Il Pio XIII di Sorrentino sfida i grandi Papi dello schermo

Un eroe vestito di bianco, a volte protagonista cruciale degli eventi, altre relegato in brevi apparizioni, ruoli di contorno che determinano lo svolgersi degli avvenimenti. In testa alla lista degli appuntamenti più importanti della prossima Mostra di Venezia, c’è l’anteprima (sabato 3) delle prime due puntate di The Young Pope, la serie Sky diretta dal premio Oscar Paolo Sorrentino, con Jude Law al centro della narrazione. Eppure, al cinema e in tv, il Papa è da tempo superstar, una figura carismatica con cui registi delle più diverse ispirazioni e nazionalità hanno sentito il bisogno di confrontarsi.

TIMORE REVERENZIALE

Facendo i conti con il timore reverenziale, ma anche con il coraggio di riderci su, come fece Renzo Arbore che, nel 1980, costruì intorno all’idea di un Papa appassionato di video e comunicazione (Giovanni Paolo II, interpretato da Manfred Freyberger) la trama del Pap’occhio, il suo film più riuscito.

Ma la sfida più grande, almeno finora, l’ha concepita Nanni Moretti, immaginando, in Habemus Papam, un Pontefice (Michel Piccoli) che, appena nominato, precipita in una terribile crisi di inadeguatezza, rifiuta l’incarico, va in giro alla ricerca di se stesso. Un’intuizione geniale, a cui tanti ripensarono nel giorno in cui Papa Ratzinger annunciò le dimissioni. Tra l’altro, proprio intorno a quella scelta si dipana il film di Stefano Sollima Suburra e, anche lì c’è un Papa cinematografico, ritratto nelle ore tormentate prima della dichiarazione ufficiale.

Per un personaggio così importante, bisogna scegliere attori all’altezza, capaci di colpire il pubblico per fascino, autorevolezza, anche per simpatia. Se il Lenny Belardo di Sorrentino, Pio XIII, è giovane, aitante e dilaniato dalle contraddizioni tra le leggi della vita terrena e ultraterrena, quello dell’ultimo film di Daniele LuchettiChiamatemi Francesco, dedicato a Jorge Bergoglio, è rappresentato da due diversi attori, in due diverse fasi di vita.

La prima (dal 1961 al 2005) è affidata a Rodrigo De La Serna, la seconda (dal 2005 al 2013) a Sergio Hernandez: «Bergoglio è così oggi perché è stato in altro modo del passato. Ha avuto la fortuna di vivere una vita lunga che gli ha permesso di imparare, crescere, evolvere».

L’ultima sorpresa che lo riguarda è Beyond the Sun, scritto da Graciela Rodriguez e prodotto dalla Ambi Pictures di Andrea Iervolino e Monika Bacardi. Un racconto immaginato per spiegare il Vangelo ai bambini, di cui, proprio pochi giorni fa, nei Giardini Vaticani, si sono svolte, nel massimo riserbo, brevi riprese con Papa Francesco nel ruolo di se stesso.

Facile immaginare che sia stato perfetto come sempre, anche migliore dei tanti predecessori, compresi sir Alec Guinness che fu Innocenzo III in Fratello Sole e Sorella Luna di Zeffirelli, Omar Sharif che era stato San Pietro nella fiction di Giulio Base, Jeremy Irons nelle vesti di Alessandro VI nella serie I Borgia, Jon Voight in quelle di Karol Wojtyla nel film tv Giovanni Paolo II. Prima di loro c’erano stati Rex Harrison, il Papa guerriero Giulio II nel Tormento e l’estasi di Carol Reed e soprattutto Anthony Quinn che nell’Uomo venuto dal Cremlino è il russo Kiril Lakota, eletto con il nome di Kiril I.

Anche in quel caso il cinema era stato profetico, anticipando l’elezione di un pontefice dall’Est accaduta poi con Wojtyla, figura a cui il regista Krzysztof Zanussi ha dedicato la cinebiografia Un uomo venuto da lontano. In Italia il regista dei papi è stato Luigi Magni (Nell’Anno del Signore e In nome del Papa Re), ma anche Mario Monicelli ha regalato all’ampia galleria il Pio VII del Marchese del Grillo, recitato da Paolo Stoppa. Insomma, un esercito di rivali attende Jude Law alla prova del fuoco.

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