Non solo stipendi: dalle Asl incensi, candele e il vino per la messa in ospedale

Anche diaconi assunti in tutta Italia. Che non fanno voto di povertà e in molti casi  tengono tutto lo stipendio per loro (ndr). 

Ventiquattro mila euro all’anno come compenso per l’assistenza spirituale cattolica in ospedale: questo lo stipendio base di uno dei religiosi assunti dalle aziende sanitarie locali in Sardegna. Iseicento mila euro che la sanità sarda spende per 25 persone negli ospedali di tutta l’Isola comprendono anche oneri previdenziali, tredicesima e tasse variema non gli extra: per alcuni ci sono anche indennità per anzianità e compensi di produttività. L’Asl di Sassari, ad esempio, nel 2016 ha versato a uno dei suoi tre dipendenti 1.353 euro come compenso di produttività e 1.034 euro come altri compensi per ‘particolari condizioni di lavoro’; quella di Sanluri ha aggiunto allo stipendio 2.316 euro come indennità di anzianità, quella di Cagliari ne ha versato 4.864. Questi soldi vengono accreditati all’assistente religioso il quale però non li tiene per sé: ce lo dice un articolo pubblicato dal settimanale cattolico ‘L’Avvenire’, secondo cui “ferma restando la copertura assicurativa a favore del cappellano, che è obbligatoria e personale a tutti gli effetti, il trattamento retributivo confluisce all’Ordine di appartenenza per effetto del voto di povertà dell’interessato”.

Il sacerdote che porta conforto ai malati ha anche diritto a locali di alloggio e ufficio, vitto gratuito nella mensa, fotocopiatore, parcheggio per poter accedere con l’auto a qualsiasi ora: lo prevedono leconvenzioni che le diocesi hanno firmato con le Asl sarde in attuazione della legge regionale 13 del 1997, ‘Disciplina dell’assistenza religiosa nelle strutture di ricovero delle aziende sanitarie’. Non solo: il sistema sanitario assicura anche l’uso di cappella con sacrestia e relativi arredi, e poi attrezzature, accessori e una sala riunioni per le esigenze pastorali.

A carico dell’azienda anche spese per luce, acqua, riscaldamento, telefono e pulizia, e poi ostie, candele e fiori, arredi sacri, eventuale impianto diamplificazione,incensi, foglietti e libri liturgici e “quanto è necessario per una decorosa celebrazione liturgica”. E, ovviamente, il vino per la messa. Naturalmente i fedeli possono dare una mano per queste spese, come ci ricorda un avviso affisso nella cappella dell’ospedale ‘Brotzu’ di Cagliari (nella foto accanto): “Chi desidera contribuire al decoro della cappella, fiori, olio lampada, ostie o altro, si rivolga ai cappellani. Grazie”.

Impossibile calcolare queste cifre dato che finiscono nella voce del budget “Spese non sanitarie”. L’Uaar, Unione atei e agnostici e razionalisti, ha provato a quantificare tutti gli extra per il culto cattolico negli ospedali nell’inchiesta “I costi della chiesa”, pubblicata nel 2013 per le edizioni Nessun Dogma: 200 euro al mese, che moltiplicati per 25 assistenti religiosi solo in Sardegna diventano cinquemila euro mensili, sessanta mila in un anno.

(In foto la cappella dell’ospedale ‘Binaghi’ di Cagliari)

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