Il modello di produzione e consumo industriale e l’ambiente
– La distruzione dell’ambiente è parte integrante del modello industriale di produzione e consumo dominante, il quale non considera la natura e l’ambiente come base di sostentamento della vita, ma unicamente come mezzo per ottenere profitti.
– Quello attuale non è l’unico sistema che ha devastato l’ambiente, ma è sicuramente quello che ha globalizzato la distruzione trasformandola in un problema planetario.
Chi governa in realtà?
– 737 multinazionali hanno nelle loro mani l’80% delle vendite di tutte le imprese nel mondo.
– 147 ne detengono il 40%.
– 1.318 imprese (con sede in 26 Paesi anglosassoni e in Cina) controllano il 60% delle vendite globali. Queste 1.318 imprese presentano tra loro due o più interconnessioni, con una media di 20, costituendo una ragnatela globale. Le maggiori 50 sono quasi tutte istituzioni finanziarie.
Una disuguaglianza sempre più grande
– L’1% più ricco possiede quasi il 50% della ricchezza globale (48.5%).
– Al 50% più povero rimane meno dell’1% della ricchezza (il 90% vive nel Sud globale).
– Il 20% della popolazione concentra nelle proprie mani il 94.5% della ricchezza globale.
– Il 70% della popolazione si deve accontentare solamente del 2.9%.
La crisi ha arricchito i ricchi
– Gli 85 maggiori miliardari del mondo possiedono oggi la stessa ricchezza di 3 miliardi e mezzo di persone.
– La disuguaglianza è aumentata di più negli ultimi 30 anni, specialmente a partire dalle crisi degli anni 2007-2009.
– La ricchezza globale è cresciuta del 68% negli ultimi 10 anni. L’1% più ricco ha messo le mani sul 95% delle entrate, mentre il 90% è andato incontro a un aumento della povertà, dell’emarginazione, della disoccupazione e della precarizzazione. (…).
– La fusione di grandi imprese e di capitali finanziari che di fatto governano il pianeta, potendo anche contare su tecnologie sempre più potenti, crea una situazione globale di disastro ambientale, sociale e sanitario. (…).
Devastazione ambientale planetaria
– Sovrasfruttamento delle risorse naturali: petrolio, fracking, gas, vecchie e nuove attività minerarie, deforestazione, immense monoculture devastanti per gli ecosistemi.
– Industrializzazione del sistema agro-alimentare, controllato da poche transnazionali, appropriazione delle sementi, uso dei transgenici, massiccia contaminazione della terra e dell’acqua attraverso i veleni agricoli, con pesanti conseguenze sulla salute.
– Urbanizzazione selvaggia, emarginazione, enormi discariche inquinanti.
– Grandi opere di infrastruttura e trasporto a servizio delle grandi imprese, non delle necessità delle maggioranze.
– Megaprogetti in campo energetico, dighe, centrali nucleari, centrali a biomasse.
– Contaminazione ed esaurimento delle fonti d’acqua e dei suoli e inquinamento dell’aria.
– Minacce alla salute, con l’aumento esponenziale delle malattie. (…).
Cambiamento climatico per settori
– Secondo i dati dell’IPCC (2014), le emissioni di gas a effetto serra per settore sono i seguenti:
il 25% dipende dall’uso dei combustibili fossili per la produzione di energia e di elettricità;
il 24% è rappresentato dall’agricoltura industriale, dalla deforestazione e dal cambiamento della destinazione d’uso dei suoli;
a seguire, tra i settori maggiormente responsabili delle emissioni di gas serra, vengono l’industria (21%), i trasporti (14%) e l’edilizia.
– Ma se prendiamo la parte di ogni settore che si relaziona al sistema agroalimentare industriale, troviamo che questo, dalle sementi di cui sono proprietarie le imprese fino ai grandi supermercati, è responsabile di una percentuale che va dal 44 al 57% dei gas a effetto serra.
– Se facciamo lo stesso rispetto all’urbanizzazione selvaggia, incontriamo anche qui percentuali assai elevate e pure queste legate al sistema agroalimentare industriale: non possono esserci supermercati senza grandi concentrazioni urbane.
I maggiori responsabili delle emissioni di gas a effetto serra
– Attualmente, per volume totale: Stati Uniti: 15,5%; Cina: 23%; Russia: 5% (10 Paesi sono responsabili dei 2/3 delle emissioni).
– Attualmente, pro capite: Stati Uniti: 17 tonnellate; Cina 5,4 tonnellate; Russia 11,6 tonnellate.
– Emissioni totali accumulate storicamente nel periodo 1850-2005: Stati Uniti: 29%; Cina: 9%; Russia: 8%.
– Emissioni accumulate storicamente a persona, in tonnellate metriche: Stati Uniti: 1.133; Cina: 85; Russia: 677.
– Storicamente, il principale responsabile sono gli Stati Uniti, seguiti dall’Unione Europea, dalla Russia, dal Giappone, dal Canada.
– Gli Stati Uniti utilizzano il 25% dell’energia mondiale e, da soli, hanno prodotto più emissioni dei cinque Paesi che seguono in classifica messi insieme, 10 volte di più del sesto, e più di 300 volte le emissioni di ciascuno di quasi tutti i Paesi dell’Africa.
Il rimedio è peggiore del male
Gli stessi governi responsabili della crisi climatica e gli scienziati che lavorano al loro servizio propongono, tra altre tecnologie di alto rischio:
– Geoingegneria (manipolazione del clima).
– Energia nucleare.
– “Bioenergia” (agrocombustibili, megapiantagioni, ecc.).
– CCS: cattura e immagazzinamento dell’anidride carbonica nel fondo marino e nelle formazioni geologiche.
– Estrazione di gas “naturale” attraverso il sistema della fatturazione idraulica (fracking).
“Soluzioni” false e pericolose
– Mito tecnologico: transgenici per la fame, “agricoltura climaticamente intelligente” e geoingegneria per il clima, nanotecnologia per superare la scarsità di materiali, enormi inceneritori per i rifiuti: tutti “rimedi” peggiori del male, per i gravi problemi che provocano.
– Mito del mercato: mercato dei crediti di carbonio, pagamento per i servizi ambientali, il programma Redd per le foreste, compensazioni per la biodiversità… Nessuna di queste “soluzioni” risponde ai problemi reali e tutte offrono nuove occasioni di profitto alla finanza speculativa.
Antropocene?
– L’era attuale non può essere denominata “Antropocene” (termine usato per definire l’epoca geologica in cui l’ambiente terrestre è fortemente condizionato dagli effetti dell’azione umana, ndt): è l’era della plutocrazia e dell’ambizione illimitata che la caratterizza ciò che sta distruggendo il pianeta.
– Né si tratta solo della breccia tra Nord e Sud.
– La necessità che ci troviamo di fronte è quella di mettere in discussione, oltre al potere delle grandi imprese e del sistema che le sostiene, il modello industriale di produzione e di consumo, il modello di “sviluppo” e della tecno-scienza.
Dove cercare le vere soluzioni
– Se il sistema alimentare agroindustriale produce dal 44 al 57% delle emissioni, utilizza il 70% dell’acqua e l’80% dei combustibili fossili impiegati nell’agricoltura e nell’alimentazione, e garantisce alimenti solo al 30% della popolazione mondiale, la rete contadina e quella dei piccoli produttori di alimenti, compresi gli orti urbani, alimentano il 70% della popolazione mondiale.
– Le grandi città collasseranno completamente senza la rete di solidarietà e il sistema di economie locali di quelli che occupano gli ultimi posti della scala sociale.