Celibato dei preti. Altro che cuore indiviso

Il Catechismo della Chiesa Cattolica, riguardo al celibato dei preti, cita un passo di san Paolo: «Chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come piacere al Signore; lo sposato invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere alla moglie, e si trova diviso. Così la donna non maritata e la vergine si danno pensiero delle cose del Signore». Ora, a prescindere dal fatto che specialmente in tema di sessualità non sempre san Paolo può essere preso sul serio, la differenza tra la Chiesa Cattolica e l’ebreo di Tarso è che la prima “impone”, ed il secondo dà consigli e non ordini. La rinuncia al matrimonio, per un sacerdote, dovrebbe essere una conseguenza della propria scelta, e non una condizione indispensabile per l’ordinazione. Inoltre, non è importante il tempo che si dedica a Dio, ma l’intensità dell’amore verso Dio. Un sacerdote potrebbe benissimo “donarsi totalmente” al Signore, dedicandosi anche alle sue creature (sposa, figli, prossimo bisognoso). Non ci sarebbe “divisione” alcuna, poiché l’amore verso Dio, e l’amore verso le sue creature sono una sola cosa. L’importante è che tale amore sia autentico.

Ad ogni modo, c’è un problema che non viene considerato dalla Chiesa. L’evirazione, proibita espressamente nell’Antico Testamento, era intesa ovviamente da Gesù nel senso spirituale, come rinuncia perpetua al matrimonio; ma la rinuncia al matrimonio significa forse rinuncia alla sessualità? Ed è sempre vero che il celibe, e la vergine, rinunciando al matrimonio, possono pensare unicamente alle cose del Signore? Il comportamento non solo di molti preti, ma anche di santi famosi, dimostra il contrario. Un fiume, se non ha la possibilità di scorrere naturalmente nel proprio letto, straripa, e cerca altre vie. San Francesco passò una nottata a far pupazzi di neve… Santa Caterina da Siena era ossessionata da visioni lascive. Santa Gemma Galgani, l’ultima grande mistica italiana, per tutta la vita fu tormentata da quelle che lei chiamava le “orribili tentazioni”.

Non del tutto aveva ragione san Paolo, dunque, e non del tutto ha ragione la Chiesa quando afferma: «Chiamati a consacrarsi con cuore indiviso al Signore e alle sue cose, essi [i ministri] si donano interamente a Dio e agli uomini». Essi, in realtà, anziché pensare soltanto alle cose del Signore, sono spesso costretti a pensare a cose assai meno spirituali. Altro che cuore indiviso!

Renato Pierri  – http://www.reset-italia.net/

 

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