Vaticano: malcontento verso Papa Francesco e le mosse dopo la morte di Ratzinger per prossimo Conclave

Vaticano, gli occhi sul «Conclave»: il fronte dei tradizionalisti per opporsi a Francesco

di Massimo Franco in roma.corriere.it

Vaticano, gli occhi sul «Conclave»: il fronte dei tradizionalisti per opporsi a Francesco
«Se in Conclave sarà eletto un altro Bergoglio, per la Chiesa sarà una tragedia…». Il funerale del papa emerito Benedetto non era stato ancora celebrato, quando uno dei cardinali tradizionalisti più in vista ha iniziato il tamtam della guerra di logoramento con Francesco. Dal 31 dicembre, giorno della scomparsa di Joseph Ratzinger, il tema non sembra quello di come raccordarsi col pontefice argentino alla ricerca di una ricucitura. Su questo, le speranze ma anche la voglia di una tregua appaiono esili. La vera questione, per i suoi avversari, è come impedire che Jorge Mario Bergoglio riesca a condizionare il prossimo Conclave.

Le bordate sorprendenti arrivate contro Francesco dal segretario personale di Ratzinger e prefetto della Casa pontificia, monsignor Georg Gaenswein, sono state viste come l’inizio di una fase apertamente conflittuale. Di certo, riflettono il risentimento di una persona che si è sentita umiliata e costretta a tacere a lungo tra le mura del Monastero per non dispiacere a Benedetto. Ma tra gli avversari di Francesco le sue uscite sono state accolte con una miscela di sorpresa e di imbarazzo. Ne sono in arrivo altre, però.

È in uscita un libro-intervista dell’ex custode della dottrina cattolica, il cardinale Gerhard Muller, con la vaticanista Franca Giansoldati, intitolato «In buona fede», che si preannuncia corposo e profondo nelle critiche al papato argentino. Muller era stato indicato come la personalità su cui puntavano i tradizionalisti. Ma ha sempre rifiutato di schierarsi contro Francesco: pur attaccando duramente i suoi consiglieri e definendo il Monastero dove ha vissuto per quasi dieci anni Benedetto «il luogo dove vanno a curarsi le persone ferite da Francesco. E sono molte…».

Ma questi «feriti» mostrano quanto in realtà il cattolicesimo ortodosso sia esasperato, tutt’altro che compatto, e non ancora pronto a offrire un’alternativa. Per questo ogni mossa compiuta a Casa Santa Marta mette in agitazione una porzione non piccola dell’episcopato mondiale che da anni mugugna per le decisioni del papa. L’accusa di fondo è di avere fatto imboccare alla Chiesa una strisciante deriva «protestante»; di nutrire un pregiudizio sudamericano contro i «gringos»; di preparare un Conclave scegliendo solo cardinali fedeli alla sua linea; e di avere stipulato «un patto col diavolo» per l’accordo segreto con la Cina di Xi Jinping. Eppure l’altroieri Francesco ha ricevuto il cardinale emerito di Hong Kong, Joseph Zen, che era stato arrestato nel maggio scorso e poi rilasciato su cauzione dalle autorità cinesi.

A questo si aggiungono l’irritazione per il «no» alla messa in latino, alla quale ha dato voce monsignor Gaenswein, e per il modo in cui il papa ha accolto a Roma il presidente degli Usa, Joe Biden, inviso all’episcopato del suo Paese per le posizioni morbide sull’aborto. «Bergoglio sta piantando le sue bandierine a ogni nomina cardinalizia», è l’accusa. Nel suo pontificato, fino all’agosto del 2022 ha nominato 113 cardinali, di cui 83 elettori su un totale di 132 elettori. In realtà, ogni elezione papale dimostra come le dinamiche che scattano una volta entrati nella Cappella Sistina sfuggano a qualunque piano preventivo. Si avvertono dunque in queste affermazioni soprattutto la diffidenza e una certa prevenzione contro Francesco; e magari la consapevolezza dei cosiddetti «ortodossi» di non avere una candidatura unitaria e forte da opporre a quella dei cosiddetti «progressisti».

Si scruta il panorama del Collegio cardinalizio, alla ricerca di alleanze trasversali tra gli scontenti di Francesco, presenti anche tra i bergogliani. In questo dibattito opaco e sottotraccia si inseriscono le voci sulla possibile scelta di un italiano. «Francesco tende a escludere che possa accadere, a meno che non si tratti di Matteo Zuppi», presidente della Cei e arcivescovo di Bologna, spiegano nelle alte sfere vaticane. Sarebbe freddo, invece, sul segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin. Ma è indicativo che dal fronte conservatore si additi «la mafia di San Gallo», un gruppo di cardinali progressisti, come regista dell’elezione di Bergoglio nel 2013. E adesso si indichi «la lobby di Trastevere», alludendo alla Comunità di sant’Egidio che ha sede nel quartiere romano e da cui proviene Zuppi.

E pazienza se il presidente della Cei ha fin dall’inizio cercato di superare le divisioni e unire le varie componenti dell’episcopato. Sono veleni che fluiscono mentre sta per riaprirsi il processo controverso nei confronti, tra gli altri, del cardinale Giovanni Angelo Becciu: un’onda di fango soprattutto sulla nomenklatura italiana. Di fatto, anche quella vicenda oscura rientrerà nel «Conclave senza Conclave» che il fronte tradizionalista, e non solo, ha intensificato dopo la morte di Benedetto. E le truppe ecclesiastiche si schierano. Anzi, alcune sono già schierate con e contro Francesco, e contro qualunque candidatura associata al suo nome: a cominciare dai cardinali degli Stati uniti.

I segnali che arrivano da oltre Atlantico sono negativi. Dal 15 novembre scorso è stato eletto presidente dei vescovi monsignor Timothy Broglio, ex segretario di un roccioso conservatore come il cardinale Angelo Sodano, scomparso lo scorso anno, «primo ministro» di Giovanni Paolo II. Broglio, ordinario militare per gli Stati Uniti d’America dal novembre del 2007, è passato per Roma poche settimane fa. E avrebbe descritto una situazione preoccupante per Francesco, al quale sarebbe ostile circa il novanta per cento dei vescovi; sebbene Broglio abbia criticato Gaenswein per avere attaccato il papa sui mass media.

Tra l’altro, avrebbe ricordato ai suoi interlocutori vaticani un episodio del 2016 a Cracovia, alla Festa mondiale della gioventù. Monsignor Broglio era in fila per presentarsi a Bergoglio. E quando spiegò che era l’ordinario militare americano, Francesco avrebbe commentato in modo assai poco diplomatico gli interventi delle forze armate statunitensi in alcuni Paesi poveri: parole che sono state riferite a conferma delle distanze culturali tra pontefice argentino e «yankee». È vero che in termini numerici i cardinali nordamericani non sono molti. Ma hanno dietro di sé una potenza finanziaria che dalla II Guerra Mondiale ha nutrito per decenni le casse del Vaticano, oggi esangui.

08 gennaio 2023 ( modifica il 08 gennaio 2023 | 08:44)

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