Il riformismo o è digitale o non è

Vincenzo Vita*,   paneacqua.eu

Il riformismo o � digitale o non �

Politica     

La Rete è parte delle nostre vite: dai diritti al libero accesso per tutti, dalla libertà alla stessa sicurezza. Giungere ad una "visione comune" è ovviamente un obiettivo arduo. E' evidente che Internet non è una realtà virtuale e separata dai processi sociali di informazione, comunicazione e conoscenza, bensì ne costituisce una estensione interattiva potenziata. Deve rientrare tra le nostre priorità strategiche – nel medio e nel lungo periodo – come elemento di democrazia, partecipazione ed uguaglianza: libertà di Rete, per una società più aperta e trasparente; partecipazione senza discriminazioni; lotta al digital divide

La Rete, oggi più che mai, è sinonimo di sviluppo sostenibile, crescita, cambiamento.
La sede delle Nazioni Unite di Nairobi – dal 27 al 30 settembre scorsi – ha ospitato l'IGF 2011, primo forum internazionale sul web in un paese sub sahariano. La necessità di un confronto mondiale su "Internet come catalizzatore per il cambiamento: accesso, sviluppo, libertà e innovazione" ha reso di particolare importanza l'iniziativa.
La Rete è davvero parte delle nostre vite: dai diritti al libero accesso per tutti, dalla libertà alla stessa sicurezza. Giungere ad una "visione comune" è ovviamente un obiettivo arduo. E' evidente che Internet non è una realtà virtuale e separata dai processi sociali di informazione, comunicazione e conoscenza, bensì ne costituisce una estensione interattiva potenziata. Internet deve rientrare tra le nostre priorità strategiche – nel medio e nel lungo periodo – come elemento di democrazia, partecipazione ed uguaglianza: libertà di Rete, per una società più aperta e trasparente; partecipazione senza discriminazioni; lotta al digital divide.

E' fondamentale la partecipazione attiva dei Parlamenti. La partita politica più importante si gioca oggi sul tema della neutralità e dell'accesso aperto alla rete, contro ogni forma di censura. La vasta presenza a Nairobi dei paesi del Sud del mondo ci fa sperare che una grande iniziativa mondiale per la diffusione della banda larga possa incoraggiare un "doppio salto" proprio di quei paesi che non hanno partecipato al ciclo analogico. Al centro delle giornate keniote vi è stata, dunque, la Rete sotto il profilo del cambiamento positivo per lo sviluppo umano. Lo stesso Chengetai Masango, programme and technology manager del Segretariato dell'Onu per l'IGF, ha notato che "il forum ha dimostrato che è stato in grado di dare a ogni voce la stessa importanza".

I paesi rappresentati all'IGF sono stati 125, di cui 53% appartenenti all'Africa, 29% all'Europa occidentale e agli altri stati, 11% all'Asia, il 4% ai paesi dell'America latina e caraibica e il 3% ai paesi dell'Europa orientale. Un totale di 38 partecipanti delle tavole rotonde sono stati in grado di prendere parte al forum via audio o video e sono state stabilite circa 2.500 connessioni da 89 paesi. Un'organizzazione grandiosa, con trasmissione in streaming e trascrizioni in tempo reale dei workshop. Parallelamente si sono anche tenuti 122 gruppi di studio, forum sulla "best practice", cioè le procedure operative migliori da seguire, e incontri per futuri progetti. Samuel Poghisio, ministro per l'Informazione e le Comunicazioni del Kenya, ha enfatizzato l'impegno del governo a garantire l'accesso a Internet per una società più aperta e trasparente e ha presentato un piano per il 2030 in cui sono previsti uno sviluppo basato su un'informazione completa grazie anche al Web e un'economia dove Internet favorisce lo spirito aziendale e l'innovazione. Importante il contributo di Hamadoun Toure, segretario generale dell'International Telecommunications Union, la speciale agenzia delle Nazioni Unite responsabile per le tecnologie dell'informazione e della comunicazione, che ha descritto il lavoro dell'organizzazione dei 192 stati membri in materia di sicurezza informatica, protezione dei minori online e cambiamenti climatici: tre dei punti focali posti dalle Nazioni Unite.
Insomma, davvero tanti gli argomenti affrontati, ma tutti basati sul connubio tra Rete e democrazia.
Dalla primavera araba ai risultati elettorali e referendari in Italia, il web diventa – anzi lo è già – la piazza democratica. Una piazza che si autogestisce in un linguaggio fatto di tag, hashtag, amicizie, luoghi, tweet, commenti, musica, arte e tanto altro ancora. Una piazza dove il vecchio e il nuovo si mescolano. Dove non esiste passato tanto lontano, perché tutto si può trovare o rintracciare. Ecco perché a Nairobi sono stati ammoniti quei governi, gli africani in primis, che vorrebbero tassare chi usa Google e Facebook.

