La Chiesa cat­to­lica ha molta strada da fare, la pedofilia è in parte collegata al celibato dei preti. Preti sposati risorsa

Ha scosso il mondo cat­to­lico l’inchiesta sui preti pedo­fili ini­ziata negli Usa alcuni anni fa ed ora alla Mostra arriva l’atteso Spo­tlight di Tom McCar­thy, un altro film in pro­gramma (fuori con­corso) che affronta un tema ispi­rato alla realtà. Per­fetto film di genere, è una mac­china senza sba­va­ture ambien­tato nel mondo del gior­na­li­smo ame­ri­cano, uno di quei film che perio­di­ca­mente arri­vano a fare sen­sa­zione come gli eventi che li hanno ispi­rati (il Water­gate ad esem­pio), con figure emble­ma­ti­che a soste­nere il rac­conto. Si muove alla per­fe­zione il regi­sta Tom McCar­thy, nato nel New Jer­sey con studi a Boston, che ha fir­mato tra gli altri i film Sta­tion Agent (2003), L’ospite inat­teso (2007), anche attore (Good Night and Good Look) e sceneggiatore.

Siamo al Boston Globe, deve arri­vare un nuovo diret­tore e già dalle prime bat­tute entriamo nel lin­guag­gio sca­bro fatto di par­tite di poker, rispo­ste ful­mi­nanti e poche chiac­chiere. I capi redat­tori coor­di­nano (Michael Kea­ton), i cro­ni­sti scal­pi­tano, poi c’è anche una donna (Rachel McA­dams) per par con­di­cio e l’outsider (Mark Ruf­falo), di ori­gine por­to­ghese che non molla la presa fin­ché non arriva in fondo. Ora ha per le mani il caso di un prete che ha mole­stato bam­bini, ma può un gior­nale i cui let­tori sono più della metà cat­to­lici fare causa alla chiesa? La Chiesa ragiona in ter­mini di secoli, potrà il Globe avere tutto que­sto tempo?
Anche il nuovo diret­tore è un per­so­nag­gio che fa scal­pore, dritto allo scopo nel ren­dere indi­spen­sa­bile il quo­ti­diano, in un’epoca (siamo nel 2001) in cui inter­net azzera le ven­dite. Di poche parole, ebreo e non gioca nean­che a golf, ma ha una stra­te­gia in mente e indi­rizza le ricer­che verso una strada di non ritorno, come suc­ce­derà, facendo infine scop­piare un caso di cui ancora si parla.

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È molto inte­res­sante seguire i mec­ca­ni­smo del gior­na­li­smo inve­sti­ga­tivo rac­con­tato nel minimi det­ta­gli: non uscire allo sco­perto se prima l’indagine non sia stata com­ple­tata nei det­ta­gli, nelle prove e nelle testi­mo­nianze. L’indagine durerà infatti parec­chi mesi a par­tire dai tre­dici casi di preti cono­sciuti ai novanta che emer­gono via via, alle inter­vi­ste senza mezzi ter­mini a base di: «la gente vuole sapere i par­ti­co­lari», dove è suc­cesso? quando è suc­cesso?
Il gruppo dei cro­ni­sti è lan­ciato sulle piste dell’avvocato (Stan­ley Tucci) che difende le vit­time di vio­lenze, dell’avvocato che pat­teg­gia diret­ta­mente con la chiesa otte­nendo altis­simi risar­ci­menti (è stato recen­te­mente cal­co­lato in quasi un miliardo di dol­lari negli Usa, 21 milioni solo a S. Fran­ci­sco). E per con­vin­cere i pezzi grossi più reti­centi basterà chie­dere: «Ma tu non vuoi stare dalla parte giu­sta?». Fino ad arri­vare al car­di­nale Law dell’Arcidiocesi (Gio­vanni Paolo lo tra­sferì a Roma, a Santa Maria Mag­giore) che «sa qual­cosa» e che regala al diret­tore del Globe un volu­mi­noso cate­chi­smo dicen­do­gli: «la prenda come una guida di Boston». La Chiesa infatti, viene sot­to­li­neato, è la grande bene­fat­trice di Boston, intorno a lei girano gli affari.

