Preti sposati cattolici romani riammessi potrebbero essere eccezioni nella Chiesa

Il Movimento internazionale dei sacerdoti sposati rilancia le precisazioni pubblicate da askanews del Gesuita argentino, teologo della prestigiosa Pontificia Università Gregoriana, ex allievo di Jorge Mario Bergoglio, padre Humberto Miguel Yanez che spiega la proposta, contenuta nel documento di lavoro del Sinodo del prossimo ottobre, pubblicato in Vaticano, di ordinare sacerdoti “anziani, preferibilmente indigeni, rispettati e accettati dalla loro comunità” nella “zone più remote” dell’Amazzonia, dove i sacerdoti attualmente riescono a passare raramente e dove di conseguenza i fedeli devono aspettare mesi, se non anni, per ricevere l’eucaristia.

“non stiamo parlando – precisa il teologo gesuita – di ordinare persone che passano per strada, ma gente che ha una traiettoria di vita cristiana e di impegno (cristiano, ndr) ed ha un ruolo guida nella comunità” e che potrebbero essere ordinate “perché i sacerdoti vanno in quella comunità ogni due o tre anni: che comunità cristiana può sussistere con una presenza sacramentale così povera?”.

Questa, precisa ancora padre Yanez, “è la proposta che viene dall’Amazzonia”, raccolta dall’Instrumentum laboris a valle di una ampia consultazione delle Chiese locali. “Deve essere chiaro che si tratta di proposte, di suggerimenti: i vescovi nel Sinodo possono scartarla, possono proporla al Papa che può scartarla: siamo in una fase diciamo di processo”.

Padre Yanez spiega con semplicità il motivo per cui il documento di lavoro non usa il termine latino solitamente utilizzato nella Chiesa per indicare l’ordinazione di uomini sposati di provata fede, “viri probati”: nelle risposte giunte a Roma dalle Chiese locali, nel corso della consultazione, “non c’era la parola viri probati: gli indigini non parlano latino… e quindi si sono espressi con un’altra parola”.

Quanto alla più generale tematica della inculturazione, e al connesso nodo delle ordinazioni di nativi amazzonici, “è chiaro – spiega Yanez – che quando arriva un missionario da fuori passa molto tempo prima che possa comprendere l’idea amazzonica”, mentre “una persona che è già lì può tradurre il Vangelo molto meglio di chi viene da fuori”.

Il gesuita argentino sottolinea, tuttavia, che non è la prima volta che in tempi moderni la Chiesa si pone questa questione: “Quando Paolo VI dice che egli non è per il celibato opzionale è perché il tema era emerso nel Concilio. Probabilente è la prima volta che esso appare” così chiaramente, spiega ancora Yanez, che sottolinea che “Papa Francesco ha aperto un canale di ascolto dove appaiono questioni che già c’erano ma che non si ascoltavano, non apparivano tanto chiaramente. D’altra parte – spiega ancora il teologo – non dimentichiamo che la Chiesa cattolica riconosce il sacerdozio di uomini sposati: esistono nella Chiesa cattolica orientale, nel rito greco cattolico, e oggi sono entrati nel rito latino i sacerdoti che provengono dalla comunione anglicana. Quindi non è la prima volta che ci saia un’eccezione. Il Papa può ampliare questa ecezione ad altri casi, ma quando diciamo eccezione alla regola non stiamo dicendo abolire la regola ma eccezione: la regola si mantiene”.

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