storiche provano che nelle Chiesa Cattolica d’oriente le donne servirono come diaconi fino al nono secolo. Dato che esse divennero diaconi tramite una completa ordinazione diaconale, identica a quella dei diaconi maschi, le donne ricevettero, di fatto, gli Ordini Sacri, cosa che implica inoltre la possibilità del Sacerdozio.Allora, perchè la Chiesa non ha ordinato le donne come sacerdoti?

    Durante maggior parte della storia della Chiesa, un triplice pregiudizio ha bloccato l’accettazione delle donne come sacerdoti.

    1. Le donne erano considerate degli esseri inferiori. La filosofia greca considerava ogni donna un “essere umano incompleto”. Secondo la legge romana, che venne adottata dalla Chiesa, le donne non potevano ricoprire cariche di pubblica responsabilità. Perciò come si poteva conferire alle donne un ruolo di massima importanza come il Sacerdozio?

    2. Le donne erano considerate essere in un stato di punizione per il peccato. Le donne erano considerate responsabili di aver portato il peccato originale nel mondo, e di essere una continua fonte di seduzione. Come potrebbero delle creature peccatrici essere canali della grazia di Dio?

    3. Le donne erano considerate ritualmente impure a causa del loro ciclo mestruale. Come si poteva permettere alle donne di contaminare la santità dell‘edificio della chiesa, del presbiterio e specialmente dell‘altare?

    Si dovrebbe notare che questi pregiudizi, sebbene culturali in origine, divennero pregiudizi teologici. Essi erano le vere ragioni per escludere le donne dal sacerdozio, come è chiaro dagli scritti dei padri della Chiesa, dai canoni dei sinodi locali, dalla legge ecclesiastica e dalla teologia medievale.Così si può provare che cosiddetta “tradizione” di non ordinare le donne è una tradizione spuria. Un’autentica e valida Tradizione Ecclesiastica deve basarsi su validi argomenti. Come San Cipriano affermò correttamente: “Un‘usanza senza verità non è nient‘altro che un antico errore!” (Lettera 74,9). Studiando la storia della Chiesa attentamente, scopriamo una “latente” e “dinamica” Tradizione che implica la possibilità dell’ordinazione femminile. Ciò significa che i veri cattolici hanno sempre saputo nel profondo del loro cuore che ordinare le donne non è contro la volontà di Gesù. Proprio come i veri cattolici hanno sempre saputo che la schiavitù è contro la volontà di Cristo, al contrario di quanto la Chiesa ufficiale – papi, teologi e diritto canonico – ha dichiarato essere la dottrina cattolica per molti secoli.Questa Tradizione latente si manifestò nella pratica di ordinare alcune donne come preti; nelle funzioni “sacerdotali” percepite in Maria; nell‘amministrazione da parte delle donne nel battesimo e nel matrimonio; nell‘ininterrotta consapevolezza cristiana dell‘uguaglianza tra uomini e donne, “in Cristo”, a differenza della dottrina e della pratica ufficiali. teologi Vaticani affermano che, dato che Cristo era di sesso maschile, può essere rappresentato nell‘eucaristia solamente da un sacerdote uomo. Il supporto viene dai teologi medioevali, che, come abbiamo visto, consideravano ogni donna “un uomo imperfetto”. Non c’è da meravigliarsi che essi pensassero che solo un perfetto uomo – un prete di sesso maschile – potesse rappresentare Cristo. La moderna versione dell‘argomento è egualmente difettosa. Essa contraddice l’insegnamento cattolico. Anche le donne portano l‘immagine di Cristo come figli adottive di Dio. Nel battesimo e nel matrimonio le donne rappresentano pienamente Cristo. Ciò che è rappresentato dal sacerdote nell‘eucaristia non è il genere femminile o maschile di Cristo, ma il suo amore.

    Il Vaticano ha aggiunto confusione a quella già esistente affermando che la sentenza è stata già decisa “infallibilmente” non dal Papa, ma dal cosiddetto “magisterium comune ordinario”; questo si riferisce alle collettiva autorità dottrinale di tutti i vescovi del mondo. Sembra che i teologi Vaticani pensino che, visto che generalmente i vescovi non ordinano le donne come sacerdoti, – ci sono state delle eccezioni! – e dato che hanno sempre mantenuto il silenzio sulla questione, hanno perciò espresso un consenso unanime.

    E’ chiaro, in ogni caso, che le condizioni per un tale esercizio infallibile dell‘autorità non sono state soddisfatte. I vescovi devono ascoltare la parola di Dio e il “sensus fidelium”, cioè che i cattolici sanno “nel loro cuore” di essere giusto. I vescovi devono esercitare la loro autorità come un corpo solo. I vescovi devono essere liberi di esprimere le loro propri opinioni. I vescovi devono volere imporre la dottrina definitivamente. Nessuna di queste condizioni è stata rispettata.

