La Riforma e Lutero, oggi e nel 2017

Nella sala gremita della Galleria d’Arte «F. Scroppo» di Torre Pellice, sabato sera 21 agosto si è parlato di teologia, di Lutero e dell’attualità della Riforma protestante. Grande interesse da parte del pubblico, che ha seguito, numeroso, con attenzione le parole dei due ospiti, i teologi protestanti italiani Sergio Rostagno e Fulvio Ferrario, incalzati da Alberto Corsani e Sabina Baral. Tra i temi trattati quelli della fede in un mondo globale e precario, il valore della tradizione protestante per l’oggi, il rapporto tra l’autodeterminazione dell’essere umano e la libertà.
Se di crisi si può parlare oggi anche nell’ambito delle chiese cristiane, non è però primariamente un “problema di linguaggio, e quindi di comunicazione – ha detto Ferrario -: il problema è che le parole predicate sono sganciate dalla vita vissuta della comunità». Il cristianesimo è, infatti, verità viva nella storia, concreta, aggiunge Rostagno, «la si incontra nel quotidiano, è una realtà che viene incontro, e non un obiettivo da raggiungere». Proprio per questo, ribatte Ferrario, non è però «facilmente accessibile. La modalità con cui la Parola è raggiungibile non è una sola, non è a portata di mano, non è in nostro possesso».

L’uomo contemporaneo è in preda dell’ansia di autodeterminarsi (per quel che riguarda per esempio le scelte etiche di vita), ma allo stesso tempo sembra vivere nella confusione dell’indeterminatezza. Ferrario ricorda a tal proposito che siamo spesso abituati a parlare di libertà come quella facoltà di poter scegliere tra diverse possibilità. Eppure l’idea di libertà nel Vangelo esiste anche in un’altra accezione, ed è quella di quando l’essere umano vive in relazione con Dio; proprio per questo, essendo una relazione viva, anche la fede, dice Rostagno, è da vivere quotidianamente, passo dopo passo, nella Parola. L’incertezza di oggi che sembra caratterizzare le generazioni più giovani non tiene conto in qualche maniera dell’impostazione della Riforma. Il cammino vivente del credente vede avvenire contemporaneamente (simul) fede e Parola, fede e opere. Proprio Lutero ha trasformato la necessita logica delle opere in necessità relazionale, «necessità del prossimo». Il che significa che è necessario che la fede abbia opere, ma non per autenticare la salvezza, bensì per servire il prossimo. Entro questo quadro si inserisce la libertà nel rapporto con Dio, un rapporto che la Riforma indica in maniera chiara: Dio e uomo e donna sono «uno» in Gesù Cristo. Eppure non è l’essere umano a diventare Dio, bensì vive tale «unione» tramite la mediazione di Gesù Cristo. Questa questione, tutt’altro che puramente dogmatica e teologica, è invece essenziale ancora, come allora, per noi oggi. Al posto di questa impostazione sembra prevalere quella di derivazione umanista e illuminista, che parla invece di “rapporto diretto con Dio».
Insomma tanto si è detto, su cui continuare a riflettere, anche in vista del 2017, Cinquecentenario della Riforma protestante (31 ottobre 1517, con l’affissione delle tesi da parte di Martin Lutero sulla porta della Schlosskirche di Wittenberg). Non mancheranno occasioni per proseguire il dibattito, e a tal proposito sono futili le pubblicazioni dei due autori, entrambe per i tipi della Claudiana, Doctor Martinus. Studi sulla Riforma (Rostagno 2015), e Il futuro della Riforma (Ferrario 2016).
Claudio Paravati

(Riforma, 26 agosto)

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