Pedofilia: dalla Liguria all’America Latina, un altro caso scuote la Chiesa

La Spezia – L’ombra della pedofilia si allunga, ancora una volta, su un sacerdote italiano: un sacerdote che ha a che fare con la Liguria. I dettagli della vicenda, sono tenuti doverosamente riservati: sia per tutelare la presunta vittima, un giovane che si trova in America Latina, sia per tutelare il sacerdote, che dovrà poter chiarire in tutta serenità le accuse che gli vengono rivolte. Si tratta di un caso delicatissimo: che riguarda presunti abusi, ripetuti nel tempo, su più bambini.

Il Secolo XIX ha parlato a distanza con il giovane che ha sporto denuncia, nel suo paese. Ha raccolto la sua testimonianza. Le sue parole, sono pesantissime. “Non c’è assolutamente posto, nel ministero, per coloro che abusano dei minori”: l’ha detto Papa Francesco. E Fernando testimonia: “Yo estoy terriblemente mal de vida, esos sacerdotes de la iglesia ensucian la religion, no pueden representar a Dios”. Gli abusi sarebbero avvenuti in una parrocchia, dove opera il sacerdote italiano, uno dei tanti che prestano la propria missione in mezzo ai bambini.

Anni e anni di passione: che gli sono valsi attestati, ufficiali, di merito, per l’opera di solidarietà. L’ombra, che oggi è comparsa a velare tanto altruismo, va spazzata via. Va cancellata, se è ingiusta. Oppure va chiarita: se dietro, c’è qualcosa di vero. C’è un ragazzo, che ha deciso di parlare, e che racconta di aver vissuto un calvario: e che denuncia, ora che non è più un bambino, perché nessun altro bambino soffra quanto ha sofferto lui. Per poter raccontare la sua verità, deve arrivare in Italia. Per Fernando, è una questione di vita o di morte: interiore.

E non solo. Denunciare, può diventare, in certe aree dell’America Latina, anche una questione di vita o di morte: materiale. Ci sono equilibri che è bene non toccare. «Nessuno. Non avevo nessuno, quando ho conosciuto quel sacerdote. Sono credente, ed ero solo un bambino. Mi fidavo: tanto, tantissimo. E quando ha cominciato a toccarmi, non mi piaceva. Però non ero in grado di dire basta». E’ solo qualche stralcio, della sua lunga confidenza. Racconta di come fosse la missione, di giorno, e di come si trasformasse di notte. Quando calava il silenzio, e il sacerdote si avvicinava. Scherzava, sorrideva. “Ti sono piaciuti i regali, eh?”. “Sei contento?”. Era contento, il bambino. Era contento, di avere un adulto che si preoccupasse per lui. Un adulto gentile. “Era come un padre…”. Un padre che abusa, però.

Racconta, Fernando, della freddezza, nei momenti di sesso. “Mi chiamava bastardo. Io da bambino non sapevo il significato della parola”. E l’ossessione del prete, che avrebbe continuato a chiamarlo “il suo bambino”, negli abusi commessi quando già iniziava a diventare adolescente. Solo la giustizia potrà chiarire se l’accusa sia fondata, oppure no. Fernando ha già deposto, al suo paese. Ora, deve raggiungere l’Italia, per completare la denuncia. C’è chi, in Liguria, lo sta aiutando a mettere insieme i soldi del biglietto aereo. C’è una raccolta fondi, fatta attraverso una onlus, senza scopo di lucro, Rete L’Abuso . L’ha fondata Francesco Zanardi, che è stato abusato, da ragazzino, da un prete ligure: e lo ha denunciato. «La Rete non ha niente contro la chiesa – premette – al contrario. E’ nata come forma di auto terapia, di ascolto reciproco, con altre vittime. Poi, in tanti, ci hanno chiesto aiuto, da tutta Italia. E noi, piccola onlus di volontari, cerchiamo di fare tutto il possibile».

Sulla storia di Fernando, Zanardi dice: «Non sta a noi, verificare, ma alla giustizia. Posso solo dire che mi ritrovo nelle sue parole. Ricordo le stesse sensazioni. E’ come rivivere il mio passato. Ogni volta che una vittima si rivolge a noi, per me è dura, è molto dura. Il passato riaffiora. Ogni volta che un pedofilo è condannato, significa però salvare tanti altri bambini. Per questo Fernando va ascoltato. Se dice il vero, va posta fine alla sofferenza di bambini che non hanno voce, non possono difendersi da soli». Specie nelle piccole parrocchie dell’America Latina, dove vengono raccolti bambini senza famiglia, del tutto soli.

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