A favore dei preti sposati si è espresso il 62% dei partecipanti al sinodo di una diocesi italiana. Il Vescovo frena, peccato!

Nei giorni scorsi al sinodo diocesano è andata in scena una sorta di tragicommediacon il Concilio Vaticano II nel Hintergrund.
Dopo aver discusso per mesi i sinodali hanno avuto la bella idea di mettere ai voti tre questioni cruciali che da decenni stanno facendo discutere all’interno della chiesa, intesa sia come clero che comunità dei fedeli.

Ebbene: il risultato è stato talmente scioccante che il vescovo Ivo Muser ha preso per la prima volta la parola (!), correndo ai ripari ed affermando che le questioni messe ai voti in realtà non sono competenza sua ovvero di una singola diocesi.

I risultati della votazione che ha provocato cotanto trambusto sono presto detti.
A favore dei preti sposati si è espresso il 62% dei partecipanti al sinodo, a favore del diaconato e del sacerdozio femminile il 79% e per la comunione ai divorziati risposati la percentuale dei favorevoli è stata addirittura l’85%.

Ma qual è il motivo di tali risultati controcorrente rispetto alla tradizione della chiesa locale e non solo?
La chiesa e il sinodo sono vicine alla persona” ha dichiarato in merito il vescovo, prima di mettere le mani avanti.
Noi invece abbiamo pensato di sentire, in particolare su una delle questioni affrontate, chi da decenni si batte dall’interno della chiesa per promuovere il cambiamento.
Il bolzanino Elio Cirimbelli, di professione mediatore nelle coppie in crisi, è infatti un simbolo addirittura a livello nazionale della battaglia affinché anche ai fedeli divorziati risposati venga data piena cittadinanza all’interno della chiesa cattolica.

 

Cirimbelli, qual è stata la sua prima reazione quando ha saputo che nella nostra diocesi l’85% dei fedeli sono a favore della comunione per i divorziati risposati?
La percentuale mi ha sorpreso positivamente. Anche se va tenuto presente che già nel 1988 siamo stati la prima diocesi in Italia che ha scelto di lavorare sul tema dei divorziati risposati. E’ stato fatto un percorso che evidentemente ha lasciato una sua importante traccia.

Cosa ne pensa dello ’stop’ del vescovo?
Con tutto il rispetto non sono d’accordo quando lui dice che queste sono problematiche non possiamo risolverle noi. Mettere ai voti una cosa di questo tipo può sembrare riduttivo, ma di fatto lo stesso è stato fatto anche a Roma nel sinodo dei vescovi.

La presa di posizione qui è stata in sostanza e soprattutto della parte della diocesi di lingua tedesca… evidentemente meno tradizionalista di quanto si pensi. 
Tutt’altro. Dobbiamo pensare che i grandi movimenti sono sempre nati nelle chiese tedesche. Il pensiero deve andare alle lettere scritte alla fine degli anni ’90 in Germania dai vescovi dell’alto Reno come Kasper e Lehmann per invitare i parroci a dare la comunione alle persone e alle coppie che in coscienza si sentivano di farlo. Anche se poi quei vescovi vennero immediatamente stroncati da Ratzinger quando era ancora prefetto della congregazione per la dottrina della fede.


Elio Cirimbelli e il vescovo Ivo Muser

Stante la presa di posizione ampiamente maggioritaria del sinodo lei chiederà un nuovo incontro con il vescovo per riflettere sulla situazione che si è creata?
Con il vescovo mi sento spesso, ci siamo parlati anche lo scorso Natale. All’epoca gli dissi che forse l’errore che si stava commettendo era quello di dare troppo peso proprio alla comunione. Il problema non è tutto lì ed io penso che i cattolici divorziati risposati non possano essere esclusi dalla chiesa e deebbano anzi parteciparvi a pieno in virtù del loro battesimo.

Ma cosa vuol dire partecipare alla vita della chiesa se un divorziato risposato non può fare da padrino o madrina, non può leggere la parola di Dio, non può far parte dei consigli parrocchiali?
Ecco: occorre proprio partire da questo e dalla realtà dei fatti nelle parrocchie: se i parroci applicassero alla lettera il direttorio e il magistero dovrebbero dire no molto spesso e a molte persone. Dobbiamo sempre ricordarci che questi codici e queste regole non sono la parola di Dio, ma sono state decise dagli uomini.

Quindi cosa bisognerebbe fare?
Seguire la prassi della chiesa cristiana ortodossa che pensa che quando si forma una nuova coppia si tratta sempre di una benedizione del Signore. Loro dicono: “se noi vediamo che la coppia è praticante, frequenta e partecipa alla vita della Chiesa allora la seguiamo attraverso un cammino penitenziale dopo di che possono i coniugi possono accedere a seconde nozze non sacramentali ma comunque benedette e poi ai sacramenti”.

Una sorta di ‘percorso alternativo’, insomma. E in merito al 62% dei sinodali a favore dei preti sposati cosa possiamo dire?
Credo che anche su questo una riflessione vada fatta e sia giusto lasciare piena libertà. Il celibato non deve essere una costrizione ma solo una possibilità. Se un prete ha anche la vocazione al matrimonio e alla famiglia ben venga. Anche qui può venirci in soccorso la chiesa ortodossa: prima della consacrazione al sacerdozio i preti hanno la possibilità di decidere se sposarsi o meno, ma diventare comunque preti. Pagano poi un po’ il prezzo di non poter portare ai massimi livelli la loro carriera ecclesiastica, però hanno comunque la possibilità di sposarsi.

Questo percorso sarebbe praticabile anche nella chiesa cattolica?
Dobbiamo riflettere: abbiamo le facoltà teologiche piene e i seminari vuoti. Qualcosa vorrà dire… O no?

fonte: http://www.salto.bz/

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