Frank La Rue, il relatore speciale autore del documento per l'Onu "sulla protezione e la promozione del diritto alla libertà di espressione e opinione", ha scritto che "Internet è uno dei diritti umani". L'accesso alla rete – e lo si vede particolarmente nelle fasi di instabilità politica – è fondamentale.
Basti pensare – nella sola Italia – a cosa in questi giorni sta accadendo su twitter su #moka o #aeiouy: ossia in che modo la rete ha seguito le dimissioni o no del presidente del consiglio.

Ma ritorniamo ad una visione globale: la governance della rete come elemento centrale del programma di sviluppo internazionale che unisce nuove forme di accesso, crescita economica, innovazione, nuove libertà e diritti umani. Ma soprattutto è emerso da Nairobi un consenso fondamentale sul fatto che la Rete non deve appartenere a nessuno. La rete è libera e tale deve rimanere. Internet è il più grande Spazio Pubblico che l'umanità abbia mai conosciuto.
Tuttavia, "se la conoscenza è un bene comune – come ricorda Rodotà – possiamo affidarla tutta soltanto a una mediazione privata, come quella di Google (e/o Facebook) e di pochi altri mediatori? E' evidente ormai la necessità di un Internet Bill of Rights".

Ancora una volta uno dei temi centrali, emersi anche in Kenya, è stato il rapporto tra Internet e politica, e la sottile linea di demarcazione tra la necessità di concordare una governance di Internet e la tentazione di imporre sulla rete un vero e proprio controllo politico. Tanto da suscitare allarme tra gli attivisti del web, alcuni dei quali hanno letto il summit quasi come fosse un abbozzo di "Stati Generali per il controllo globale della rete", vedendo, di conseguenza, nell'allarme-sicurezza lanciato dal Forum un tentativo di giustificare una maggiore ingerenza dei governi in Internet.
Tra chi invoca la costituzione di un grande controllore del web sopranazionale e chi scongiura per un modello di governance diffusa, c'è chi prova a fare da sé, almeno in casa propria, dimostrando una visione del web ben diversa da quel "catalizzatore del cambiamento" così accoratamente sbandierato dall'Igf. Qualche esempio di voce fuori dal coro si può trovare nella Vecchia Europa. Internet come "territorio selvaggio da civilizzare", parole del Presidente francese Nicolas Sarkozy. Immagine della rete in buona sostanza ripresa dalla commissaria europea Neelie Kroes durante l'incontro africano. L'e-g8 di Parigi del maggio scorso è risultato agli occhi di molti un incontro per gestire, da parte dei governi, la paura nei confronti di uno strumento così potente a livello politico, vedi le rivolte arabe. Le spinte censorie non sono mancate in Italia, basti pensare alla prima versione del regolamento sul diritto d'autore dell'Agcom, fino ad arrivare al "ddl sulle intercettazioni", con all'interno la cosiddetta "norma ammazza blog".

Riparta da Trento l'idea già lanciata a Nairobi di un IGF dei Parlamenti dove la trasparenza – attraverso l'open access e il free software – fa da protagonista.
Si individui un'agenda di priorità nella prossima legislatura concentrata su banda larga per tutti, lotta al digital divide, neutralità della rete e nuovo copyright.
Infine, perché non immaginare "un esame di ammissione" sulla cultura digitale per i prossimi candidati al Parlamento? Un programma di partito che si definisca "riformista" deve, infatti, mettere al primo posto questi temi.
Il riformismo o è digitale o non è.

* 2011 Internet Governance Forum Italia
Intervento Sen. Vincenzo Vita – Vice Presidente Commissione Cultura – Senato della Repubblica

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