Vescovo Juan Barros, il Papa manda un inviato in Cile per indagare sui casi di pedofilia
In modo clamoroso si riapre il caso del vescovo cileno Juan Barros, vescovo di Osorno. È stato lo stesso Papa Francesco che “a seguito di informazioni recentemente pervenute” ha inviato a Santiago del Cile l’arcivescovo di Malta Charles Scicluna, presidente del Collegio per l’esame dei ricorsi in materia dei “delicta graviora”, tra i quali appunto quelli di pedofilia, “per ascoltare coloniche che hanno espresso la volontà di sottoporre elementi in loro possesso”.
Il vescovo Barros infatti è stato un allievo del sacerdote cileno Fernando Karadima che era stato condannato per pedofilia dalla Congregazione della Dottrina della Fede il 3 luglio 2011, durante il pontificato di Benedetto XVI.
Per ben due volte Francesco ha affermato – durante il suo ultimo viaggio – che gli accusatori di Barros, in mancanza di prove, lo stanno calunniando. Poi nella conferenza stampa sul volo di ritorno Francesco si è corretto a parlando della necessità di “evidenze” .
Il caso Barros ha tenuto banco su tutti i media internazionali (dal New York Times al South China Morning Post) poiché ha costituito un test della capacità del Pontefice di affrontare la piaga della pedofilia del clero. Sulla vicenda, e prima di giungere in Perù, per partecipare alla messa finale celebrata dal Papa è intervenuto con un comunicato ufficiale il cardinale di Boston Sean O’Malley il quale aveva sottolineato che le parole del Papa avevano causato una “grande sofferenza” negli abusati cileni.
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