Pedofilia preti: Denunciare i colpevoli, farli giudicare dalla giustizia ordinaria, e punirli. Rimuovere i vescovi che hanno protetto i molestatori

David Clohessy fu vittima di molestie da bambino: “Non basta togliere l’abito ai religiosi”
Paolo Mastrolilli – vaticaninsider
New York

«È un rapporto cruciale, perché per la prima volta un’autorevole istituzione internazionale conferma quello che denunciamo da anni. Spero dia conforto alle vittime, e coraggio ai governi per indagare e mettere sotto processo i colpevoli. Non sono ottimista, però, riguardo i cambiamenti che porterà in Vaticano».
David Clohessy è il volto più noto fra le vittime delle molestie negli Usa. È il direttore dello Snap, il «Survivor’s Network of those Abused by the Priest», e da vent’anni si batte sul tema.

Lei è stato molestato?

«Sì, da un sacerdote che si chiama John Whiteley».

Quando è avvenuto?

«Tra gli Anni Sessanta e Settanta. Avevo 11 anni, quando gli abusi sono cominciati, e sono durati fino a quando ne avevo circa 16».

Come è successo?

«La mia era una famiglia cattolica molto devota del Missouri, e i miei genitori erano felici che un prete dedicasse tanta attenzione ai loro figli. Whiteley ci portava in gita, a sciare, in campeggio, e durante quei viaggi approfittava di noi».

Perché usa il plurale?

«Oltre a me, ha molestato anche tre miei fratelli».

Come giustificava i suoi atti?

«Non ne parlava, li presentava come un fatto normale».

E perché lei non lo ha fermato subito?

«Avevo undici anni. Ero confuso e impaurito. Quando sono cresciuto ho parlato, e abbiamo scoperto che non eravamo gli unici abusati».

Cosa è successo a Whiteley?

«È stato sospeso e spostato ad altri servizi, ma non sono sicuro che abbia perso l’abito. La Chiesa dice che non sa più dove sia, ma io fatico a crederlo. Di sicuro non è mai stato sottoposto a un processo».

Cosa è successo a lei e ai suoi fratelli, dopo le molestie?

«La storia più triste è quella di mio fratello Kevin. Si è fatto prete, ma qualche anno dopo ho scoperto che anche lui era stato accusato di aver molestato dei bambini».

Cosa fa, adesso?

«Non lo sento da molti anni, ma vive ancora in Missouri. Ha subito la stessa sorte del sacerdote che ci aveva abusati: allontanato dal servizio che lo avvicinava ai bambini, ma non punito».

Non crede che la pressione di questo rapporto, e l’arrivo del nuovo Papa Francesco, spingeranno il Vaticano a cambiare?

«Lo dubito, sono secoli che si comportano così. Francesco ha fatto passi nel governo della Chiesa, ma è Papa da un anno e non ha salvato un solo bambino dai predatori che colpiscono ogni giorno».

Cosa dovrebbe fare?

«Denunciare i colpevoli, farli giudicare dalla giustizia ordinaria, e punirli anche dal punto di vista canonico. Rimuovere i vescovi che hanno protetto i molestatori, come quello di Kansas City Robert Finn, che è stato condannato per avere nascosto dei colpevoli di abusi. Prevenire, controllando i sacerdoti e chiarendo che questi comportamenti non saranno tollerati».

Finora la Chiesa ha tolto l’abito a circa 400 preti: non è un segnale importante?

«È una furba difesa legale, ma non sarà sufficiente, fino a quando i colpevoli non saranno consegnati alla giustizia».

Lei cosa fa oggi?

«Ho 58 anni, lavoro a tempo pieno come direttore dello Snap. Sono sposato e ho due figli, di 17 e 20 anni».

Crede ancora?

«Io no. Mio figlio maggiore però frequenta una università cattolica, e sono felice che abbia avuto la libertà di compiere questa scelta, senza farsi condizionare dal mio orrore».

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