Domenica scorsa a Messa prima di sedersi per ascoltare la Parola di Dio il prete ci ha invitato ad ascoltare per cinque minuti il vicino di banco. Uno choc

Al nostro “don” piace molto vedere la comunità viva attorno all’Eucaristia. Talvolta ci sorprende con qualche gesto espressivo – alla recita del Padre Nostro un giorno ha invitato i figli a mettersi accanto ai loro papà – e spesso ci richiama al significato dei segni e dei riti suggeriti dalla liturgia.

Ma domenica scorsa ci ha proprio spiazzati, con uno scherzo da… prete impossibile da prevenire anche se era la domenica di Carnevale. Prima di invitarci a sedere per le letture, ha detto più o meno: “A questo punto in ogni Messa ci dedichiamo all’ascolto della Parola di Dio, con la solita attenzione. Oggi proviamo a fare esercizio e prestiamo ascolto dialogando con i nostri vicini”. E ci ha invitato – così su due piedi – a metterci a dialogare con la persona che si trovava nel nostro banco, a destra e a sinistra. “Fate pure, vi interromperò io fra qualche minuto…” ha aggiunto avviandosi a far due parole con i giovani del coro.

Com’è andata? Lo choc iniziale, tipico della scossa improvvisa, si è sciolto presto grazie al buon esempio dei più estroversi. Alcuni papà non hanno avuto difficoltà a legare fra loro, le mamme hanno subito preso i figli piccoli come oggetto della conversazione. Molti anziani – la nostra è un’assemblea dai capelli grigi – si sono sentiti rivolgere per la prima volta la parola, un conoscente lontano ha ripreso forzatamente un dialogo con la signora del condominio di fronte interrotto qualche anno fa. C’è anche chi è rimasto solo – sempre più nascosto dietro la colonna – forse pensando cosa gli fosse venuto in mente al parroco. Complessivamente il calore dell’invito del parroco ha fatto centro rispetto al freddo dell’indifferenza o della timidezza: 8 su 10 si potrebbe dire, con una percentuale da tabellone del basket.

Non avevamo mai visto però, durante la Messa, una chiesa così animata in pochi minuti: non piazza, non mercato, certo, ma luogo di vita in cui il popolo di Dio era chiamato a guardarsi negli occhi, a darsi ascolto, in modo molto più esigente e coinvolgente rispetto ad un ripetitivo segno della pace prima della Comunione.

L’effetto della contemporaneità poi era davvero efficace, come in un flash mob dove tutti perseguono lo stesso obiettivo eseguendo gioiosamente un comando.

Immaginate i commenti a fine Messa (e forse anche quelli che arriveranno qui sotto), ma il parroco aveva chiarito in anticipo che si trattava di un una tantum simbolico. Non era però uno scherzo di Carnevale, molti vi hanno trovato una lezione preziosa.

Oltre all’effetto sorpresa – simbolico per un cammino di fede che spesso vorremmo sempre piatto e poco coinvolgente – c’era il richiamo a sentirsi fratelli, capaci di ascolto, coraggiosi nel rompere quelle barrire convenzionali in cui spesso l’anonimato cittadino ci custodisce: a Messa e poi via, ognuno per la sua strada. Quei 4 o 5 minuti imprevisti, quel dialogo fra poveri cristi prima di mettersi a dialogare con Dio, ci hanno ricordato quanto siamo chiamati alla relazione. L’esercizio è riuscito, come ha colto il chierichetto più furbo: “Facciamolo ancora, don!”.

vinonuovo.it

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