L’Appello: “Gratien ha strozzato Guerrina. Sesso, paura e omicidio”

L'Appello: "Gratien ha strozzato Guerrina. Sesso, paura e omicidio"

Padre Graziano ha strozzato Guerrina Piscaglia“. E’ ciò che si legge nelle motivazioni della sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Firenze che il 18 dicembre 2017 ha confermato la condanna per Gratien Alabi, seppur riducendola da 27 anni a 25 (solo per errore di calcolo della pena in primo grado ad Arezzo).

Le settanta pagine sintetizzano la storia di Cà Raffaello descrivendo la figura di Alabi in modo molto negativo. Con il suo comportamento fatto di complimenti e attenzioni e facendo leva sul suo essere “uomo di Dio”, Alabi “ha fatto innamorare” Guerrina, persona fragile, poi l’ha “eliminata fisicamente” perché impaurito. Il movente (che in primo grado non era stato accertato) secondo i giudici fiorentini è la paura che la donna rivelasse cose “scabrose” ai suoi superiori religiosi e ai carabinieri. Finora nessuno aveva mai descritto le modalità dell’uccisione (non ci sono testimoni né tracce né il corpo è stato mai trovato), ma il giudice estensore Anna Maria Sacco descrive nel dettaglio la “compressione” esercitata quel primo maggio dal prete sulla donna, dopo il litigio nel primo pomeriggio, fino a farla morire rapidamente per asfissia.

Secondo i giudici, benché Alabi neghi di aver corrisposto all’amore che provava la donna, ricambiava in termini di “sesso”. Tra e tante bugie che per i giudici il sacerdote Alabi ha detto c’è quella dei problemi “erettili” smentiti dalle sue frequentazioni femminili anche dopo il delitto, con le prostitute. Esplicitamente nelle motivazioni si parla di frequentazioni di tipo sessuale fra prete e parrocchiana, dimostrate dalla preoccupazione di Gratien di portare Guerrina in ospedale per il test gravidanza quando lei diceva di essere incinta.

La Corte esclude tutte le ipotesi e le possibili piste alternative. Non è fuggita, non si è suicidata. Non esiste zio Francesco. Il marito, la catechista e tutti gli altri personaggi non c’entra nulla. Il sacerdote ha depistato tutto dall’inizio, col telefonino della vittima, compiendo imperdonabili errori. Prima ha “occultato il corpo della donna”, uccisa per strada o in canonica, poi ha avuto modo di caricare il corpo in auto e farla sparire. Gratien Alabi è ai domiciliari a Roma in convento, dove celebra ancora messa.

La difesa – avvocato Riziero Angeletti, avvocato Francesco Zacheo e professor Sergio Novani – subito al lavoro per far annullare la sentenza in Cassazione. In caso di conferma, invece, il prete finirebbe in carcere e la Chiesa prenderebbe le sue decisioni. Caso ancora apertissimo.

Corriere di Arezzo

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