352 Chiese in un’unica casa

World Council of Churches Assembly: Religions for Peace calls for more  interreligious cooperation – Religions for Peace Europe

di: Alexander Brueggemann
settimananews.it

«Un luogo di culto»: questo è ciò che la gente dice spesso parlando di una chiesa. Ecco qui una casa per 352 Chiese! Protestante, anglicana, ortodossa e vetero-cattolica.

L’edificio poco attraente dall’esterno sulla Route de Ferney 150 nel quartiere Le Grand-Saconnex di Ginevra colpisce inizialmente solo per l’insegna sulla porta: l’edificio piatto in cemento-acciaio-vetro degli anni ’60 conta più inquilini di un complesso prefabbricato residenziale.

In tutto il mondo sono qui rappresentati dal Consiglio ecumenico delle chiese (WCC/CEC) circa 580 milioni di cristiani appartenenti a più di 110 paesi.

L’Alleanza Mondiale è stata fondata il 23 agosto 1948, esattamente 75 anni fa, ad Amsterdam. Vi avevano partecipato 351 delegati provenienti da 147 Chiese di diverse confessioni e tradizioni. Tre anni dopo la fine della seconda guerra mondiale, quasi ovunque nel mondo si era manifestato ancora una volta il desiderio di risolvere insieme i futuri conflitti dell’umanità, mediante la comprensione e il dialogo. Fino ad oggi il CEC si considera principalmente una comunità di Chiese, non una “super-Chiesa”.

Lo splendore e il cuore della sede del CEC, a Ginevra, è rappresentato dall’ampia e luminosa sala della chiesa. Il cubo, con le sue eleganti tonalità di legno e le vetrate colorate, respira lo spirito di comprensione evocato dalla funzione di leadership del CEC. Un grande gong all’ingresso simboleggia l’ampiezza spirituale che si estende oltre l’Europa e la cristianità occidentale.

E gli oggetti d’arte, nel cammino verso l’altare, hanno tutti una loro storia: il mosaico russo con il battesimo di Cristo; lo straordinario gruppo della Crocifissione, più alto della grandezza d’uomo, proveniente dall’Africa nera; la grande croce di piombo fuso dal tetto della cattedrale anglicana di Coventry; l’icona della lapidazione del martire Stefano; il crocifisso di un uomo che soffre la schiavitù nel mondo, dono di papa Francesco durante la sua visita a Ginevra nel 2018.

Uno dei tanti campanelli all’ingresso vuol far capire quanto delicata e difficile possa essere la cooperazione fraterna nelle attività quotidiane: ne fa parte anche il patriarcato russo-ortodosso di Mosca – il cui capo, il patriarca Cirillo I – benedice i cannoni contro il vicino paese cristiano dell’Ucraina e mantiene ottimi rapporti con il signore della guerra, il russo Vladimir Putin. Nel 2022, una Chiesa evangelica ha addirittura presentato una mozione per l’espulsione della Chiesa ortodossa russa dal CEC.

“Rendere le Chiese del mondo strumenti di pace”
Dall’inizio dell’anno, il segretario generale del Consiglio è il teologo e pastore riformato sudafricano Jerry Pillay (58 anni), già primo presidente della Comunione mondiale delle Chiese riformate. Il comitato centrale del CEC è presieduto dal tedesco Heinrich Bedford-Strohm (63 anni), fino a novembre 2021 presidente del Consiglio della Chiesa evangelica in Germania (EKD).

Alla celebrazione ecumenica tenutasi alla fine di giugno scorso nella cattedrale di San Pietro a Ginevra – per ricordare l’anniversario del Consiglio ecumenico delle Chiese – Bedford-Strohm ha dichiarato nell’omelia: «Il popolo si è raccolto ad Amsterdam nel 1948 con il chiaro scopo di riunire le Chiese del mondo e farne uno strumento di pace… esso ha affermato chiaramente che la guerra è contro la volontà di Dio e che il nostro dovere consiste proprio nel superare il nazionalismo e le altre forme di divisione tra i popoli che hanno portato direttamente alla seconda terribile guerra mondiale la quale ha provocato la morte di tanti milioni di persone».«A che punto siamo oggi?», si è chiesto Bedford-Strohm.

«Siamo stati all’altezza dell’eredità di Amsterdam? Siamo noi, come Chiese, davvero uno strumento di pace in tutti i conflitti armati di questo mondo?». Il rappresentante della Chiesa tedesca, avrebbe voluto che «la risposta fosse un sì inequivocabile. Ma non è stato così. Troppo spesso la nostra lealtà nazionale o politica è per noi più importante della lealtà a Gesù Cristo, e talvolta non ce ne rendiamo nemmeno conto».

Il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, è stato ancora più esplicito come primus inter pares dell’ortodossia mondiale e come rappresentante di uno dei membri fondatori. L’unità dell’Ortodossia, ha dichiarato, è stata «profondamente violata con l’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione Russa nel febbraio 2022».

Si è aperta una profonda ferita profonda «nella Chiesa di Stato sotto il patriarca Cirillo», dalla quale è importante prendere chiaramente le distanze. Bartolomeo I ha implorato i membri del CEC: «Non dobbiamo permettere che l’armamento della nostra fede cristiana diventi la norma».

La Chiesa cattolica non è membro del CEC. Nel 1965, tuttavia, fu istituito un gruppo di lavoro congiunto tra il Vaticano e il Consiglio ecumenico delle Chiese. I teologi cattolici sono membri a pieno titolo di importanti commissioni del CEC, come Fede, Ordine, Missione mondiale ed evangelizzazione.

Il segretario generale Pillay ha recentemente elogiato il coinvolgimento del Vaticano nel Consiglio Mondiale in un’intervista alla Società dei pubblicisti cattolici (GKP). Anche se la Chiesa cattolica non ne è membro formale, si comporta come se lo fosse. E questo lo rende felice. Bedford-Strohm ha citato il discorso ecumenico di papa Francesco il quale ha detto: «Parlate con il Signore e andate avanti», auspicando ulteriori passi ecumenici in Vaticano. (KNA)

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