Il gesuita e l’elettronica: le note vanno a nozze

«La miglior rassegna di musica elettronica? In Italia è organizzata da un prete». A sostenerlo non è il Vaticano, ma una rivista tra le più lette dai giovani, ovvero Rockit.it. Il magazine versione online lo ha scritto a chiare lettere: «A Milano, uno spazio legato a una chiesa del XVI secolo è diventato un libero ritrovo intellettuale (…). E il merito per quanto riguarda il settore musica, è tutto di Padre Antonio Pileggi». Già, proprio così: la basilica dei gesuiti con annesso auditorium è il San Fedele. E a lui e al suo staff si deve l’esistenza della stagione Inner_Spaces, il ciclo di musica elettronica e arte audiovisiva con performance dal vivo che coinvolge alcuni dei principali esponenti della ricerca musicale: lunedì sera in scena ci saranno due dei volti più noti che popolano questo genere, English e Jelinek i loro nomi. Per saperne di più bisogna rivolgersi a lui, il direttore artistico del centro religioso.

Parlare con l’iper-attivo padre Pileggi non sempre è facile, ma quando lo si rintraccia in studio e si discute di musica la sua voce si accende: «In Italia ci sono diverse realtà dedicate all’elettronica – attacca il gesuita-compositore -. A Torino l’appuntamento forse più importante, il Club to Club. Ma in generale l’offerta si basa sul concetto di festival. Noi invece abbiamo realizzato una vera e propria stagione in teatro con tutti i crismi, avvalendoci di tecnologie del suono tra le più avanzate, come l’acusmonium». Un conto è ascoltare con in mano la birra e la sigaretta, staccando qua e là la spina dell’attenzione, chiacchierando e pensando ad altro. Un altro è entrare in un auditorium, sedersi comodi in poltrona e trovare un diffusore sonoro ultra-all’avanguardia (di acusmonium al mondo ce ne sono pochissimi, ndr), e poter fare un’esperienza multimediale in una dimensione che ha la dignità dell’evento-spettacolo culturale, in cui il linguaggio è al passo coi tempi. «Certa musica strumentale colta e no – afferma – non fa più necessariamente parte dell’immaginario dei giovani, che sono condizionati da quel che sentono i padri (pop e rock) dalle colonne delle pubblicità, del cinema e della tv». Da qui l’idea di fondare una rassegna pionieristica, cresciuta fino a diventare quello che è oggi: «Rispetto all’idea dell’ascolto che abbiamo riusciamo a mettere a punto una programmazione più coerente. Ci sono associazioni che collaborano con noi, come Plunge. E la nostra stagione trova l’interesse di istituzioni pubbliche e altre manifestazioni». C’è stato anche un lavoro comune con MilanoMusica, per «mescolare» i pubblici.

«La serata di lunedì sarà un evento speciale per la presenza di due figure storiche della sperimentazione, come l’australiano Lawrence English e il berlinese Jan Jelinek». Il primo si presenterà in anteprima internazionale con l’adattamento per l’Acusmonium Sator di «Viento», una composizione realizzata «servendosi di field recordings registrate in Antartide». Il secondo, arrivato al San Fedele grazie al sostegno del Goethe-Institut, è tra gli autori che hanno affrontato in maniera «più problematica e inusuale l’universo minimal-techno, esplorandone i confini più estremi e lontani dalla club culture».

La storia di padre Pileggi-esperto di repertori classici e contemporanei non nasce dall’oggi al domani, né al San Fedele; nella sua vita la musica c’è sempre stata: studi accademici a Reggio Calabria, perfezionamento a Lione e a Parigi, dove ha svolto la sua attività di compositore con commissioni importanti arrivate dall’Ensemble InterContemporaine di Pierre Boulez. A 32 anni la conversione e l’entrata nell’ordine dei gesuiti. Questa è un’altra bella storia.

Il Giornale

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