Cattolici adieu

C’era una volta il curato di campagna. Che in Francia rischia di sparire, stretto tra l’islam e il dilagante laicismo di stato

Il mensile laico e libertario Causeur titola così: “La fine della Francia dei campanili?”. Fino alla scorsa settimana le campane della chiesa di Boissettes, un comune di cinquecento abitanti nel distretto della Senna, suonavano ogni mezz’ora. Poi, la corte amministrativa di Parigi le ha fatte cessare, in presunta violazione della legge del 1905 sulla separazione di stato e chiesa. La giustizia, infatti, ha ritenuto che la legge sulla laicità fa della struttura un bene comunale, ma il suo utilizzo, come quello delle campane, era di natura religiosa. La storia di Boissettes sembra il perfetto epitaffio a un saggio apparso dieci anni fa a firma della studiosa di religioni Danièle Hervieu-Léger, “Catholicisme, la fin d’un monde”. A rileggerlo oggi appare a dir poco profetico.

La sociologa francese usava un termine, “exculturation”, che non faceva pensare a una battaglia ancora aperta, ma a una partita finita. La società francese continua la sua strada all’insegna della modernità, procedendo svelta e spedita verso l’“exculturation” del cattolicesimo, la sua estromissione, la sua irrilevanza.
Altro che Francia come “fille aînée de l’Eglise”, figlia primogenita e prediletta della chiesa. Il paese di Emmanuel Mounier, di Georges Bernanos, François Mauriac, Jacques Maritain, Teilhard de Chardin, la Francia cattolica è in tragico declino, presa fra due fuochi, il laicismo di stato e l’islam. “In circa quaranta anni la Francia è diventata la nazione dell’Europa occidentale dove la popolazione di origine musulmana è la più rilevante”, ha scritto anche l’Osservatore Romano, tanto che, comparando i dati statistici su cattolici e musulmani praticanti “è ipotizzabile il sorpasso dell’islam sul cattolicesimo francese”.

Commentando il caso della chiesa di Boissettes, il celebre scrittore Renaud Camus è stato chiaro: “Il laicismo è il cavallo di Troia della conquista musulmana. In questo gioco, l’islam vince sempre. Nessuna nazione, nessun popolo, nessuna civiltà può sopravvivere se sostiene questa regola suicida”. Il riferimento è alla chiesa di Saint-Eloi de Vierzon, fra la Loira e la Borgogna. Messa in vendita per mancanza di fedeli, la chiesa è stata “scristianizzata” e venduta a una comunità islamica.
Il più noto leader islamico, Dalil Boubakeur, rettore della gran moschea di Parigi, ha ipotizzato che il numero delle moschee in Francia raddoppierà fino a quattromila, per soddisfare la domanda. Al contrario la chiesa cattolica ha chiuso più di sessanta edifici sacri, molti dei quali sono destinati a diventare moschee, secondo una ricerca del quotidiano la Croix. “Dio ha cambiato indirizzo”, ha titolato il Monde. Jean-Claude Chesnais, autorevole demografo francese, non ha dubbi: “Ci sarà una ibridazione di culture che porterà a una rapida islamizzazione”. Anche demograficamente, l’islam è vincitore. I non musulmani crescono al ritmo di 1,2 figli per famiglia, mentre le famiglie islamiche fino a cinque volte più rapidamente. Negli ultimi trent’anni sono state costruite in Francia più moschee e centri di preghiera musulmani di tutte le chiese cattoliche edificate nel secolo scorso. Monsignor Vingt-Trois, l’arcivescovo di Parigi, ha scritto che “gli abitanti dei villaggi francesi che ogni domenica avevano l’esperienza di una chiesa piena adesso hanno una messa ogni due mesi in una chiesa per tre quarti vuota”.

E quando non vengono convertite all’islam, spesso le chiese francesi vengono distrutte. Saint-Blaise du Breuil, nell’Allier, Saint-Pie-X nell’Hérault e Saint-Jacques d’Abbeville nella Somme sono soltanto alcuni dei casi più celebri di storici edifici cattolici rasi al suolo per mancanza di fondi e fedeli. Ma secondo il Senato francese, quasi tremila edifici religiosi rischiano oggi di fare la stessa fine.
Lo storico dell’arte Didier Rykner, che con la rivista Tribune de l’Art guida la campagna per la preservazione del patrimonio cristiano, ha scritto che “è dalla Seconda guerra mondiale che non si vedevano chiese ridotte in macerie”.

