Il lavoro teatrale “Sul concetto di volto del Figlio di Dio” scandalizza, perché mette in scena la decadenza umana, il dolore. E ne chiede conto al Dio giusto, del bene, dell’amore
Il lavoro teatrale “Sul concetto di volto del Figlio di Dio”
scandalizza, perché mette in scena la decadenza umana, il dolore. E ne
chiede conto al Dio giusto, del bene, dell’amore.
Questa domanda accompagna ogni credente.
E come credente. mi sono travato tante volte a “litigare” con Dio per la
sofferenza che si abbatte su persone già provate.
Poi ho capito che Dio non è Zorro.
Ma che sono io la provvidenza degli altri. Con il mio impegno.
E così, nella laicità della mia responsabilità, trovo del tutto normale
agire con chi non crede in Dio, per ridurre sofferenza e ingiustizia.
Perché entrambi crediamo nell’uomini che hanno bisogno di aiutarsi
reciprocamente.
Un legame che nello spettacolo teatrale è descritto dallo sforzo del
figlio di curare il vecchio padre, che continua a perdere escrementi.
La dissenteria diventa così la metafora brutale della precarietà umana
e genera disgusto solo se si ha un’idea infantile di Dio come di un
giovane biondo e mondo.
Invece Dio è pieno di piaghe, ha fame e puzza, perché ha scelto di
essere identificato nel povero ferito, digiuno e sporco.
Il vero scandalo non è la dissenteria delle viscere, ma la stitichezza
del cuore.
Massimo Marnetto
Pubblicato da don Franco Barbero