Il libro
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Nel Paese dei paradossi tocca al maestro dell’illusion comique «ricercare la verità», smascherando ogni «intento deformante, soprattutto dal punto di vista storico»: con il piglio dello studioso e la verve del giullare, il Premio Nobel Dario Fo riaffabula l’incredibile storia di Lucrezia Borgia, troppo spesso bistratta o gratuitamente etichettata come donna diabolica e incestuosa. La figlia del Papa (da cui è stata tratta la sceneggiatura che pubblichiamo in questa pagina) è una biografia godibile come uno romanzo, scrupolosa come un saggio: l’autore intende smontare ogni cliché sulla maliarda aristocratica, figlia illegittima di Alessandro VI, tre volte moglie con un amante letterato (Pietro Bembo) e un pargolo bastardo. Il luminoso Rinascimento non poteva che proiettare ombre lunghe: intrighi, omicidi, orge, specie alla corte della più potente e blasonata famiglia dell’epoca, con qualche ammiccante richiamo all’attualità. «La vittima da immolare è Lucrezia. È lei che viene buttata tanto dal padre che dal fratello nel gorgo degli interessi finanziari e politici, senza un briciolo di pietà. Di cosa ne pensi la dolce figliola non ci si preoccupa assolutamente. Del resto è una femmina». Già presentato in forma di spettacolo all’Università Bicocca di Milano (le prossime date saranno segnalate su Dariofo.it), il libro è pure seducente canovaccio, perché quella dei Borgia è una «commedia grottesca, pur senza maschere».
Dario Fo, La figlia del Papa, Chiarelettere, pagg. 208, € 13,90