Lo status del cattolicesimo in Francia è una cartina di tornasole per capire il suo destino nel resto d’Europa. Soltanto un francese su venti oggi partecipa alle funzioni cristiane. Parlando alla Bbc, padre Innocent Feugna racconta bene la situazione nella sua parrocchia a St Pierre de Guise, nel nord della Francia: “Qui predico ai pensionati, mentre in Camerun la messa è animata, viva, piena di bambini e adulti”. Così, il numero di preti stranieri è triplicato negli ultimi otto anni.

Secondo la Conférence des évêques de France, soltanto 97 sacerdoti sono stati ordinati in tutto il paese l’anno scorso. Si è passati così dal “curé de campagne” immortalato dal romanzo di George Bernanos al prete africano importato per sopperire alla penuria di sacerdoti. La Francia oggi conta appena novemila preti, contro i 40 mila durante la Seconda guerra mondiale. Per questo i vescovi francesi hanno persino lanciato una campagna di reclutamento di nuovi religiosi. Il motto è “Pourquoi pas moi?”. Perché non me? Anche il numero di battezzati in Francia è calato del venticinque per cento dal 2000, mentre il numero di matrimoni religiosi è sceso addirittura del quaranta.

Gli stessi vescovi francesi sono ormai totalmente sulla difensiva. Il fenomeno ebbe inizio nel 1974, durante i dibattiti che portarono alla votazione della legge Veil che legalizzò l’aborto. “Un silenzio assordante segnò la chiesa”, scrive il settimanale Valeurs Actuelles. “Nel 1999 più di centomila francesi scesero in piazza contro i ‘pacs’, tra cui molti cattolici, ma nessun vescovo era presente”. Scrive Laurent Dandrieu su Valeurs Actuelles, che “a parte il coraggioso e isolato cardinale Lustiger, la chiesa francese raramente ha interrotto il suo silenzio, prendendo la difesa dei clandestini. Quando fu tentata di lasciare questo tema ‘benpensante’, è stata ricacciata nelle sagrestie dai sostenitori della laicità, perché la religione dovrebbe essere limitata alla sfera privata”.

L’Institut français d’opinion publique, non in odore di essere anticristiano, ha diffuso dati drammatici: dal 1965 al 2009, il numero di francesi che si dicevano “cattolici” è passato dall’81 per cento al 54. L’Institut rivela altro: due francesi su tre ritengono i cristiani “sufficientemente visibili” nella società, ma ben quattro su dieci dicono di non conoscere tra i loro familiari e amici nessun cristiano “praticante o attivo nella vita della chiesa”; a domanda su quale sia la missione principale della chiesa, la stragrande maggioranza dei francesi indica “lottare contro la povertà” e “agire per la pace nel mondo”; il 62 per cento dei francesi si dice d’accordo con l’affermazione: “Tutte le religioni si equivalgono”. E tra i cattolici praticanti la quota è addirittura superiore: il 63 per cento.

La frequenza domenicale alle funzioni religiose è scesa dal 27 al 4,5 per cento, tanto che i cattolici osservanti, i famosi “catholiques pratiquants”, sono diventati una eccentricità in Francia. Le statistiche del gruppo tradizionalista Paix Liturgique denunciano che il declino cattolico è più acceso e vistoso nelle diocesi più progressiste. Ma sarebbe riduttivo giudicare questo fenomeno di radicale secolarizzazione come uno scontro fra correnti cattoliche. In tutta Parigi nel 2009 ci sono state soltanto dieci ordinazioni sacerdotali, sette nel 2010, quattro nel 2011. Ci sono ormai grandi diocesi, come Pamiers, Belfort e Agen, rimaste senza seminaristi. La regione che ospita il santuario mariano più noto e amato al mondo, Lourdes, è quasi ormai interamente scristianizzata e resa agnostica. Le uniche chiese che crescono sono quelle evangeliche protestanti e qualche comunità lefebvriana. Gli evangelici in Francia erano 60 mila nel 1940, mentre oggi sono 500 mila. Tremila sono le chiese evangeliche, un terzo delle quali edificate negli ultimi vent’anni.

