Elezioni anticipate? Un disastro per l’Italia, estrema speranza per le vedove di Silvio

di Francesco "Pancho" Pardi

 Finalmente stiamo uscendo dall’incubo. Esclusi quelli che sanno prevedere il futuro, chi, qualche mese fa, avrebbe potuto essere sicuro del crollo rovinoso di Berlusconi? Poco meno di un anno fa, 14 dicembre 2010, alcuni miserabili si erano fatti comprare per rimediare i buchi aperti nella maggioranza e questa, arrangiata e posticcia quanto si vuole, sembrava destinata a durare.

Ma la crisi del capitalismo si è tradotta in Italia, destino ironico, nella sconfitta del capitalista più ricco e potente. Governo commissariato, ma soprattutto presidente del consiglio commissariato. E non è bastato. Pena l’incombere sempre più prossimo della bancarotta, ha dovuto farsi da parte. Era entrato in politica per salvare la bottega, ora per lo stesso motivo è stato costretto a uscirne.

Il problema che si pone per le forze di opposizione è l’atteggiamento verso il nuovo governo Monti.

Qualcuno oppone l’immediata necessità di elezioni anticipate.

Mi sembra una prospettiva irrealistica.

Siamo in una situazione in cui non solo i giorni ma perfino le ore contano nel fronteggiare il rischio di bancarotta. Due mesi di campagna elettorale possono seppellire il paese sotto la speculazione più sfrenata.

Ma anche in punto di principio è discutibile: l’idea stessa che si debba andare al voto se il presidente del consiglio è (di fatto) sfiduciato ha un discreto carattere incostituzionale perché è ispirata a una visione presidenzialista. Invece la Repubblica è parlamentare e il Parlamento conta più del presidente del consiglio. Dobbiamo ribellarci all’idea che valga il contrario.

La proposta di referendum sulla legge elettorale è stata sostenuta da una quantità imprevista di cittadini e gioca contro il voto anticipato: si può andare a votare con una legge che merita l’abrogazione? E’ assai più giusto abrogarla e semmai sta al Parlamento riuscire a sostituirla in tempo con una legge meno infame.

Infine è la Lega che chiede di andare al voto con la sua legge. Chi sta nel centrosinistra è bene che non si riduca al ruolo speculare sul lato opposto della scena politica.

Quindi torniamo al punto: votare contro o a favore del governo Monti?

Certo dipende anche dalle persone di cui sarà formato e dal programma che presenterà. Ma, concesso che i tecnici siano all’altezza, si dovrà sempre ricordare che per uscire dal rischio di bancarotta le misure non possono ridursi a palliativi. La peggiore macelleria sociale è la bancarotta stessa.

Se il nuovo governo mostrerà con chiarezza che intende ispirarsi al principio di equità non è possibile e non è giusto negargli il voto di fiducia. E infatti alla fine le forze di centrosinistra così hanno deciso.

Ma poiché alla prima misura severa si riproporrà la tentazione di negargli l’appoggio vale pena di considerarne le conseguenze. Oggi il governo Monti è l’unica via per uscire dal pasticcio in cui ci ha cacciato Berlusconi. Chi lo appoggia ha il diritto di premere affinché davvero prende misure ispirate alla giustizia sociale. Chi si autoesclude si confina in un Aventino sterile e improduttivo. Ma soprattutto si mette fuori dal quadro politico in cui sarà elaborata la nuova legge elettorale. Può essere considerato saggio autoescludersi dal laboratorio che dovrà immaginare i nuovi criteri per la formazione della rappresentanza politica?

Mi sembra molto più saggio considerare il governo Monti come una soluzione, si spera efficace, per affrontare la crisi. Durante il suo lavoro, di cui è arduo stabilire a priori il termine, le forze che sono state fin qui all’opposizione dovrebbero approfittare del tempo prezioso guadagnato per elaborare davvero un convincente progetto riformista per vincere le elezioni quando arriveranno.

Elaborare quindi una nuova legge che elimini drasticamente tutte le incrostazioni presidenzialiste che l’incubo berlusconiano ha depositato, a partire da premio di maggioranza. In particolare il centrosinistra futuro dovrà rifiutare l’indicazione del premier nella scheda elettorale, perché lì si annida il germe insidioso del presidenzialismo. Ricordiamo che nell’indice della Costituzione c’è il Consiglio dei Ministri ma non il Presidente del Consiglio.

Le cose da immaginare nel futuro sono tante. Ma qui, a titolo d’esempio, ne cito solo quattro.

Una vera legge sul conflitto d’interessi.

La restaurazione dell’imposizione fiscale progressiva.

Il rilancio della formazione e della ricerca.

La costruzione di una nuova politica di gestione del territorio.

Mi riprometto di entrare nel vivo delle proposte nel prossimo futuro.

domani.arcoiris.tv

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