Non si dimen­tica nean­che l’importanza che ha l’archivio in un gior­nale: lì infatti come punto di par­tenza si ritro­vano i rita­gli degli arti­coli su diversi casi che presi sepa­ra­ta­mente non signi­fi­ca­vano molto, ma che quando la rete ini­zia a com­porsi saranno la base su cui costruire. Qual­cuno in pas­sato aveva già inviato nomi e dati, ma non si era dato troppo cre­dito a quelle denunce.
Il grosso osta­colo con­tro cui com­batte il team di cro­ni­sti, il gruppo Spo­tlight da cui prende il titolo il film, è appunto il silen­zio, l’autoassoluzione dei preti, l’omertà della società, il senso di ver­go­gna delle vit­time che costi­tui­sce la leva dei preti pedo­fili per otte­nere il silen­zio. Sono vit­time scelte non a caso tra bam­bini poveri, quasi sem­pre senza padre che vedono nella bene­vo­lenza del loro prete quasi un incon­tro con Dio, ma che spesso poi ricor­re­vano al sui­ci­dio o alla droga. Quelli ancora vivi comin­ciano a rac­con­tare. La quan­tità di casi che emerge sgo­menta: si deve trat­tare di un grande numero di preti, altri­menti non avreb­bero potuto farla franca così a lungo.

Fini­scono con lo sco­prire che si tratta di una per­cen­tuale vicina al 6% del clero e l’elenco dei nomi com­ple­terà la ricerca, messi in riposo o in case di cura per malat­tie men­tali una volte sco­perti, ma senza per que­sto abban­do­nare il sacer­do­zio. Una cul­tura della clan­de­sti­nità che con­fligge pesan­te­mente in ogni caso con l’etica pro­te­stante domi­nante nel paese. Por­tare alla luce, far par­lare, fuori i nomi e le cifre. Nel frat­tempo ricor­diamo che il car­di­nal Ratzin­ger dall’Italia inter­ve­niva con­tro i media ame­ri­cani che get­ta­vano discre­dito e si dovrà aspet­tare papa Fran­ce­sco per la con­danna defi­ni­tiva por­tando in giu­di­zio per abuso di uffi­cio i vescovi che non abbiano dato seguito alle denunce degli abusi sui minori.
Nel film l’attenzione mag­giore è data dalla ricerca della verità, dal mec­ca­ni­smo e dalla stra­te­gia gior­na­li­stica più che dalle riper­cus­sioni sul mondo cat­to­lico. Il caso in tutta la sua ana­lisi par­ti­co­la­reg­giata (si parla di 7000 preti coin­volti negli Usa) viene pub­bli­cato nel 2002 e diventa mate­ria esplo­siva prima nel paese e poi nel mondo intero. Nel 2003 l’inchiesta valse il Puli­tzer come miglior ser­vi­zio pub­blico. «È per que­sto genere di cose che fac­ciamo que­sto lavoro» sarà il com­mento con­clu­sivo, che non deve essere sfug­gito ai veri cro­ni­sti del Globe se a tratti hanno tro­vato il film un po’ sur­reale, non pote­vano lasciarsi sfug­gire la bat­tuta finale.

Il regi­sta ha dichia­rato di non aver voluto essere distrut­tivo, ma mostrare la verità e che Mark Ruf­falo, un attore assai impe­gnato nel sociale, ade­ri­sce per­fet­ta­mente al per­so­nag­gio di Mike, il cro­ni­sta d’assalto. Alle­vato nella reli­gione cat­to­lica, dagli inse­gna­menti di Gesù ha tratto i suoi valori come atti­vi­sta della giu­sti­zia sociale, inse­gna­menti che il regi­sta con­di­vide.
Aggiunge anche tutti col­le­gano la pedo­fi­lia con il celi­bato dei preti: «Que­sta non è l’unica ragione, dice, ma qual­cosa si è infranto nell’istituzione. La gente cerca un col­le­ga­mento umano e c’è qual­cosa di bello in quello che annun­cia Fran­ce­sco, qual­cosa di sem­plice. La Chiesa cat­to­lica ha molta strada da fare, se fosse più aperta molte ferite si guarirebbero».

Il Manifesto

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