8 per mille: 1 miliardo alla Chiesa Cattolica, anche i soldi di chi non l’ha scelta

La Chiesa Cattolica riceve più di un miliardo dall’8 per mille dell’IRPEF e ringrazia tutti, sia chi ha effettuato consapevolmente e liberamente una scelta verso una delle confessioni religiose beneficiarie (o verso lo Stato) sia coloro che hanno deciso di non scegliere, perché con ogni probabilità i loro soldi hanno comunque raggiunto lo stesso destinatario: il Vaticano. Perché è così che funziona il meccanismo dell’8 per mille, nonostante da anni e anni venga aspramente criticato da più fronti. E finché nessuno si deciderà a modificarlo i cattolici faranno sempre la parte del leone rispetto agli altri, senza possibilità di appello.

Sfogliando i dati relativi ai redditi del 2012 rilasciati dal Dipartimento delle Finanze e ripartiti quest’anno, si scopre che su 41,5 milioni di contribuenti solo 18,8 milioni hanno indicato a chi destinare il proprio 8 per mille in sede di dichiarazione dei redditi. Parlando in termini percentuali,il 45,44% ha scelto, mentre il 54,14 non ha espresso alcuna opzione.

Dei 18,8 milioni che hanno indicato un beneficiario, 15,2 milioni hanno optato per la Chiesa Cattolica. Sommando a questi contribuenti l’importo proveniente da coloro che non hanno scelto e i cui soldi sono stati distribuiti in proporzione alle scelte effettuate dagli altri si scopre che il Vaticano ha ricevuto 1 miliardo e 19 milioni di euro, tra anticipo e conguaglio, una cifra che corrisponde all’81% del totale distribuito (1,257 miliardi di euro).

Per quanto riguarda i soldi restanti: il 14,81% (187 milioni) è andato allo Stato, 37,3 milioni alla Chiesa Evangelica Valdese, 4,7 milioni all’Unione delle comunità ebraiche, 3,1 milioni ai luterani, 2 milioni alle Chiese cristiane avventiste del settimo giorno, 1,5 milioni all’arcidiocesi ortodossa e 287mila euro alla chiesta apostolica.

Confrontando dunque l’importo ricevuto dalla Chiesa Cattolica da un lato e dallo Stato e dalle altre confessioni dall’altro, la differenza è sotto gli occhi di tutti.

Il problema è che ciò non accade perché “l’Italia è una Nazione cattolica”, ma perché (citando la Corte dei Conti)  il meccanismo “permette ai beneficiari di ricevere più dalla quota indistinta che non dalle precise scelte dei contribuenti”. Detto in parole povere ciò significa che i soldi di 22,2 milioni di contribuenti che non hanno indicato nessuna delle opzioni possibili sono stati ripartiti tra i beneficiari in proporzione alle decisioni espresse dagli altri. E dato che la maggioranza ha scelto il Vaticano anche la loro quota ha raggiunto lo stesso destinatario. Da sottolineare che alla quota di chi sceglie e a quella di chi non sceglie si aggiunge anche la parte di contributi provenienti da coloro che non sono tenuti a presentare dichiarazione dei redditi. Non a caso, in un precedente articolo abbiamo definito l’8 per mille come una sorta di “sondaggio”.

Non è tra l’altro una novità dato che ciò accade da più di 30 anni e più precisamente da quando, con la legge 222/85 è stata abolita la congrua (il risarcimento che lo Stato versava alla Chiesa per i beni confiscati e per il mantenimento dei preti) in favore dell’8 per mille.

Più e più volte la Corte dei Conti si è espressa contro il meccanismo , ma a quanto pare non c’è nulla da fare. Nella delibera n.16 del 2014 si legge: “In un periodo di generalizzata riduzione delle spese sociali a causa della congiuntura economica, le contribuzioni a favore delle confessioni continuano a incrementarsi, senza che lo Stato abbia provveduto ad attivare le procedure di revisione di un sistema che diviene sempre più gravoso per l’Erario”.

E ancora lo scorso ottobre i giudici contabili facevano notare che nel sistema “ognuno è coinvolto, indipendentemente dalla propria volontà, nel finanziamento delle confessioni, con evidente vantaggio per le stesse, dal momento che i soli optanti decidono per tutti; con l’ulteriore conseguenza che il peso effettivo di una singola scelta è inversamente proporzionale al numero di quanti si esprimono”.

Senza contare le lacune sui controlli e sulla trasparenza. Nel 2014 per esempio, la CEI ha ricevuto 1.054.310.702,18 euro. Il 43,62% è stato speso per finanziare le esigenze di culto pastorale, il 33,15% al sostentamento del clero, il 23,22 per interventi caritativi.

Proprio sulla base di questi rilievi nel maggio del 2016, il Consiglio permanente ha tracciato nuove regole allo scopo di riformare la gestione del contributo stale allo scopo di “rafforzare il rigore” e risponde anche alle critiche del ministero dell’Interno che due anni fa ha fatto notare che, rispetto ai fondi erogati, il controllo “non è di tipo contabile, ma esclusivamente finalizzato a verificare che l’utilizzazione di tali fondi sia in linea con le finalità”.

ibtimes.com

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