La sfida di Ruffalo: “Il Papa veda il film sui preti pedofili”

Applausi a scena aperta da critica e pubblico per uno dei film più attesi e più scottanti della 72ma Mostra di Venezia, “Spotlight” (fuori concorso) del regista Thomas McCarthy, con Mark Ruffalo e Stanley Tucci. La pellicola, destinata a far discutere soprattutto in Italia, ripercorre le vicende dei giornalisti del Boston Globe grazie ai quali sono stati portati alla luce gli abusi sui minori da parte di molti sacerdoti statunitensi. Ruffalo interpreta un cronista testardo, una delle colonne del Boston Globe, mentre Tucci fa l’avvocato impegnato nel caso: nel cast ci sono anche Rachel McAdams, Michael Keaton e Liev Schreiber per raccontare una storia ispirata al Watergate cattolico del 2002. Una lunga serie di abusi perpetrati da cinque preti su decine di minori a Boston, centinaia di fascicoli pubblicati con testimonianze di abusi praticati persino su bambini di 10 anni, un orrore andato avanti per decenni prima che arrivasse un’inchiesta giornalistica a scoperchiare lo scandalo.

«Sono conscio della responsabilità della storia e dell’argomento delicato – ha detto ieri il regista al Palazzo del Casino – Il film parte dal tradimento della fede, ho fatto una grande ricerca dopo la fine del caso che si chiuse nel 2002. Questi carnefici praticavano abusi fisici e violenze verbali: per molte di queste persone perverse la religione contava molto, ma solo apparentemente. Papa Francesco è straordinario, ma una cosa è parlare e una cosa è arrivare ai fatti, la Chiesa deve fare di più. Vorrei che tornasse il giornalismo con gli stivali, con i reportage, basta con quei piccoli servizi on line che hanno allontanato i lettori dai giornali. Il mio non è un film contro la Chiesa, ho semplicemente raccontato i fatti così come sono avvenuti. Dobbiamo poter proteggere le persone da questo tipo di problema: la Chiesa deve aprirsi, ma il lavoro da fare è ancora molto lungo».

Ruffalo che interpreta il giornalista Michael Rezendes, il quale proprio grazie a questa inchiesta vinse il Pulitzer nel 2003, auspica che «il Papa, i vescovi, i cardinali e i preti, vadano a vedere il film, perché non tradisce la Chiesa ma mostra la sua parte oscura. La Chiesa deve prendere le sue precauzioni e approfittare per curarsi le ferite». Ferite che sono finite in tribunale con indennizzi da 80milioni di dollari, mentre il cardinale Bernard Francis Law (interpretato da Len Cariou), arcivescovo di Boston dal 1984 al 2002, che sorprendentemente venne trasferito da Giovanni Paolo II nella Basilica di Santa Maria Maggiore, tutt’oggi vive a Roma, nel Palazzo della Cancelleria, di proprietà del Vaticano.

Due i film in concorso: “Looking for Grace” (una coppia alla ricerca della figlia scomparsa) della regista australiana Sue Brooks, all’esordio in laguna con un road movie interpretato da Richard Roxburgh, Radha Mitchell, Odessa Young, Terry Norris, Harry Richardson; e “Beasts of No Nation” di Cary Kukunaga, interpretato da Idris Elba e basato sull’omonimo romanzo di Uzodinma Iweala: è la storia drammatica del giovane Agu, reclutato per combattere una guerra civile in un paese africano.

Due, infine, i documentari, quello prodotto da Netflix, “Winter on fire”, con racconti di gente comune che affronta disarmata le milizie e immagini shock come quelle di un manifestante che nel tentativo di aiutare un ferito viene ucciso da un cecchino: è la cronaca della protesta diventata una rivoluzione in Ucraina, tra fine 2013 e inizio 2014, diretto dal russo Evgeny Afineevsky. L’altro è invece il documentario italiano “Italian Gangster” di Renato De Maria (sezione Orizzonti), distribuito da Luce Cinecittà, che lo ha anche prodotto in associazione con Minerva Pictures. È un viaggio inedito e spettacolare nelle imprese più eclatanti della mala nostrana, dal dopoguerra al boom economico, con filmati d’epoca della banda Cavallero, del “Dillinger bolognese”, di Luciano Lutring (il solista del mitra che frequentava alberghi di lusso e ballerine) e tanti altri, con testimonianze di giornalisti come Biagi, Bocca e Montanelli. Tra i personaggi sbarcati sul Lido, oltre a Sokurov, il più atteso è Johnny Depp, boss malavitoso in “Black Mass” di Scott Cooper: negli anni Settanta a Boston, l’agente dell’Fbi John Connolly (Edgerton) convince il gangster irlandese Jimmy “Whitey” Bulger (Depp) a collaborare con l’Fbi per eliminare il nemico comune: la mafia italiana. Ma tutto degenera, permettendo a Whitey di eludere la legge, consolidare il potere e diventare uno dei più spietati gangster americani.

Dina D’Isa

iltempo.it

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