Savona, il don si confessa: “Eravamo immobiliaristi e Roma ci applaudiva”

Don Pietro Tartarotti,  indagato per malversazione: “Il cardinal Calcagno sapeva e approvava”

“Se ho imparato una cosa da questa vicenda è che quello non è il nostro mestiere. I preti facciano i preti e non gli immobiliaristi. Non rimpiango certo quel periodo, anche se a Roma i superiori ci facevano i complimenti”

Don Pietro Tartarotti è stato fino al 2013 il presidente dell’Istituto di Sostentamento del Clero di Savona. Oggi è indagato dalla procura per l’ipotesi di malversazione assieme ad un altro ex amministratore laico, e all’ex vescovo della città della Torretta, Domenico Calcagno, oggi potentissimo cardinale a capo dell’Apsa, l’Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica. L’accusa è di aver creato un’esposizione di circa 18 milioni di euro all’Istituto sotto forma di fideiussioni per operazioni immobiliari dello scorso decennio alcune delle quali mai partite, come ad esempio la trasformazione delle ex colonie Bergamasche di Celle Ligure.

Don Pietro, anche la curia in quegli anni fu vittima del richiamo del mattone?

“Guardando quel periodo ex post si può dire che l’intendimento fosse buono ma i risultati non altrettanto. Specie per la trasformazione delle Colonie Bergamasche che richiedevano un grosso impegno economico. Discutemmo per diversi anni, la scelta dei partners fu accurata ma quando partimmo, nel 2009, il mercato entrava in crisi e ci ritrovammo in un collo di bottiglia”.

Sembra passata un’era, oggi papa Francesco invita a continenza e scelte meno commerciali.

“E posso dirle che sono pienamente in accordo con il papa. Ma all’epoca avevamo un compito e delle direttive…”

Quali?

“Avevamo un patrimonio vetusto e improduttivo. Immobili da ristrutturare, ettari di boschi e terreni mai utilizzati. Fino ad allora si vendevano appartamenti per poterne ristrutturare altri. Ma con questo sistema in 50 anni saremmo rimasti senza niente. Così si decise di far fruttare meglio il patrimonio diventano noi stessi soggetti attivi delle operazioni di trasformazione. Abbiamo cercato di fare le cose per bene affidandosi anche ad imprenditori sei. Io sono laureato in economia ma questo non vuol dire che fossi un esperto del settore immobiliare, anzi sa cosa le dico…”

Prego.

“Che i preti devono fare i preti e non gli agenti immobiliari. Sono stato io a chiedere al mio vescovo di tornare ad occuparmi di anime e oggi sono felice qui in questa parrocchia di piazzale Moroni (zona popolare di Savona, ndr) che non è certo Portofino”.

Torniamo a quegli anni. Il cardinale Calcagno ha detto di essere sereno.

“Lo sono anche io. Con il cardinale non mi sento dall’epoca in cui era vescovo. Non so cosa dirà ma è evidente che una persona attenta come era lui è sempre stata al corrente delle scelte dell’Istituto. Si informava e voleva conoscere i dettagli e pur non avendo mai sollecitato nulla certo è le ha sempre condivise altrimenti non sarebbero state fatte.”

Calcagno e la sua collezione di armi. Sarà d’accordo che è un accostamento particolare per un cardinale.

“Sì, particolare. Abbiamo sempre saputo che era un cacciatore, che altro posso dire…”

Spieghi invece se le vostre strategie immobiliari erano condivise anche a Roma.

“Certo che sì. Anzi ricordo bene una riunione del 2009 di tutti i presidenti degli Istituti di sostentamento del nord Italia. Ebbene, il direttore generale citò pubblicamente la nostra esperienza indicandola come esempio positivo da seguire per superare la tradizionale gestione degli affitti. Come vede se abbiamo sbagliato eravamo in tanti”.

E oggi?

“Sono cambiate le cose e già noi avevamo scelto nuove soluzioni che forse garantiranno meno risorse in tempi brevi ma sono più legate alla nostra missione. Ad esempio abbiamo venduto un terreno all’università, certo non ci siamo arricchiti ma almeno il nostro patrimonio ha avuto un’utilità sociale. Con Caritas invece abbiamo avviato la gestione di appartamenti a canone ridotto, oppure i nostri immobili sono stati trasformati in case protette con convenzioni statali”.

E lei come vede il suo futuro.

“Essere indagato mi crea angoscia, non lo nascondo e l’ho detto anche ai miei parrocchiani. Ma al pubblico ministero che giovedì scorso mi ha interrogato ho fornito tutte le risposte e spero che gli inquirenti abbiano capito quali fossero le mie intenzioni”.

genova.repubblica.it

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