    La tensione presente nella Chiesa riguardo l’ordinazione femminile non dovrebbe preoccuparci eccessivamente. Conflitti e crisi precedono la crescita. La Chiesa ufficiale farà uso di buon senso come ha già fatto per altre questioni. Ma, fino che il problema non sarà risolto, non dobbiamo sottrarci dal nostro compito di cattolici responsabili. Dovremo discutere apertamente finchè la completa intenzione di Cristo si sarà realizzata nell‘ordinazione delle donne nella Chiesa Cattolica.

    Giuseppe Serrone

  5. Per completezza posto anche Christifideles Laici, 30 dicembre 1988, n. 51 che mi pare molto significativo:

    Missione nella Chiesa e nel mondo

    51. Circa poi la partecipazione alla missione apostolica della Chiesa, non c’è dubbio che, in forza del Battesimo e della Cresima, la donna _ come l’uomo _ è resa partecipe del triplice ufficio di Gesù Cristo Sacerdote, Profeta, Re, e quindi è abilitata e impegnata all’apostolato fondamentale della Chiesa: l’evangelizzazione. D’altre parte, proprio nel compimento di questo apostolato, la donna è chiamata a mettere in opera i suoi «doni» propri: anzitutto, il dono che è la sua stessa dignità personale, mediante la parola e la testimonianza di vita; i doni, poi, connessi con la sua vocazione femminile.

    Nella partecipazione alla vita e alla missione della Chiesa la donna non può ricevere il sacramento dell’Ordine e, pertanto, non può compiere le funzioni proprie del sacerdozio ministeriale. E’ questa una disposizione che la Chiesa ha sempre ritrovato nella precisa volontà, totalmente libera e sovrana, di Gesù Cristo che ha chiamato solo uomini come suoi apostoli(188); una disposizione che può trovare luce nel rapporto tra Cristo Sposo e la Chiesa Sposa(189). Siamo nell’ambito della funzione, non della dignità e della santità. Si deve, in realtà, affermare: «Anche se la Chiesa possiede una struttura “gerarchica”, tuttavia tale struttura è totalmente ordinata alla santità delle membra di Cristo»(190).

    Ma, come già diceva Paolo VI, se «noi non possiamo cambiare il comportamento di nostro Signore né la chiamata da Lui rivolta alle donne, però dobbiamo riconoscere e promuovere il ruolo delle donne nella missione evangelizzatrice e nella vita della comunità cristiana»(191).

    E’ del tutto necessario passare dal riconoscimento teorico della presenza attiva e responsabile della donna nella Chiesa alla realizzazione pratica. E in questo preciso senso deve leggersi la presente Esortazione che si rivolge ai fedeli laici, con la deliberata e ripetuta specificazione «uomini e donne». Inoltre il nuovo Codice di Diritto Canonico contiene molteplici disposizioni sulla partecipazione della donna alla vita e alla missione della Chiesa: sono disposizioni che esigono d’essere più comunemente conosciute e, sia pure secondo le diverse sensibilità culturali e opportunità pastorali, attuate con maggiore tempestività e risoluzione.

    Si pensi, ad esempio, alla partecipazione delle donne ai Consigli pastorali diocesani e parrocchiali, come pure ai Sinodi diocesani e ai Concili particolari. In questo senso i Padri sinodali hanno scritto: «Le donne partecipino alla vita della Chiesa senza alcuna discriminazione, anche nelle consultazioni e nell’elaborazione di decisioni»(192). E ancora: «Le donne, le quali hanno già una grande importanza nella trasmissione della fede e nel prestare servizi di ogni genere nella vita della Chiesa, devono essere associate alla preparazione dei documenti pastorali e delle iniziative missionarie e devono essere riconosciute come cooperatrici della missione della Chiesa nella famiglia, nella professione e nella comunità civile»(193).

    Nell’ambito più specifico dell’evangelizzazione e della catechesi è da promuovere con più forza il compito particolare che la donna ha nella trasmissione della fede, non solo nella famiglia ma anche nei più diversi luoghi educativi e, in termini più ampi, in tutto ciò che riguarda l’accoglienza della Parola di Dio, la sua comprensione e la sua comunicazione, anche mediante lo studio, la ricerca e la docenza teologica.

