Duomo, l’appello interreligioso «Da Milano il ponte tra le fedi»

«Cominciamo qui, nella città in cui abitiamo vicini, a conoscerci, a parlarci, a capirci: la tragedia dei nostri fratelli cristiani in Iraq ci responsabilizza». Le parole di Ibrahim Gabriele Iungo – milanese, 29 anni, studioso di scienze islamiche tradizionali all’università di Medina – sono una sintesi dell’incontro tra le religioni di ieri sera, alla Sala delle Colonne del Museo del Duomo. Un appuntamento promosso dal cardinale Angelo Scola, dalla Diocesi di Milano e dal Tribunale rabbinico del Centro-nord, per riflettere e pregare sulle persecuzioni della minoranza cristiana nel nord dell’Iraq. Ma l’invito era esteso ai fedeli e ai rappresentanti di ogni religione, islamica sopratutto. E tutti hanno aderito. C’è anche un monaco buddista e, a sorpresa, si è presentato anche il sindaco, Giuliano Pisapia, in prima fila insieme alla moglie.

«Fermare il male»

Alla vigilia di Ferragosto, dunque, a Milano si parla di terre lontane e, allo stesso tempo, si confrontano le comunità religiose che abitano la città. Inizia don Georges Jahola, prete della diocesi di Mosul, che testimonia la drammatica evoluzione dei fatti nel sua città e tra i cristiani della Piana di Ninive, perseguitati e costretti alla fuga: «Io stesso non posso tornare a casa mia – spiega – improvvisamente non sono più un cittadino iracheno». Quindi tocca al rabbino Giuseppe Laras che si dice «preoccupato e indignato anche per il sostanziale silenzio che sta accompagnando questa vicenda». E manda un messaggio forte e delicatissimo: «La pace è un concetto dinamico, va costruita, anche combattendo». Ma aggiunge poi: «Noi dobbiamo continuare a essere popoli che santificano la vita, a vivere di onestà, bontà e misericordia, farci coinvolgere sarebbe la sconfitta di tutti». Il professor David Meghnagi insiste sul punto: «Il male va fermato». E invita i fedeli delle grandi religioni monoteiste a «costruire ponti», dialogare «sul concetto di cittadinanza politica, cioè non basata sull’appartenenza religiosa».

Solidarietà agli iracheni perseguitati

Il vicario generale della Diocesi di Milano, Mario Delpini, parla del «senso di smarrimento e impotenza» dei cristiani, per poi concludere che «forse è la fatica del mondo occidentale a credere a farci sentire perduti». Anche Asfa Mahmoud, della casa della cultura islamica di via Padova, scandisce la sua condanna «da musulmano» per quanto sta accadendo a Mosul: «L’Islam è contro la violenza, chi pratica quelle persecuzioni non è un vero islamico. Io sono nato e cresciuto in un paese musulmano, e mai sono stato educato alla violenza». Più volte ritorna il riferimento al bacino del Mediterraneo, «culla delle civiltà», dove sono nati gli alfabeti e, anche, del pericolo del dilagare degli scontri, perché in fiamme ci sono anche Gaza e la Siria. «Siamo qui insieme perché non vogliamo e non possiamo tacere», dice il vicario episcopale Luca Bressan. E il sindaco Pisapia rilancia ribadendo che «è importante non voltarsi dall’altra parte» e quindi «saper offrire aiuto e accoglienza a coloro che fuggono da situazioni drammatiche».
La Caritas Ambrosiana, intanto, lancia una raccolta fondi «per aiutare i profughi di fede cristiana e della minoranza etnica Yazidi». I fondi raccolti saranno inviati direttamente a Caritas Iraq che già sta assistendo nel nord dell’Iraq e in tutto il Paese circa 1 milione e mezzo di profughi.

di Giampiero Rossi – corriere.it

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