Cinema: peccato e demoniaco nel convento di Mungiu

Il sabato del Festival è cominciato male, almeno per il concorso: Lawless di John Hillcoat è un film inutile, perché le uniche emozioni che dà sono un paio di momenti di cruda violenza, che nulla aggiungono alla vicenda raccontata, tratta da una storia vera di tre fratelli dal tosto carattere nell’America del proibizionismo. Sono Forrest, Howard e Jack Bondurant, che nella campagna della Virginia avevano dato un forte impulso al traffico alcolico prodotto negli alambicchi sparsi tra le verdi colline. A guidare i fratelli è Forrest (Tom Hardy), a lavorare duro è Howard, mentre il più piccolo e indifeso è Jack (Shia LaBeouf). Tra sparatorie, violenze gratuite e casti amori, il trio riesce a sopravvivere al proibizionismo, nonostante la cattiveria di uno spietato procuratore legale, che li voleva morti. Sopravvivono alla grande depressione del 1929, mettono su famiglia e vivono in una grande casa comune, fino a raccontare ai nipoti quello che lo spettatore annoiato vede. Peccato. Di ben altro tenore e già in fila per la Palma d’oro è il rumeno Dupa Delauri (Oltre le colline) di Cristian Mungiu, regista già applaudito e premiato con la Palma d’oro qui a Cannes nel 2007. In questo suo lavoro, capace già di suscitare furiose polemiche, indaga sul peso della religione, soprattutto in un momento di crisi epocale, dove il convento può diventare anche un rifugio per avere un letto e mangiare, dove una scelta religiosa può essere determinata dall’incapacità di affrontare il mondo fuori. Un mondo che sta velocemente tornando nella barbarie premedievale. Muingiu ci conduce nella Romania di oggi per mostrarci un monastero che sembra uscito da antiche favole, sorge isolato, dietro una collina che nasconde una brutta città. Lo guida un prete dal passato sportivo. Intorno a lui chiocciano poche suore, ognuna con una sua storia: c’è chi è fuggita dal marito che la picchiava, ma pensa di tornare da lui per i figli; chi aveva bisogno di un tetto; chi, come la protagonista, la giovane Voichita (Cosmina Stratan, da applausi) viene da un orfanotrofio e deve ripensare la sua storia d’amore con una compagna, Alina (una bravissima Cristina Flutur). Proprio Alina capita nel monastero per portar via con sé, in Germania, Voichita. Le ha trovato un lavoro, ha comprato i biglietti per il viaggio, è follemente innamorata di Alina, ma non ha fatto i conti con la serietà della scelta dell’amica diventata suora. Non capisce perché invece di baciarla e accarezzarla, la invita alla preghiera. Sente dentro di sé fallire un sogno che comprende ed è restato solo suo. Alina vacilla, il pensiero di tradire l’amica con Dio la opprime, cerca conforto nella preghiera. Ma impazzisce. La portano inutilmente all’ospedale, provano inutilmente a curarla in convento, fino a crederla posseduta dal demonio e a ucciderla nel tentativo di esorcizzarla. Voichita, assiste a tutto, incapace di salvare l’amica, perché prendere la sua parte voleva dire rinunciare a un tetto, a un pasto, all’amore di un Dio consolatore. Con una regia di alto rigore, che rifiuta anche la musica, con interpreti tutti da incorniciare, ben fotografato da Oleg Mutu, il film tiene inchiodato lo spettatore per 150 minuti, coinvolgendolo nel ripensare la difficoltà di credere in un Dio che fa fatica a esistere amorevole per tutti, e costringendo il pubblico a guardarsi nel più oscuro degli specchi, quello che ci mostra affondati in una società che invece di correre verso il futuro si precipita nel più cupo passato.

bresciaoggi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Traghettilines BOMPIANI 1+1 Abbonanti ad un 2024 di divertimento - Mirabilandia Pittarello - Saldi fino al -70% Frigo vuoto e voglia di vino? Te lo consegniamo in 30 minuti alla temperatura perfetta! Duowatt - Banner generici con logo Tekworld.it Bus Terravision Aeroporto Milano Malpensa Plus Hostels Transavia 2021 Radical Storage Bus notturno Fiumicino Aruba Fibra veloce Hosting Aruba - Scopri di più