    Mentre adempirà il suo impegno di evangelizzazione, la donna sentirà più vivo il bisogno di essere evangelizzata. Così, con gli occhi illuminati dalla fede (cf. Ef 1, 18), la donna potrà distinguere ciò che veramente risponde alla sua dignità personale e alla sua vocazione da tutto ciò che, magari sotto il pretesto di questa «dignità» e nel nome della «libertà» e del «progresso», fa sì che la donna non serva al consolidamento dei veri valori ma, al contrario, diventi responsabile del degrado morale delle persone, degli ambienti e della società. Operare un simile «discernimento» è un’urgenza storica indilazionabile e, nello stesso tempo, è una possibilità e un’esigenza che derivano dalla partecipazione all’ufficio profetico di Cristo e della sua Chiesa da parte della donna cristiana. Il «discernimento», di cui parla più volte l’apostolo Paolo, non è solo valutazione delle realtà e degli avvenimenti alla luce della fede; è anche decisione concreta e impegno operativo, non solo nell’ambito della Chiesa ma anche in quello della società umana.

    Si può dire che tutti i problemi del mondo contemporaneo, di cui già parlava la seconda parte della Costituzione conciliare Gaudium et spes e che il tempo non ha affatto né risolto né attutito, devono vedere le donne presenti e impegnate, e precisamente con il loro contributo tipico e insostituibile.

    In particolare, due grandi compiti affidati alla donna meritano di essere riproposti all’attenzione di tutti.

    Il compito, anzitutto, di dare piena dignità alla vita matrimoniale e alla maternità. Nuove possibilità si aprono oggi alla donna per una comprensione più profonda e per una realizzazione più ricca dei valori umani e cristiani implicati nella vita coniugale e nell’esperienza della maternità: l’uomo stesso _ il marito e il padre _ può superare forme di assenteismo o di presenza episodica e parziale, anzi può coinvolgersi in nuove e significative relazioni di comunione interpersonale, proprio grazie all’intervento intelligente, amorevole e decisivo della donna.

    Il compito, poi, di assicurare la dimensione morale della cultura, la dimensione cioè di una cultura degna dell’uomo, della sua vita personale e sociale. Il Concilio Vaticano II sembra collegare la dimensione morale della cultura con la partecipazione dei laici alla missione regale di Cristo: «I laici, anche mettendo in comune la loro forza, risanino le istituzioni e le condizioni di vita del mondo, se ve ne sono che spingono i costumi al peccato, così che tutte siano rese conformi alle norme della giustizia e, anziché ostacolare, favoriscano l’esercizio delle virtù. Così agendo impregneranno di valore morale la cultura e i lavori dell’uomo»(194).

    Man mano che la donna partecipa attivamente e responsabilmente alla funzione delle istituzioni, dalle quali dipende la salvaguardia del primato dovuto ai valori umani nella vita delle comunità politiche, le parole del Concilio ora citate indicano un importante campo d’apostolato della donna: in tutte le dimensioni della vita di queste comunità, dalla dimensione socio-economica a quella socio-politica, devono essere rispettate e promosse la dignità personale della donna e la sua specifica vocazione: nell’ambito non solo individuale ma anche comunitario, non solo in forme lasciate alla libertà responsabile delle persone ma anche in forme garantite da leggi civili giuste.

    «Non è bene che l’uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto a lui simile» (Gen 2, 18). Alla donna Dio Creatore ha affidato l’uomo. Certo, l’uomo è stato affidato ad ogni uomo, ma in modo particolare alla donna, perché proprio la donna sembra avere una specifica sensibilità, grazie alla speciale esperienza della sua maternità, per l’uomo e per tutto ciò che costituisce il suo vero bene, a cominciare dal fondamentale valore della vita. Quanto grandi sono le possibilità e le responsabilità della donna in questo campo, in un tempo nel quale lo sviluppo della scienza e della tecnica non è sempre ispirato e misurato dalla vera sapienza, con l’inevitabile rischio di «disumanizzare» la vita umana, soprattutto quando essa esigerebbe amore più intenso e più generosa accoglienza.

    La partecipazione della donna alla vita della Chiesa e della società, mediante i suoi doni, costituisce insieme la strada necessaria per la sua realizzazione personale _ sulla quale oggi giustamente tanto si insiste _ e il contributo originale della donna all’arricchimento della comunione ecclesiale e al dinamismo apostolico del Popolo di Dio.

    In questa prospettiva si deve considerare la presenza anche dell’uomo, insieme alla donna.

  6. LETTERA APOSTOLICA

    ORDINATIO SACERDOTALIS

    DEL PAPA GIOVANNI PAOLO II

    AI VESCOVI

    DELLA CHIESA CATTOLICA

    SULL’ORDINAZIONE SACERDOTALE

    DA RISERVARSI SOLTANTO AGLI UOMINI

    Venerabili Fratelli nell’Episcopato!

