I leader religiosi dal Campidoglio: «La guerra è il fallimento della politica e dell’umanità»

I leader religiosi dal Campidoglio: «La guerra è il fallimento della politica e dell’umanità».

ROMA-ADISTA. I leader delle religioni del mondo, trentaquattro anni dopo il primo incontro voluto da Giovanni Paolo II ad Assisi, si ritrovano a Roma per riaffermare che «la guerra è un fallimento della politica e dell’umanità».

Erano in tanti ieri pomeriggio al Campidoglio, convocati per l’incontro di preghiera per la pace «Nessuno si salva da solo. Pace e fraternità» promosso dalla Comunità di sant’Egidio: papa Francesco, il patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo, il vescovo luterano Heinrich Bedford-Strohm presidente del Consiglio della Chiesa evangelica tedesca, il segretario generale del Comitato superiore della Fraternità umana Mohamed Abdelsalam Abdellatif, e poi rappresentanti dell’ebraismo, del buddisti dell’induismo (nelle notizie precedenti pubblichiamo i principali interventi). Tutti insieme per condannare la guerra, che «lascia sempre il mondo peggiore di come l’ha trovato», e per invocare la pace e il disarmo.

«Le guerre e la pace, le pandemie e la cura della salute, la fame e l’accesso al cibo, il riscaldamento globale e la sostenibilità dello sviluppo, gli spostamenti di popolazioni, l’eliminazione del rischio nucleare e la riduzione delle disuguaglianze non riguardano solo le singole nazioni» ma l’umanità intera, dicono con una voce sola i leader religiosi nell’appello finale dalla piazza del Campidoglio. Insieme a loro anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, i ministri degli Interni Luciana Lamorgese e degli Esteri Luigi Di Maio, oltre ai “padroni di casa”, la sindaca Virginia Raggi e il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti.

«La guerra è tornata a sembrare a molti una via possibile per la soluzione delle controversie internazionali» ma «non è così», prosegue l’appello, che invita a «sognare di nuovo con audacia che la pace è possibile, che la pace è necessaria, che un mondo senza guerre non è un’utopia». Certo non si realizza da sola, ma si costruisce con la giustizia e il disarmo.

Per questo, ai responsabili degli Stati i capi religiosi chiedono di «unire le forze per la vita, la salute, l’educazione, la pace. È arrivato il momento di utilizzare le risorse impiegate per produrre armi sempre più distruttive, fautrici di morte, per scegliere la vita, curare l’umanità e la nostra casa comune». A partire dall’emergenza pandemia: «Uniamo già oggi gli sforzi per contenere la diffusione del virus finché non avremo un vaccino che sia idoneo e accessibile a tutti». E ai credenti di ogni fede e «alle donne e agli uomini di buona volontà» i leader religiosi dicono di diventare «artigiani della pace», costruendo «amicizia sociale» – l’espressione usata da papa Francesco nell’enciclica Fratelli tutti – il dialogo: «Il dialogo leale, perseverante e coraggioso è l’antidoto alla sfiducia, alle divisioni e alla violenza. Il dialogo scioglie in radice le ragioni delle guerre, che distruggono il progetto di fratellanza inscritto nella vocazione della famiglia umana».

Al termine dell’incontro, la firma dell’appello per la pace e l’accessione del «candelabro della speranza» da parte di tutti i leader religiosi presenti. E un ultimo richiamo alla responsabilità: «Nessuno può sentirsi chiamato fuori. Siamo tutti corresponsabili. Le ingiustizie del mondo e della storia si sanano non con l’odio e la vendetta, ma con il dialogo e il perdono».

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