Papa Francesco: fine di un “cattolicesimo-fortezza”?

di John Gehring
in “www.washingtonpost.com/blogs” del 1° agosto 2013 (traduzione: www.finesettimana.org)
Nella Chiesa cattolica sta succedendo qualcosa di inaspettato e straordinario. Papa Francesco sta salvando la fede da coloro che resistono in cattedrali dorate e maneggiano la dottrina come una spada. L’edificio del “cattolicesimo-fortezza” – in cui si trovano anche cattolici progressisti, cattolici gay, donne cattoliche e molti altri che amano la Chiesa ma spesso si sentono emarginati dalla gerarchia – comincia a sgretolarsi.
Benché questa analisi appaia in parte un’iperbole, ora a guidare la barca in Vaticano c’è un pastore con un istinto naturale per invitare la gente ad impegnarsi e per guidarla con l’esempio. Il cambio di tono e di stile nel papato di Francesco è impressionante. Negli ultimi decenni, molti cattolici ricevevano il messaggio che il modello preferito da Roma, trasmesso dall’alto verso il basso, fosse “una chiesa più piccola e più pura”. Un nuovo spirito, che non si viveva più dal tempo in cui, cinquant’anni fa, era cominciato il Concilio Vaticano II, sta ora diffondendosi nell’aria.
Sarebbe un errore dire che papa Francesco non si preoccupa della dottrina della chiesa, ma sembra molto più interessato a far nuovamente convergere le energie della chiesa verso l’esempio di Gesù nel Vangelo. In meno di sei mesi, il papa ha criticato una chiesa “autoreferenziale” che si ammala quando il clero non riesce ad attirare le persone. Francesco dice di non volere dei vescovi-principi, ma dei pastori vicini al popolo che guidano senza essere autoritari. Ha poca pazienza con i responsabili della Chiesa che agiscono come doganieri religiosi, rendendo difficile a ragazze-madri o a cattolici poco praticanti ricevere i sacramenti. Francesco ha anche fatto gentilmente notare che i primi discepoli di Gesù era “un pochino intolleranti” nelle loro certezze morali. La parola più frequentemente usata nelle sue omelie e nel suoi discorsi è “gioia”, secondo l’analisi di un quotidiano italiano. È un bel cambiamento rispetto a certi arcigni leader religiosi che sembrano perennemente chiusi in un atteggiamento difensivo.
Le ultime notizie da prima pagina su papa Francesco sono arrivate questa settimana dall’aereo papale nel viaggio di ritorno dal Brasile, dove il primo pontefice originario dell’America Latina aveva celebrato la messa sulla spiaggia di Copacabana a Rio davanti a – si stima – 3 milioni di persone. Interrogato da un giornalista sull’esistenza di una “lobby gay” all’interno del Vaticano, papa Francesco si è lanciato senza esitazione in acque agitate: “Se incontro una persona gay, devo distinguere tra il suo essere gay ed essere parte di una lobby. Se cercano il Signore e hanno buona volontà, chi sono io per giudicarli? Non dovrebbero essere emarginati. La tendenza (all’omosessualità) non è un problema… sono nostri fratelli”.
Ci sono state persone che hanno accusato i preti gay di essere la causa della crisi degli abusi sessuali da parte del clero. Papa Francesco chiaramente rifiuta quella ripugnante diffamazione. Le sue parole sono anche in contrasto con il documento vaticano del 2005, che afferma che uomini con “pronunciate tendenze omosessuali” non dovrebbero essere ordinati né ammessi in seminario. Papa Francesco sembra mandare un messaggio che essere buoni preti non ha niente a che fare con l’orientamento sessuale, una cosa ovvia per molti di noi laici, ma una rivelazione per certi sostenitori della linea dura.
Oltre al suo commento sul clero gay, papa Francesco ha detto ai giornalisti che la chiesa deve migliorare per accogliere le donne. Pur non accettando di parlare dell’ordinazione di donne, Francesco ha insistito sul fatto che le donne svolgono un ruolo centrale nella fede cattolica. “Non abbiamo ancora una vera profonda teologia delle donne nella Chiesa”, ha ammesso.
I commenti del papa di questa settimana rientrano bene in un tema importante che emerge in questo pontificato. Invece di combattere guerre culturali, papa Francesco ha invitato ad una “cultura dell’incontro”. Esorta i cattolici ad andare ai margini della società. Vuole una “chiesa per i poveri” e condanna il “culto del denaro” che deriva dal capitalismo globale senza restrizioni. Evitando il più possibile le tentazioni insidiose del papato, è il tipo che si porta da solo la borsa e vive in un modesto appartamento invece che nel Palazzo Apostolico. In questi casi, lo stile è sostanza.
Anche se sono i cattolici progressisti ad essergli particolarmente grati per questa nuova era, papa Francesco non può essere catalogato secondo le etichette tradizionali di progressista o conservatore.
Con le sue parole e il suo esempio, Francesco ci sta mostrando un diverso modo di andare avanti.
Per questo, dovrebbero essergli grati tutti i cattolici, sia di destra che di sinistra.

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