    1. L’ordinazione sacerdotale, mediante la quale si trasmette l’ufficio che Cristo ha affidato ai suoi Apostoli di insegnare, santificare e governare i fedeli, è stata nella Chiesa cattolica sin dall’inizio sempre esclusivamente riservata agli uomini. Tale tradizione è stata fedelmente mantenuta anche dalle Chiese Orientali.

    Quando sorse la questione dell’ordinazione delle donne presso la Comunione Anglicana, il Sommo Pontefice Paolo VI, in nome della sua fedeltà all’ufficio di custodire la Tradizione apostolica, ed anche allo scopo di rimuovere un nuovo ostacolo posto sul cammino verso l’unità dei cristiani, ebbe cura di ricordare ai fratelli anglicani quale fosse la posizione della Chiesa cattolica: «Essa sostiene che non è ammissibile ordinare donne al sacerdozio, per ragioni veramente fondamentali. Queste ragioni comprendono: l’esempio, registrato nelle Sacre Scritture, di Cristo che scelse i suoi Apostoli soltanto tra gli uomini; la pratica costante della Chiesa, che ha imitato Cristo nello scegliere soltanto degli uomini; e il suo vivente magistero, che ha coerentemente stabilito che l’esclusione delle donne dal sacerdozio è in armonia con il piano di Dio per la sua Chiesa» (cfr. Paolo VI, Rescritto alla lettera di Sua Grazia il Rev.mo Dott. F. D. Coggan, Arcivescovo di Canterbury, sul ministero sacerdotale delle donne, 30 novembre 1975: AAS 68 (1976), 599-600). Ma poiché anche tra teologi ed in taluni ambienti cattolici la questione era stata posta in discussione, Paolo VI diede mandato alla Congregazione per la Dottrina della Fede di esporre ed illustrare in proposito la dottrina della Chiesa. Ciò fu eseguito con la Dichiarazione Inter Insigniores, che il Sommo Pontefice approvò e ordinò di pubblicare (cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, Dichiarazione Inter Insignores circa la questione dell’ammissione delle donne al sacerdozio ministeriale, 15 ottobre 1976: AAS 69 (1977), 98-116).

    2. La Dichiarazione riprende e spiega le ragioni fondamentali di tale dottrina, esposte da Paolo VI, concludendo che la Chiesa «non si riconosce l’autorità di ammettere le donne all’ordinazione sacerdotale» (Ibidem 100). A queste ragioni fondamentali il medesimo documento aggiunge altre ragioni teologiche che illustrano la convenienza di tale disposizione divina, e mostra chiaramente come il modo di agire di Cristo non fosse guidato da motivi sociologici o culturali propri del suo tempo. Come successivamente precisò il Papa Paolo VI, «la ragione vera è che Cristo, dando alla Chiesa la sua fondamentale costituzione, la sua antropologia teologica, seguita poi sempre dalla Tradizione della Chiesa stessa, ha stabilito così» (Paolo VI, Discorso su Il ruolo della donna del disegno della salvezza, 30 gennaio 1977: Insegnamenti, vol. XV, 1977, 111; cfr. anche Giovanni Paolo II Esortazione Apostolica Christifideles Laici, 30 dicembre 1988, n. 51: AAS 81 (1989), 393-521; Catechismo della Chiesa cattolica, n. 1577). Nella Lettera Apostolica Mulieris dignitatem, io stesso ho scritto a questo proposito: «Chiamando solo uomini come suoi apostoli, Cristo ha agito in un modo del tutto libero e sovrano. Ciò ha fatto con la stessa libertà con cui, in tutto il suo comportamento, ha messo in rilievo la dignità e la vocazione della donna, senza conformarsi al costume prevalente e alla tradizione sancita anche dalla legislazione del tempo» (Lettera Apostolica Mulieris Dignitatem, 15 agosto 1988, n. 26: AAS 80 (1988), 1715).

