Messico, l’invasione dei preti “contraffatti”

Cresce nel Paese latinoamericano il fenomeno dei falsi chierici che celebrano liturgie e sacramenti a pagamento. E c’è chi cerca di porre rimedio introducendo il “tesserino” di affidabilità sacerdotale

GIANNI VALENTE – vaticaninsider
ROMADopo i Rolex e magliette Lacoste, è giunto il tempo in cui si contraffanno anche i sacerdoti. Succede soprattutto in America Latina, a cominciare dal Messico, dove il fenomeno dei “preti taroccati” sta diventando un’emergenza per la Chiesa locale. Così, nelle province ecclesiastiche di Tlalnepantla e Città del Messico si è deciso di correre ai ripari per contrastare le truffe perpetrate da finti sacerdoti e religiosi che ingannano i fedeli, amministrando sacramenti e celebrando cerimonie liturgiche a pagamento. Entro breve – riferiscono i media delle arcidiocesi messicane rilanciati dall’Agenzia Fides – ai preti “veri” verrà rilasciata una tessera personale non falsificabile, per consentire ai fedeli di conoscere subito i dati personali del sacerdote e, se serve, verificare la loro autenticità con i suoi superiori

Il “patentino del prete” è solo l’ultimo sviluppo nella vicenda delle truffe sacrileghe che si moltiplicano in tutto il Paese, usando anche internet e i social network per pubblicizzare i “servizi pastorali” offerti a pagamento dai «preti pirata», con tanto di tariffario. Spesso i raggiri sono perpetrati da persone che hanno potuto acquisire per vari motivi una certa dimestichezza con le formule e le pratiche rituali della liturgia e della pastorale sacramentale, come ex seminaristi o ex sacrestani. I truffatori di solito cercano di piazzare le loro contraffazioni blasfeme frequentando ospedali, cimiteri e cappelle isolate. «Non si sa quanti sono i falsi sacerdoti, perché sarebbe come chiedersi quanti ladri ci sono a Città del Messico», ha dichiarato Carlos Villa Roiz, vice direttore delle comunicazioni sociali dell’Arcidiocesi della Capitale federale. Ma già nel 2011 il rettore della Basilica de Los Remedios a Naucalpan, padre Miguel Ángel Corona, aveva reso nota una lista di 32 persone che si spacciavano per sacerdoti e erano coinvolto in un redditizio business di battesimi, nozze e funerali “a domicilio “ nei municipi della regione.

Ad aprile scorso il Sistema Informativo della Arcidiocesi del Messico (Siame) ha lanciato l’allerta su un ulteriore aumento del fenomeno, suggerendo anche alcuni criteri per riconoscere i falsi chierici e alcune misure preventive per evitare di essere ingannati. I truffatori in tonaca – avvertiva il website legato all’Arcidiocesi solitamente si presentano come persone simpatiche, persuasive e competenti. Offrono i propri servizi presentando biglietti da visita pieni di referenze, e mostrando  piena disponibilità a venire incontro in ogni modo alle richieste e ai desiderata delle potenziali vittime della truffa. Le persone più esposte ai raggiri sono quelle «alle quali nella propria parrocchia è stato negato un servizio religioso, per l’esistenza di una qualche irregolarità o perché non esistevano i “requisiti” richiesti per la celebrazione di un sacramento». I falsi sacerdoti si mostrano subito disponibili a celebrare i sacramenti fuori dalle chiese, in spiaggia, nei giardini, nelle sale da ballo o in abitazioni private, anche quando ciò non è consentito dalle regole ecclesiastiche. Anche in quel vademecum fornito dal Siame si avvertiva che molti falsi sacerdoti sono «persone che hanno studiato per servire la Chiesa attraverso i ministero sacerdotale, e poi per varie ragioni sono usciti dal seminario. Tutti conoscono le parti e le formule delle celebrazioni sacramentali e liturgiche, tanto da riuscire a ingannare talvolta anche l sacerdoti autentici.

Il caso dei “preti pirata” messicani, con i suoi aspetti paradossali e grotteschi, tocca a suo modo due punti dolenti più volte richiamati con sofferenza dalla predicazione di Papa Francesco sulla pastorale dei sacramenti: quello delle realtà ecclesiali che si trasformano in «dogane pastorali» e chiudono la parta davanti alle richieste di sacramenti provenienti da persone che frequentano poco le parrocchie, perché considerate non in regola con i “requisiti” richiesti; e il fenomeno dei «sacramenti a pagamento», che Papa Francesco ha denunciato stigmatizzando la «lista dei prezzi»  che spesso viene presentata a chi va in parrocchia per chiedere di battezzare i propri figli, o per fissare la messa di matrimonio.

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