Preti sposati, Papa conceda permesso speciale per celebrare Eucaristia

Il papa in questione

L’agenzia Adista ha pubblicato un articolo “Un esercito di preti dispensati, riservisti in prima linea per sostenere i preti” del teologo Dumar Iván Espinosa Molina, docente all’Università di Cundinamarca (Colombia) sulla possibilità di impegnare i preti sposati nell’amministrazione dei sacramenti in questo periodo di pandemia.

Per il Movimento Internazionale dei Sacerdoti sposati, fondato nel 2003 da don Giuseppe Serrone, i preti sposati dispensati dal ministero, in virtù del rescritto di dispensa, hanno l’obbligo di assolvere il penitente in caso di pericolo di morte, anche “in presenza di un prete approvato” (CIC, can. 976). La circostanza storica di una pandemia dovrebbe servire a riflettere anche sulla possibilità di un permesso speciale per i preti dispensati e sposati di presiedere la celebrazione dell’Eucaristia in famiglia o in privato, poiché questo è il miglior viatico per sopportare la difficile prova della malattia e della morte”. Il Movimento dei preti sposati ritiene forzato nel testo del teologo Dumar Iván Espinosa Molina l’uso della parabola dei talenti (Mt 25,24). “Sono state le dure norme restrittive vaticane e le discriminazioni di numerosi vescovi ad impedire ad oggi l’esercizio del ministero sacerdotale ai preti sposati” (ndr).

Di seguito l’articolo di Adista:

“Il 19 marzo 2020 la Penitenzieria apostolica ha emesso un decreto relativo alla concessione di indulgenze speciali ai fedeli nell’attuale situazione di pandemia. Sebbene il decreto non menzioni la confessione per telefono, alcuni vescovi cattolici l’hanno autorizzata seguendo l’esempio della Chiesa ortodossa russa.

In questo modo, mentre i preti cattolici di tutto il mondo celebrano la Pasqua in streaming, alcuni si preparano anche ad amministrare la confessione per telefono ai fedeli che desiderano avvicinarsi al sacramento almeno una volta all’anno per la Pasqua di Resurrezione.

Le distinzioni scolastiche di materia e forma e della presenza per la valida celebrazione dei sacramenti starebbero subendo in pratica una riformulazione, in considerazione delle attuali condizioni che la pandemia e la conseguente quarantena hanno imposto al mondo intero.

Mentre canonisti e teologi concordano sulla validità delle confessioni virtuali autorizzate da alcuni vescovi di tutto il mondo, un esercito di riservisti è in prima linea per sostenere i preti effettivi nel dispensare la grazia del perdono nel sacramento della riconciliazione. Si tratta dei preti in pensione e dispensati dal ministero che, in virtù del rescritto di dispensa, hanno l’obbligo di assolvere il penitente in caso di pericolo di morte, anche “in presenza di un prete approvato” (CIC, can. 976).

Nell’ospedale da campo di Francesco, dove sono necessarie mani che vogliono collaborare, centinaia di preti in pensione sarebbero disposti ad ascoltare in confessione per telefono i contagiati da Covid-19 e ad assolverli in caso di pericolo di morte.

La circostanza storica di una pandemia dovrebbe servire a riflettere anche sulla possibilità di un permesso speciale per i preti pensionati, dispensati e sposati di presiedere la celebrazione dell’Eucaristia in famiglia o in privato, poiché questo è il miglior viatico per sopportare la difficile prova della malattia e della morte.

Tuttavia, si dovrebbe considerare caso per caso perché, sebbene la validità dei sacramenti della confessione e dell’Eucaristia officiati da un prete in pensione, anche se non dispensato, sia fuori discussione, alcuni di questi preti non sono più interessati a presiedere i sacri misteri. Motivo che non li esonera dal loro obbligo di assolvere il penitente in pericolo di morte.

Nella parabola dei talenti il Signore rimprovera il servo che, avendo ricevuto un talento, andò a nasconderlo perché sapeva che il suo datore di lavoro “era un uomo duro, che miete dove non aveva seminato e raccoglie dove non aveva sparso” (Mt 25,24).

Quante volte coloro che si sono ritirati dal ministero, anche se sanno che la grazia dell’ordinazione continua in loro fino all’eternità, preferiscono bruciare le candele, nascondere il talento sulla terra e desiderano passare in incognito in un mondo che desidera Dio, la sua Parola e i suoi sacramenti.

Alla fine dei giorni alle persone consacrate e in pensione il Signore chiederà cosa hanno fatto con il talento ricevuto il giorno dell’ordinazione. Come il pauroso servitore della parabola molti diranno: “Signore, abbiamo avuto paura e siamo andati a nascondere il tuo talento sotto terra; ecco ciò che è tuo” (Mt 25,25)…abbiamo avuto paura di contravvenire ancora una volta alle norme della Chiesa che salvano le anime attraverso la celebrazione dei sacramenti”.

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