    Infatti i Vangeli e gli Atti degli Apostoli attestano che questa chiamata è stata fatta secondo l’eterno disegno di Dio: Cristo ha scelto quelli che egli ha voluto (cfr. Mc 3,13-14; Gv 6,70), e lo ha fatto in unione col Padre, «nello Spirito Santo» (At 1,2), dopo aver passato la notte in preghiera (cfr. Lc 6,12). Pertanto, nell’ammissione al sacerdozio ministeriale (cfr. Costituzione dogmatica Lumen Gentium, n. 28; Decreto Presbyterorum Ordinis, n. 2b), la Chiesa ha sempre riconosciuto come norma perenne il modo di agire del suo Signore nella scelta dei dodici uomini che Egli ha posto a fondamento della sua Chiesa (cfr. Ap 21,14). Essi, in realtà, non hanno ricevuto solamente una funzione, che in seguito avrebbe potuto essere esercitata da qualunque membro della Chiesa, ma sono stati specialmente ed intimamente associati alla missione dello stesso Verbo incarnato (cfr. Mt 10,1.7-8; 28,16-20; Mc 3,13-16; 16,14-15). Gli Apostoli hanno fatto lo stesso quando hanno scelto i collaboratori (cfr. 1Tm 3,1-13; 2Tm 1,6; Tt 1,5-9) che sarebbero ad essi succeduti nel ministero (cfr. Catechismo della Chiesa cattolica, n. 1577). In tale scelta erano inclusi anche coloro che, attraverso i tempi della Chiesa, avrebbero proseguito la missione degli Apostoli di rappresentare Cristo Signore e Redentore (cfr. Costituzione dogmatica Lumen Gentium, n. 20 e n. 21).

    3. D’altronde, il fatto che Maria Santissima, Madre di Dio e della Chiesa, non abbia ricevuto la missione propria degli Apostoli né il sacerdozio ministeriale mostra chiaramente che la non ammissione delle donne all’ordinazione sacerdotale non può significare una loro minore dignità né una discriminazione nei loro confronti, ma l’osservanza fedele di un disegno da attribuire alla sapienza del Signore dell’universo.

    La presenza e il ruolo della donna nella vita e nella missione della Chiesa, pur non essendo legati al sacerdozio ministeriale, restano comunque assolutamente necessari e insostituibili. Come è stato rilevato dalla stessa Dichiarazione Inter Insigniores, «la Santa Madre Chiesa auspica che le donne cristiane prendano pienamente coscienza della grandezza della loro missione: il loro ruolo sarà oggigiorno determinante sia per il rinnovamento e l’umanizzazione della società, sia per la riscoperta, tra i credenti, del vero volto della Chiesa» (Congregazione per la Dottrina della Fede, Dichiarazione Inter Insigniores, VI: AAS 69 (1977), 115-116). Il Nuovo Testamento e tutta la storia della Chiesa mostrano ampiamente la presenza nella Chiesa di donne, vere discepole e testimoni di Cristo nella famiglia e nella professione civile, oltre che nella consacrazione totale al servizio di Dio e del Vangelo. «La Chiesa, infatti, difendendo la dignità della donna e la sua vocazione, ha espresso onore e gratitudine per quelle che, fedeli al Vangelo, in ogni tempo hanno partecipato alla missione apostolica di tutto il popolo di Dio. Si tratta di sante martiri, di vergini, di madri di famiglia, che coraggiosamente hanno testimoniato la loro fede ed educando i propri figli nello spirito del Vangelo hanno trasmesso la fede e la tradizione della Chiesa» (Giovanni Paolo II, Lettera Apostolica Mulieris Dignitatem, n. 27: AAS 80 (1988), 1719).

    D’altra Parte è alla santità dei fedeli che è totalmente ordinata la struttura gerarchica della Chiesa. Perciò, ricorda la Dichiarazione Inter Insigniores, «il solo carisma superiore, che si può e si deve desiderare, è la carità (cfr. 1Cor 12-13). I più grandi nel Regno dei cieli non sono i ministri, ma i santi» (Congreagazione per la Dottrina della Fede, Dichiarazione Inter Insigniores, VI: AAS 69 (1977), 115).

    4. Benché la dottrina circa l’ordinazione sacerdotale da riservarsi soltanto agli uomini sia conservata dalla costante e universale Tradizione della Chiesa e sia insegnata con fermezza dal Magistero nei documenti più recenti, tuttavia nel nostro tempo in diversi luoghi la si ritiene discutibile, o anche si attribuisce alla decisione della Chiesa di non ammettere le donne a tale ordinazione un valore meramente disciplinare.

    Pertanto, al fine di togliere ogni dubbio su di una questione di grande importanza, che attiene alla stessa divina costituzione della Chiesa, in virtù del mio ministero di confermare i fratelli (cfr. Lc 22,32), dichiaro che la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale e che questa sentenza deve essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli della Chiesa.

    Invocando su di voi, venerabili Fratelli, e sull’intero popolo cristiano il costante aiuto divino, a tutti imparto l’Apostolica Benedizione.

    Dal Vaticano, il 22 maggio, Solennità di Pentecoste, dell’anno 1994, sedicesimo di Pontificato.

    Tendo a farmi più di Giovanni Paolo II che del sito da te citato..

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