Timothy M. Dolan, l’”Americano a Roma” ora studia da Pontefice
di Luciano Lombardi
Durante il suo discorso alla cerimonia di nomina dei 22 (compreso lui) nuovi cardinali che si è svolta sabato in Vaticano è riuscito a stregare il Concistoro tutto. Ma soprattutto ha colpito lui, Benedetto XVI che, in uno slancio di entusiasmo, era quasi commosso, tanto è stato “entusiasmante, gioioso e profondo”.
Standing ovation, quindi, per il neo-cardinale Timothy Dolan, che con il suo italiano stentato e rudimentale, da perfetto Americano a Roma, ha tenuto fede al suo personaggio – un mix di carisma, anticonformismo e rigore teologico – sfornando una dissertazione appassionata ed efficace.
Un po’ teologo e un po’ prete di strada questo 62enne corpulento che ama il baseball, la cucina italiana e chatta con i suoi pari da un capo all’altro del mondo. Davanti al Papa e ai colleghi ha impostato la sua riflessione sulla Chiesa che è – e sulla Chiesa che dovrebbe essere – a partire dalla sua esperienza quotidiana, ricca di aneddoti, citazioni letterarie e chiamando in causa perfino un film, The Way, in cui uno strepitoso Martin Sheen arriva in Francia per farsi consegnare i resti di suo figlio morto durante una tempesta mentre percorreva El Camino de Santiago de Compostela.
Tra una battuta e l’altra, Dolan è riuscito così a illuminare il suo auditorio porpora entrando subito nel cuore della sua tesi: la necessità di sperimentare una nuova forma di evangelizzazione, soppiantando rapidamente quella attuale ormai stantìa. E proponendo poi anche gli ingredienti giusti per arrivare all’obiettivo: comunicatività, molti sorrisi e poche sopracciglia abbassate.
Uno che parla bene, dunque, questo cardinale sui generis, ma che altrettanto bene razzola, mettendo al servizio della causa prima di tutto il suo di entusiasmo, abbinato a una carica emotiva e un coraggio che negli anni non si è sottratto davanti a nessuno. Neppure di fronte al suo Presidente, più volte criticato in materia di sanità e di welfare. Neppure quando si è trattato di scoperchiare la pentola irlandese sulla questione dei preti pedofili, difendendo il suo operato anche con una dura presa di posizione – sul proprio blog – nei confronti del New York Times e che in tutta risposta, nei giorni scorsi, gli ha dedicato una sequenza di ritratti più “da macchietta” che da autorevole figura del clero.
Tutto ciò non è sfuggito ai media americani che già lo descrivono come l’homo novus della Chiesa Cattolica, colui che, dall’alto del proprio sorriso, potrebbe seppellire quella regola non scritta che considera i cardinali statunitensi come difficilmente eleggibili al sommo pontificio.
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