Una eccentricità da mettere perfino sotto sorveglianza ideologica. E’ quanto ha fatto il ministro dell’Interno, Manuel Valls, che tramite i prefetti ha deciso di mettere sotto osservazione i gruppi sospetti di “patologia religiosa”, ovvero islamisti, ebrei ortodossi e cattolici militanti. “In questo progetto di estremismo secolarista si compara in modo fraudolento una scelta di vita con atti terroristici e criminali”, ha scritto la giornalista francese di Présent, Jeanne Smits.

A sfidare l’identità della Francia cattolica c’è il numero impressionante di convertiti all’islam. A Cretéil, nel cuore del quartiere borghese di Parigi, c’è un edificio moderno, spazioso ed elegante noto come “la moschea dei convertiti”. Ogni anno circa 150 cerimonie di conversioni musulmane vengono eseguite in quella struttura con uno splendido minareto di 81 metri, costruito nel 2008 e simbolo della forte presenza dell’islam in Francia. Tra coloro che vanno lì a pregare il venerdì ci sono anche numerosi giovani ex cattolici, che oggi indossano il tradizionale berretto da preghiera musulmano e la lunga veste. Le conversioni all’islam sono raddoppiate negli ultimi venticinque anni. “Il fenomeno della conversione è significativo e impressionante, soprattutto a partire dal 2000”, ha detto Bernard Godard, che si occupa di questioni religiose al ministero dell’Interno. I convertiti all’islam oggi sono centomila, mentre erano 50 mila nel 1986. Le associazioni musulmane dicono che il numero in realtà è di duecentomila. Difficile stabilirlo, perché la Francia non ha statistiche ufficiali per etnia e religione. In alcune zone a maggioranza musulmana anche i non musulmani hanno iniziato a osservare il Ramadan. A Marsiglia, sulla costa meridionale, “le conversioni sono aumentate a un ritmo incredibile negli ultimi tre anni”, ha detto Abderrahmane Ghoul, imam della grande moschea di Marsiglia e presidente della sezione locale del Consiglio francese del culto musulmano. Soltanto Ghoul ha firmato 130 certificati di conversione nel 2012. Tante le celebrità. Come Nicolas Anelka, che ha cambiato il suo nome in Abdul-Salam Bilal Anelka quando si è convertito all’islam nel 2004. Oppure Franck Ribéry, un altro giocatore che si è convertito e che ha assunto il nome di Bilal Mohammed Yusuf. Nel 2009, una fotografia della rivista Paris Match mostra Diam, una popolarissima rapper, che indossa un copricapo islamico a Parigi.

Alcuni giorni fa a Gesté, i cittadini hanno detto addio alla loro storica chiesa, la fase finale di quella che si chiama, in gergo derridiano, “decostruzione”. La chiesa neogotica di Saint-Pierre-aux-Liens, costruita tra il 1854 e il 1870 e dedicata a San Pietro, era rimasta vuota dal 2006, a causa del deterioramento e della mancanza di fedeli. Il consiglio comunale ha stabilito che ripararla sarebbe costato 4,05 milioni di euro, contro i 1,9 milioni per demolirla e costruirne una nuova, più piccola e “adatta alla situazione”.

La chiesa di Gesté sorgeva sulle rovine di un’altra chiesa, distrutta dalle armate illuministe di Robespierre. Alcuni commentatori hanno scritto che il destino della chiesa di Saint-Pierre-aux-Liens è un po’ il simbolo della decristianizzazione del paesaggio francese, una sorta di ritorno al destino voluto per la Francia due secoli fa. E’ la guerra fra “il cubo e la cattedrale”, dal titolo di un vecchio saggio di George Weigel, fra la Grande Arche de la Défense fatto costruire a Parigi da François Mitterrand come monumento alla scintillante modernità laica, e la Cattedrale di Notre-Dame, ormai ridotta a museo. In questo conflitto, è il cubo che sembra avere la meglio sulla cattedrale. Con l’incognita di una grande mezzaluna che sovrasta entrambi.

© – FOGLIO QUOTIDIANO

di Giulio Meotti

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