Expo 2015. Il brutto padiglione del Vaticano

Dell’Expo 20015, sino ad oggi, mi piace soltanto il programma milanese voluto da Vittorio Sgarbi, imperniato sulla vera Arte e Bellezza della città, in luoghi dell’anima e non in uno spazio artificiale e artificioso qual è invece la struttura espositiva appositamente creata per l’evento mondiale; sovvenzionata anche con l’aumento del 20% della marche da bollo per tacere del suo spregio di qualsiasi normativa. I continui blitz delle Fiamme Gialle forse qualcosa significheranno. Ma non basta.

L’ultima “meraviglia”, in ordine di tempo si badi bene, è il padiglione del Vaticano dal titolo “Non di solo pane” la cui sola vista invece fa cadere le braccia ( e anche altre parti corporee ).

Un tempo, diciamo fino al XVII secolo, il Sacro Soglio ci ha dato la maggioranza delle opere d’arte e della bellezza – anche architettonica – del nostro paese. I papi erano uomini di cultura e quando lo erano meno sapevano a chi appoggiarsi per essere saggiamente indirizzati. I Cosmati, Bernini, Sangallo, lo stesso Michelangelo Buonarroti, Borromini e tanti, tanti altri hanno creato imperitura bellezza sotto l’egida delle Due Chiavi.

Oggi invece il Brutto è penetrato in Vaticano proprio come “il fumo di Satana” (e si sa che il Diavolo bello non è), accecando coloro che dovrebbero guidare anche lungo le vie dell’Estetica e non soltanto dell’Etica e quindi, ammaliati dai vari Calatrava e Isozaki, Piano e Fuksas, alcuni alti prelati devono aver pensato di lasciar traccia della loro insipienza in campo artistico, con questa specie di cubo squarciato, un esaedro sventrato, una scatola semiaperta che ricorda – se possibile questa ancora più brutta – la teca di Meier realizzata per soffocarvi l’Ara Pacis di Roma.  Eppure la Santa Sede vanta uno dei – a mio immodestissimo avviso – migliori, dotti, capaci e competenti uomini d’Arte e Cultura d’Italia, nella figura del curatore dei Musei Vaticani, che riponde al nome di Antonio Paolucci.

Possibile che lui abbia approvato una simile opera? L’avrà vista prima? Vuoi vedere che qualche cardinalone, qualche monSissignore non gli ha fatto vedere nulla? Neppure un “progettino” fatto con l’AutoCad e renderizzato fico in 3D, ché disegnare oggi non si usa più, è tutta roba superata? E se poi l’eccellente Paolucci gli avesse detto che quel coso lì era brutto? No, no, meglio non disturbare… “queta non movere”…

“L’allestimento interno del padiglione è pensato in modo da suscitare l’attenzione dei visitatori su alcuni aspetti e problemi, continuamente evidenziati da Papa Francesco” è quanto dice monsignor Pasquale Iacobone, responsabile del “Dipartimento Arte e Fede del Pontificio Consiglio della Cultura”, insieme con il cardinale Gianfranco Ravasi a capo della “Commissione della Santa Sede per l’Expo”.

Su una parete della “scatola” pare si preveda l’alternanza di un dipinto del Tintoretto proveniente dalla chiesa di San Trovaso a Venezia e di un arazzo di Rubens, che invece è dal Museo diocesano di Ancona.

Ancora una volta mi domando: Con tutto il “Ben di Dio” – è questo proprio il caso di dirlo – presente appunto ai “Vaticani” non c’era altro da esporre? Non è l’Arte il motore di tutto questo, non è un’elevazione verso Dio e il prossimo attraverso la Bellezza, ma è un insieme di installazioni multimediali con video che raccontano “quello che la carità cristiana già realizza nelle periferie del mondo”.

Credo sempre più che avesse ragione san Filippo Neri quando disse ai primi, giovani, gesuiti che erano in procinto di partire missionari verso le – allora – lontane Indie: “ Io invece resto qua, perché c’è bisogno di qualcuno che insegni il Vangelo ai romani”.

Ecco, questo sarebbe stato – sempre a mio ancor più immodesto avviso – il compito di una presenza della Santa Sede all’Expo 2015, rendere testimonianza attraverso l’Arte e la Cultura, entrambi motori per la Carità, cercando di insegnare non più soltanto ai romani, ma al mondo intero come la Bellezza, e non le chiacchiere appunto, migliori l’uomo che “non vive di solo pane”.

totalita.it

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