La Giornata mondiale per la pace del 1° gennaio e l’alternativa strategica della nonviolenza. L’invito di Papa Francesco: la forza della violenza e delle armi è ingannevole

(a cura Redazione “Il sismografo”)

(Luis Badilla – Francesco Gagliano – ©copyright) “Facciamo della nonviolenza attiva il nostro stile di vita“: è l’invito che Papa Francesco affida nel consueto Messaggio pubblicato per celebrare la Giornata mondiale della Pace, il primo giorno di ogni anno. Quella del 1° gennaio 2017 segnerà la 50.ma edizione di questa iniziativa per la pace, nata in seno al Concilio Ecumenico Vaticano II e istituita mezzo secolo fa dal beato Paolo VI. Il Messaggio già nel suo titolo profila il suo programma: “La nonviolenza: stile di una politica per la pace”, uno stile, quindi, volto a spezzare la “spirale diabolica della violenza”. Il teologo e filosofo italiano Giulio Girardi, deceduto nel 2012, in uno dei ultimi libri si domandava:

“E’ attuale nei vari settori della società odierna (politica, economia, ecologia, religione, cultura, educazione) la ricerca di un’alternativa alla violenza, oppure è giocoforza riconoscere che la violenza, e quindi la morte, è l’ultima parola della storia? E’ attuale nell’epoca della globalizzazione neoliberale un progetto di alternativa economica imperniato su comunità e progetti locali?”
Papa Francesco conclude il suo Messaggio per la Giornata di dopodomani con questo “invito”, articolato in tre passaggi:
1) Limitare l’uso della forza
La costruzione della pace mediante la nonviolenza attiva è elemento necessario e coerente con i continui sforzi della Chiesa per limitare l’uso della forza attraverso le norme morali, mediante la sua partecipazione ai lavori delle istituzioni internazionali e grazie al contributo competente di tanti cristiani all’elaborazione della legislazione a tutti i livelli. Gesù stesso ci offre un “manuale” di questa strategia di costruzione della pace nel cosiddetto Discorso della montagna. Le otto Beatitudini (cfr Mt 5,3-10) tracciano il profilo della persona che possiamo definire beata, buona e autentica. Beati i miti – dice Gesù –, i misericordiosi, gli operatori di pace, i puri di cuore, coloro che hanno fame e sete di giustizia.
2) La solidarietà, stile di convivenza
Questo è anche un programma e una sfida per i leader politici e religiosi, per i responsabili delle istituzioni internazionali e i dirigenti delle imprese e dei media di tutto il mondo: applicare le Beatitudini nel modo in cui esercitano le proprie responsabilità. Una sfida a costruire la società, la comunità o l’impresa di cui sono responsabili con lo stile degli operatori di pace; a dare prova di misericordia rifiutando di scartare le persone, danneggiare l’ambiente e voler vincere ad ogni costo. Questo richiede la disponibilità «di sopportare il conflitto, risolverlo e trasformarlo in un anello di collegamento di un nuovo processo». Operare in questo modo significa scegliere la solidarietà come stile per fare la storia e costruire l’amicizia sociale. La nonviolenza attiva è un modo per mostrare che davvero l’unità è più potente e più feconda del conflitto. Tutto nel mondo è intimamente connesso. Certo, può accadere che le differenze generino attriti: affrontiamoli in maniera costruttiva e nonviolenta, così che «le tensioni e gli opposti [possano] raggiungere una pluriforme unità che genera nuova vita», conservando «le preziose potenzialità delle polarità in contrasto».
3) Il servizio e il contributo della Chiesa
Assicuro che la Chiesa Cattolica accompagnerà ogni tentativo di costruzione della pace anche attraverso la nonviolenza attiva e creativa. Il 1° gennaio 2017 vede la luce il nuovo Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, che aiuterà la Chiesa a promuovere in modo sempre più efficace «i beni incommensurabili della giustizia, della pace e della salvaguardia del creato» e della sollecitudine verso i migranti, «i bisognosi, gli ammalati e gli esclusi, gli emarginati e le vittime dei conflitti armati e delle catastrofi naturali, i carcerati, i disoccupati e le vittime di qualunque forma di schiavitù e di tortura». Ogni azione in questa direzione, per quanto modesta, contribuisce a costruire un mondo libero dalla violenza, primo passo verso la giustizia e la pace.
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Gandhi: “Non violenza e codardia si accompagnano male”
