Fino a dove può arrivare questa polizia del pensiero? Optiamo piuttosto per dei nuovi Lumi del XXI secolo…

“Le preoccupazioni” della filosofa estromessa da un corso di formazione dalla Chiesa cattolica
intervista a Fabienne Brugère, a cura di Stéphanie Le Bars
in “religion.blog.lemonde.fr” del 18 marzo 2014 (traduzione: www.finesettimana.org)
Fabienne Brugère, filosofa all’università di Bordeaux-III, avrebbe dovuto intervenire, mercoledì 19 marzo, nel quadro di un corso di formazione di responsabili cattolici specialisti su problemi della famiglia, proposta dalla conferenza episcopale francese (CEF), a Parigi, e intitolata “Prendersi cura dell’altro, un invito rivolto a tutti”.
Fabienne Brugère è conosciuta per i suoi studi sull’etica del “care”.
In seguito a “preoccupazioni” presentate da alcuni gruppi, non solo ultraconservatori, e ad una “supplica” trasmessa dal sito integralista
Le Salon beige, Mons. Brunin, vescovo di Le Havre e presidente del Consiglio Famiglia e Società, ha deciso di annullare quell’intervento. I contestatori denunciavano la prossimità di Fabienne Brugère con la specialista degli studi di genere, Judith Butler, il suo impegno per il matrimonio per tutti e per la difesa del diritto all’aborto. Mons. Brunin ha ritenuto “che le condizioni del dialogo” non esistevano e che era più saggio evitare “irrigidimenti”.
Questo incidente, valutato in modi diversi dai credenti, dimostra che persistono all’interno della Chiesa cattolica i forti dissensi apparsi in occasione del dibattito sul matrimonio per tutti, relativamente alla volontà di aprirsi ad un dialogo con la società e alla capacità dei credenti di dialogare tra di loro. In un editoriale, il quotidiano “La Croix” si è detto scosso per questa “ritirata sotto la pressione di una minoranza che si è eretta a polizia del pensiero” e ha deplorato “un’occasione persa di dialogare”. “Non si poteva fare come se quelle paure non fossero esistite e passare oltre”, afferma da parte sua Monique Baujard, direttrice del servizio nazionale Famiglia e Società della CEF, che riconosce anche che la decisione non è stata “né facile, né piacevole da assumersi”. “Abbiamo preferito la pazienza allo scontro. Abbiamo fatto un passo di lato non un passo indietro”, aggiunge. Fabienne Brugère reagisce a questa situazione.
Come si è ritrovata nel cuore di questa polemica?
La responsabile della programmazione pastorale familiare mi ha contattata, precisando che conosceva il mio lavoro. L’invito era fatto nel clima di dialogo con un’insegnante universitaria che riflette sui problemi del rapporto sociale e del rapporto familiare. Questa volontà di pluralismo mi è parsa interessante, soprattutto per il fatto che corrisponde alla logica del papa attuale. Sembrava posizionare la Chiesa più nel cattolicesimo sociale che sui problemi di identità.
Comunque, chiunque sa che sono favorevole al matrimonio per tutti, che conosco bene gli studi di Judith Butler. Ma il corso di formazione non riguardava gli studi di genere, né il matrimonio, né l’aborto! Riguardava il “prendersi cura” e l’etica della sollecitudine che può essergli associata.
Allora, sì, è vero che quando si affronta un tema di etica del “care” si parla della suddivisione dei compiti tra uomini e donne! Tre settimane fa, ho cominciato a vedere su internet delle richieste di annullamento [del mio intervento] e la settimana scorsa ho ricevuto la lettera di Mons. Brunin che spiegava che “le condizioni del dialogo non erano presenti”.
Che cosa pensa di questa decisione? È una cosa grave. Penso che cedere alla pressione non è il modo migliore per calmare le acque. Ho
ricevuto delle e-mail di cattolici rattristati da questa situazione. L’editoriale di La Croix del 14 marzo deplora la decisione dell’episcopato insistendo sulla necessità per la Chiesa di discutere con i rappresentanti del pensiero contemporaneo. Sarebbe bene che comportasse una presa di coscienza, altrimenti la Chiesa cederà ancora alle correnti che non vogliono né formazione né dialogo, come abbiamo visto sul matrimonio per tutti. Questi timori della Chiesa sono purtroppo una caratteristica del nostro presente in Francia. Il pluralismo è difficile da praticare, e anche il dialogo intellettuale.
Ma quello che mi preoccupa, è il peso di queste correnti ultra-tradizionaliste. Queste minoranze estremiste sono molto ben organizzate e ottengono dei risultati giocando sulla paura. Nel frattempo, il cattolicesimo sociale resta vivo, ma la sua organizzazione orizzontale gli conferisce meno peso. Inquesta faccenda, si vedono veramente due linee che si scontrano all’interno della Chiesa.
Per quanto riguarda i contenuti di fondo, i gruppi tradizionalisti sono in piena confusione: un professore universitario non è il rappresentante di un dogma, ma esercita la sua libertà di pensiero, il
suo diritto ad argomentare e a costruire il suo ragionamento. Ora, in questo caso, contestano veramente la libertà di pensiero degli intellettuali e questo è molto grave. Questo significa che non c’è più possibilità di dialogo, che la filosofia e le scienze non servono più a niente. Questa volta, hanno fatto valere degli studi che avevo fatto su Butler, ma la prossima volta, che cosa tireranno fuori? Che un tale è omosessuale? Fino a dove può arrivare questa polizia del pensiero? Optiamo piuttosto per dei nuovi Lumi del XXI secolo…

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