Legionari di Cristo, il Vaticano ammette: 63 anni di silenzio sugli abusi sessuali del capo

Il prefetto João Braz de Aviz ha riconosciuto che la sede pontificia era consapevole della colpevolezza del padre fondatore dei Legionari di Cristo
La Congregazione per gli istituti di vita consacrata, uno dei nove dicasteri della Curia romana, ha riconosciuto che il Vaticano era in possesso dal 1943 di documenti probatori sulla pederastia di Marcial Maciel (1920-2008), il fondatore dei Legionari di Cristo. Il prefetto João Braz de Aviz, a capo della Congregazione dal 2011, ha dichiarato alla rivista spagnola Vida Nueva che “chi lo ha coperto era una mafia, non rappresentava la Chiesa”. “Ho l’impressione che le accuse di abuso cresceranno”, ha continuato de Aviz, “ci siamo nascosti per tutti questi anni anni ed è stato un errore enorme”.

La congregazione religiosa “Legionariorum Christi”, è un istituto religioso maschile fondato da Marcial Maciel Degollado nel 1941, a Città del Messico. Già nel 2006, il quotidiano spagnolo El Paìs aveva riportato che Marciel si era trovato sotto osservazione investigativa dall’ottobre del 1956 al febbraio del 1959, per volontà del cardinale Alfredo Ottaviani. Durante quel periodo, Maciel fu sospeso dal suo ruolo di generale superiore e allontanato da Roma, senza però reali conseguenze sul lungo periodo.

Nello stesso anno, il 2006, il Vaticano riconobbe la colpevolezza di Maciel a seguito di un’indagine autorizzata anni prima dall’allora cardinale Ratzinger. Il processo canonico gli fu risparmiato per “età avanzata e salute cagionevole”, ma Benedetto XVI lo condannò comunque a “una vita riservata di preghiera e penitenza”. Come si apprende dalle ultime scoperte sul caso, la sede pontificia era in possesso delle prove di colpevolezza del fondatore dei Legionari già da più di 60 anni.

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La “tolleranza zero” di Ratzinger

Esaltato in vita da Giovanni Paolo II, fu Benedetto XVI a mettere di nuovo la figura del “Nuestro Padre” di Maciel e di tutta la Legione sotto attenta vigilanza. Durante gli anni da Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, Ratzinger si era già distinto per il suo impegno nella lotta alla pedofilia. Durante la via Crucis del 2005, l’allora cardinale si era pronunciato pubblicamente contro la sporcizia della Chiesa: “Quanta sporcizia c’è nella Chiesa”, aveva detto,  “e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a Cristo”.

Il suo posizionamento fu evidente anche nel 2010, anno in cui la Chiesa cattolica irlandese dovette fare i conti con la pubblicazione dei rapporti Ryan, Murphy e Cloyne. I documenti portarono alla luce mezzo secolo di abusi negli istituti correttivi, di fronte ai quali Ratzinger annunciò provvedimenti concreti contro “questi atti peccaminosi e criminali” e nei confronti del modo in cui le autorità della Chiesa d’Irlanda li avevano trattati. La punizione di Marcial Maciel e della sua organizzazione per mano di Ratzinger fu rigorosa, senza, però, arrivare a decretarne la fine. Uno dei provvedimenti simbolici nei confronti di Maciel fu il divieto di attribuirgli l’appellativo “Pater Nostrum”.

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Sala Stampa e Vaticano

Nel frattempo, il Vaticano deve far fronte a un’altra problematica interna. Continuano, infatti, le dimissioni nella Sala Stampa della Santa Sede: dopo la decisione presa dal direttore Greg Burke, anticipata da diverse settimane, arriva anche la rinuncia della vice direttrice Paloma García Ovejero. I due gesti, sono stati annunciati anche su Twitter dai due coinvolti:

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