Sull’alternativa strategica nonviolenta Girardi aggiungeva questa importante riflessione di grande attualità: ” La nostra riflessione è consistita, in definitiva, nell’approfondire il senso della domanda, cioè del progetto alternativo di civiltà che essa ipotizza, nei suoi molteplici aspetti. Tale esplorazione ha reso più evidente la totale inattualità di Gandhi dal punto di vista della cultura oggi dominante: quella del neoliberalismo. Essa infatti non solo rappresenta una risposta radicalmente negativa agli interrogativi da lui sollevati, ma crea delle condizioni e dei condizionamenti tali, per cui le stesse domande sono soffocate, non possono più venire formulate, non hanno più senso. Soffocare le domande significa bloccare in partenza ogni ricerca intesa a rispondervi. Significa seppellire definitivamente la speranza. Riconoscere l’attualità di Gandhi significa invece rilanciare la sfida al fatalismo, scommettere sulla possibilità e sull’urgenza di una vittoria della forza del diritto, della verità, dell’amore. Si tratta di una prospettiva puramente ideale? Si e no. Si, perché questo progetto non corrisponde a nessuna realtà esistente. No, perché esso, se adottato, influisce realmente sul presente come un’ipotesi storica feconda, che stimola la creatività intellettuale e l’audacia operativa a rompere le barriere del sistema di morte. Ecco perché la risposta alla domanda sull’attualità di Gandhi è così impegnativa. Perché è inseparabile dalle scelte di fondo, etiche, politiche, economiche e religiose di ciascuno e ciascuna. Il significato più profondo e più inquietante dell’incontro con Gandhi è proprio questo: ci obbliga a verificare le nostre scelte e a domandarci se esistano ancora per noi delle ragioni di vivere, di lottare e sperare.”
Sulla resistenza passiva Gandhi diceva: “Non violenza e codardia si accompagnano male. Posso immaginare un uomo armato fino ai denti che sia, in cuor suo, un codardo. Il possesso di armi implica un elemento di paura, se non di vigliaccheria. La vera non-violenza è invece impossibile ove non si possegga un indomito coraggio”.
Violenza e mondo frantumato
Papa Francesco nel suo Messaggio osserva: “La violenza non è la cura per il nostro mondo frantumato. Rispondere alla violenza con la violenza conduce, nella migliore delle ipotesi, a migrazioni forzate e a immani sofferenze, poiché grandi quantità di risorse sono destinate a scopi militari e sottratte alle esigenze quotidiane dei giovani, delle famiglie in difficoltà, degli anziani, dei malati, della grande maggioranza degli abitanti del mondo. Nel peggiore dei casi, può portare alla morte, fisica e spirituale, di molti, se non addirittura di tutti.” Poi il Papa ricorda l’Angelus di Benedetto XVI del 18 febbraio 2007. “Essere veri discepoli di Gesù oggi significa aderire anche alla sua proposta di nonviolenza. Essa – come ha affermato il mio predecessore Benedetto XVI – «è realistica, perché tiene conto che nel mondo c’è troppa violenza, troppa ingiustizia, e dunque non si può superare questa situazione se non contrapponendo un di più di amore, un di più di bontà. Questo “di più” viene da Dio». Ed egli aggiungeva con grande forza: «La nonviolenza per i cristiani non è un mero comportamento tattico, bensì un modo di essere della persona, l’atteggiamento di chi è così convinto dell’amore di Dio e della sua potenza, che non ha paura di affrontare il male con le sole armi dell’amore e della verità. L’amore del nemico costituisce il nucleo della “rivoluzione cristiana”». Giustamente il vangelo dell’amate i vostri nemici (cfr Lc 6,27) viene considerato «la magna charta della nonviolenza cristiana»: esso non consiste «nell’arrendersi al male […] ma nel rispondere al male con il bene (cfr Rm 12,17-21), spezzando in tal modo la catena dell’ingiustizia».”
In mezzo alle armi, la legge tace (Cicerone)
La conclusione del Messaggio del Papa
Francesco nel suo Messaggio per la Giornata del 1° gennaio conclude con affermazioni forti e veritiere: “La nonviolenza è talvolta intesa nel senso di resa, disimpegno e passività, ma in realtà non è così. Quando Madre Teresa ricevette il premio Nobel per la Pace nel 1979, dichiarò chiaramente il suo messaggio di nonviolenza attiva: «Nella nostra famiglia non abbiamo bisogno di bombe e di armi, di distruggere per portare pace, ma solo di stare insieme, di amarci gli uni gli altri […] E potremo superare tutto il male che c’è nel mondo». Perché la forza delle armi è ingannevole. «Mentre i trafficanti di armi fanno il loro lavoro, ci sono i poveri operatori di pace che soltanto per aiutare una persona, un’altra, un’altra, un’altra, danno la vita»; per questi operatori di pace, Madre Teresa è «un simbolo, un’icona dei nostri tempi». Nello scorso mese di settembre ho avuto la grande gioia di proclamarla Santa. Ho elogiato la sua disponibilità verso tutti attraverso «l’accoglienza e la difesa della vita umana, quella non nata e quella abbandonata e scartata. […] Si è chinata sulle persone sfinite, lasciate morire ai margini delle strade, riconoscendo la dignità che Dio aveva loro dato; ha fatto sentire la sua voce ai potenti della terra, perché riconoscessero le loro colpe dinanzi ai crimini – dinanzi ai crimini! – della povertà creata da loro stessi». In risposta, la sua missione – e in questo rappresenta migliaia, anzi milioni di persone – è andare incontro alle vittime con generosità e dedizione, toccando e fasciando ogni corpo ferito, guarendo ogni vita spezzata.”
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