Non si placano le polemiche sulla freddezza del Papa nei confronti dei seguaci di don Giussani

Papa Jorge Bergoglio continua a dividere i ciellini. Tanto che l’altro ieri, uno devi vescovi del movimento, monsignor Filippo Santoro, presule di Taranto, è intervenuto dalle colonne di Sussidiario.net, quotidiano molto seguito dagli aderenti a Cl, rinnovando la proprio gratitudine al pontefice per le parole pronunciate durante l’udienza del movimento cattolico in Piazza S.Pietro, il 7 marzo scorso, in occasione del decennale della morte del fondatore, don Luigi Giussani.

Era stato proprio il breve discorso papale ad accendere, nei giorni successivi, le polemiche, alcune delle quali pubbliche, fra le migliaia di aderenti, soprattutto in Italia.

Malgrado la festosa accoglienza degli 80mila in piazza, il pontefice era parso ad alcuni piuttosto severo col movimento, soprattutto a paragone dell’atteggiamento che Francesco aveva avuto, appena il giorno prima, con un altro movimento, quello del Cammino neocatecumenale.

Protagonisti alcuni storici esponenti della prima ora, come il giornalista Robi Ronza, che aveva definito le parole di Bergoglio «un ammonimento», e lo scrittore Antonio Socci, che aveva vergato un durissimo editoriale contro il sacerdote spagnolo che guida il movimento, Julian Carron, dalle colonne di Libero. I vertici di Cl, a cominciare dallo stesso Carron, avevano invece manifestato soddisfazione per le parole del pontefice.

Nei giorni successivi, però, anche un osservatore terzo, l’autorevole vaticanista Sandro Magister, dal suo blog sul sito de L’Espresso, Settimo cielo, aveva rilevato che «a questo Papa Cl non piace ma con sei eccezioni», e aveva fatto il nome di altrettanti esponenti del movimento, giornalisti e docenti universitari, molto vicini al pontefice.

La discussione nella base ciellina è diventata però così vivace da affiorare spesso sui socialnetwork come Facebook, specialmente nei commenti agli interventi dello stesso Socci. Al punto che l’intervento del vescovo tarantino, a due settimane dall’udienza papale, sembra proprio il tentativo di spegnere le polemiche.

E lo si capisce dall’incipit stesso: «Come vescovo interpellato da molti amici», scrive, «manifesto la mia gratitudine al Santo Padre per l’invito a non ridurre il carisma di Comunione e liberazione a etichetta, a cenere, a metodo autoreferenziale, ad essere meri impresari di una Ong».

Santoro, barese, classe 1948, divenuto vescovo in Brasile dove era stato inviato da don Giussani, dopo la deriva dell’iniziale nucleo di italiani finiti per professare la teologia della Liberazione, interviene su un punto del discorso del Papa che più ha suscitato più polemiche, quello del carisma del movimento. «È vero che», spiega, «in mezzo alla confusione generale, siamo cresciuti seguendo un cammino ben preciso, quello del carisma. Ma quante volte ho dovuto insistere anch’io invitando la gente del movimento a partecipare con piena disponibilità e non solo formalmente a incontri ecclesiali e sociali con altre realtà aggregative senza chiuderci in false superiorità, come se fossimo i soli ad avere la formula e l’esperienza giusta del Vangelo!».

Secondo monsignor Santoro, «don Giussani ci ha sempre insegnato ad imparare dalla realtà, da tutti e particolarmente dal magistero del Papa e dei Vescovi, dalla vita della Chiesa e da ogni incontro valorizzando tutti i segni di verità che troviamo. Da Leopardi a Pavese, da Kafka a Pasolini, dagli ortodossi, dai fratelli ebrei ai monaci buddisti».

Tacciono, per adesso, gli altri vescovi italiani che collaborarono con Giussani fin dagli inizi, come il cardinal Angelo Scola, arcivescovo di Milano, Luigi Negri, vescovo di Ferrara e Massimo Camisasca, che guida la chiesa di Reggio Emilia. E chissà che l’intervento di Santoro non sia stato sollecitato per far pronunciare anche loro.

italiaoggi.it

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